A POCHE ORE DALLA SENTENZA DELLA CASSAZIONE, TUTTI SCOPRONO CHE NON POSSONO VIVERE SENZA IL PUZZONE DI ARCORE

Liana Milella per "La Repubblica"

Da una parte lo strattonano i falchi, pronti a far cadere il governo e a scendere in piazza. Dall'altra lo invitano alla prudenza gli amici di sempre, Gianni Letta e Fedele Confalonieri, per i quali «la crisi è il peggior male da evitare».

In mezzo c'è lui, il Cavaliere, che a 48 ore dall'udienza più gravida di conseguenze della sua vita, ha fermato le macchine: «Qui dobbiamo misurare ogni passo non in funzione della mia sola persona, ma guardando al governo e al Paese. Per quanto mi riguarda, ho detto e ripetuto che il governo, anche se dovessi essere condannato, resterà in piedi. Ma dai segnali che mi arrivano, a questo punto, non sono più tanto convinto che il Pd possa reggere».

Sempre lungimirante Berlusconi. Come uno sciamano fiuta il pericolo e cerca il rimedio. Ma al di là di possibili arti divinatorie, è assai probabile che al suo orecchio sia giunto l'allarme che sta maturando il casa dei Democratici. A più d'uno, il premier Enrico Letta non si è tirato indietro dal rivelare una sua preoccupazione: «Sarà pure che Berlusconi, in caso di condanna, conferma il suo pieno appoggio al governo. Lo dice lui e lo ripetono i suoi. Ma il problema può essere un altro».

Un riferimento chiaro alla tenuta del suo partito, il Pd, dinanzi alla eventualità di dover proseguire l'alleanza con «un alleato condannato in via definitiva». I rumors già si avvertono, si leggono sul web, e per la verità basta parlare con molti esponenti del Pd per cogliere subito la sensazione dell'imbarazzo, della difficoltà, dell'impossibilità ad andare avanti.

Per un Letta in forte fibrillazione, c'è dall'altra parte un Berlusconi che a ogni momento deve fare i conti con le colombe pronte a suggerirgli estrema prudenza. Gianni Letta in primis, ma anche Fedele Confalonieri. E da ultimo l'avvocato Franco Coppi. Con i primi due ha avuto un incontro super riservato. Ma tutti e tre sono convinti, pur se con differenti punti di vista, che una strategia dei toni bassi, della non aggressione dei giudici, possa solo giovare al processo. Per questo il Cavaliere è stato costretto a smentire l'intervista, parcontro Maurizio Belpietro.

Quel dare per scontata la condanna - «Non farò l'esule, come fu costretto Craxi, né accetterò di essere affidato ai servizi sociali, come un criminale che deve essere rieducato, se si assumono la responsabilità di condannarmi vado in carcere» - è suonata come una gratuita provocazione. Per carità, chi ci ha parlato, sa che Berlusconi la pensa proprio così, ma Coppi ritiene che dichiarazioni simili siano veleno gratuito.

Va detto, ovviamente, che lo stesso Berlusconi incita i suoi alla protesta dura. Ecco Daniela Santanché, che ha cenato ad Arcore sabato sera con Denis Verdini, pronta a dire che «è pessimista» e sente odore di una condanna che «metterebbe in discussione il voto di 10milioni di italiani, i quali certamente non resteranno in silenzio se si verificasse questo attentato alla democrazia».

Toni simili da Mariastella Gelmini in ansia per una sentenza «che potrebbe cambiare gli equilibri e danneggiare il Paese». Di «cortocircuito democratico» e di «libertà di tutti in pericolo» parla Anna Maria Bernini.

Tutto questo, dagli allarmi nel Pd alla pressione per una risposta dura nel Pdl, rende anche difficile scegliere la strada tecnica da seguire per l'udienza. Berlusconi lo ha spiegato a Coppi che preme per individuare soprattutto le giuste mosse processuali. Per questo gli avrebbe detto: «Avvocato, io non sono Andreotti... da me e dalle mie scelte dipende la vita del governo e la storia del Paese».

Rinvio o non rinvio dell'udienza, è stato questo il rovello domenicale che si è dipanato ad Arcore. Una scelta da fare alla luce del retroscena politico che comporta. Sul piano strettamente personale Berlusconi, stressato dall'attesa, vorrebbe chiudere tutto immediatamente. Eccolo dire: «Meglio sapere subito che soffrire un altro mese» confessa agli amici che lo chiamano di continuo. Gli avvocati Ghedini e Coppi, soprattutto Coppi, credono alla strategia del rinvio sin dal giorno in cui la Cassazione ha fissato l'udienza per il 30 luglio.

Ma la decisione non è solo tecnica, a questo punto è soprattutto politica. Per questo, per tutta la settimana, dagli avvocati è arrivato il continuo messaggio: «Noi siamo pronti a qualsiasi soluzione, la richiesta di rinvio, con tanto di motivazioni, è già pronta, ma alla fine soltanto lui vuole decidere alla luce delle sue considerazioni politiche». Tutto ruota intorno ai 25-30 giorni in più che la Cassazione potrebbe concedere a Berlusconi in caso di rinvio.

Certo, potrebbero prolungare la vita del governo, ma potrebbero anche impedire di aprire una finestra elettorale in autunno qualora il Pd dovesse far cadere il governo in caso di condanna. Il faccia a faccia tra il Cavaliere e i suoi due legali proseguirà oggi a Roma, dove il leader del Pdl torna per essere poi pronto a seguire l'andamento dell'udienza in Cassazione sin dalla mattina di domani.

 

SILVIO BERLUSCONI SILVIO BERLUSCONI E DIETRO LA SCRITTA TASSE jpegSILVIO BERLUSCONI ENRICO LETTA E BERLUSCONI ENRICO LETTA E SILVIO BERLUSCONIGianni Letta e Silvio Berlusconi FRANCO COPPI Gelmini ANNA MARIA BERNINI

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