ASSAD-ANATO - IL REGIME SIRIANO BOMBARDA IL PALAZZO DI HOMS IN CUI SI RIUNIVANO I REPORTER: MUOIONO MARIE COLVIN, DEL “SUNDAY TIMES” E IL FOTOGRAFO REMI OCHLIK - LA COLVIN, UNA VETERANA INARRESTABILE E CORAGGIOSA, SAREBBE TORNATA A CASA OGGI - IN ASSENZA DI INTERVENTI MILITARI, DAMASCO È PIENA DI SPIE AMERICANE E RUSSE, QAEDISTE E IRANIANE - LA GUERRA AD ASSAD SERVIREBBE ALL’OCCIDENTE PER TOGLIERE DI MEZZO UNO STATO CHE COLLEGA RUSSIA ED IRAN…

1- L'ULTIMO REPORTAGE DI MARIE COLVIN PER IL "SUNDAY TIMES" DALLA SIRIA: "VIVIAMO NELLA PAURA DI UN MASSACRO"
http://thetim.es/wthBr4


2- LA PAGINA DI REMI OCHLIK (NATO NEL 1983), FOTOGRAFO DI GUERRA, CON GALLERIE E BIO
http://bit.ly/xsMPQI

3- SIRIA:ATTIVISTI, ALMENO 10 MORTI PER REPRESSIONE
(ANSA) - E' di almeno dieci morti il bilancio provvisorio della repressione compiuta dalle forze fedeli al presidente Bashar al Assad nelle prime ore di oggi a Homs e in altre regioni del Paese. Lo riferiscono i Comitati di coordinamento locali e attivisti anti-regime di altre piattaforme.

I Comitati di coordinamento locali parlano di tre morti uccisi rispettivamente nelle regioni di Idlib, Aleppo e Dayr az Zor. Tra le vittime c'è un bimbo di otto anni, deceduto poco prima dell'alba a Managh, un villaggio alle porte di Aleppo. Secondo attivisti della Commissione generale per la rivoluzione, a Kharita, una località vicino a Dayr az Zor, sono morte infine altre sette persone.

4 - SIRIA, IL REGIME SPARA SUI GIORNALISTI UCCISI UNA REPORTER AMERICANA E UN FOTOGRAFO FRANCESE. «ASSAD SE NE VADA»
Lorenzo Cremonesi per il "Corriere della Sera"

L'esercito siriano spara coscientemente sui giornalisti stranieri arrivati illegalmente per testimoniare le stragi nei bombardamenti di Homs? È la domanda che per tutta la giornata di ieri ha accompagnato le notizie della morte di due reporter e il ferimento di altri tre in una palazzina organizzata a ufficio stampa dalle forze della ribellione a Baba Amr, uno dei quartieri più devastati nel cuore della città-martire.

Le prime confuse informazioni giungono in tarda mattinata. «Le artiglierie siriane stanno tirando contro la palazzina dei giornalisti. Hanno iniziato alle 8 e le bombe sono cadute intense sino a dopo le 10. Ci sono morti e feriti», denunciano i locali con alcune telefonate via satellitare al gruppo di reporter stranieri che si trovano dalla parte turca e libanese del confine. Poco dopo, la conferma.

È morta la 56enne Marie Colvin, storica inviata di guerra americana che dal 1985 lavorava per il settimanale britannico Sunday Times. Marie si trovava a Homs da qualche giorno, era entrata in Siria senza visto dal confine con il Libano, come scrive in un drammatico articolo pubblicato sul suo giornale. Vi descrive il terrore, la fame, il freddo, l'agonia di una città metodicamente bombardata da oltre due settimane. «Non ci sono telefoni. L'elettricità è stata tagliata. Dalle finestre senza vetri entrano fiocchi di neve gelata.

Nessun negozio aperto. La maggioranza dei morti sono abitanti che hanno provato a uscire di casa in cerca di cibo», vi si legge. La Colvin era a fine missione, avrebbe dovuto partire nelle prossime ore. «Sto qui ancora un giorno perché c'è una storia importante che devo finire», aveva detto due giorni fa per telefono alla madre residente nella zona di New York. Al suo fianco muore il 28enne fotoreporter francese Remi Ochlik, che si era distinto giovanissimo nel 2004 per i suoi reportage da Haiti e pochi mesi fa aveva vinto un importante premio giornalistico per le sue foto della rivoluzione in Libia.

E con loro sono feriti il freelance Paul Conroy e l'inviata di Le Figaro Edith Bouvier. Nella zona per molte ore è stato l'inferno. Impossibile spostare i feriti, che ora rischiano di morire dissanguati. In serata saranno segnalati altri 60, forse 80 morti. Tra loro anche Rami Al Sayed, un attivista locale che per mesi ha testimoniato con video e audio gli orrori di Homs.

L'impressione è che le truppe siriane stiano cercando di accelerare i tempi dell'offensiva. Per domenica prossima il governo di Bashar Assad ha pianificato un referendum per votare la propria proposta di dialogo con le opposizioni «addomesticate». Il fronte del movimento rivoluzionario lo ha rifiutato. Ma sul campo l'iniziativa resta in mano alla dittatura. Le unità scelte del regime sono tornate a pattugliare i confini con Turchia e Libano. I giornalisti sono testimoni scomodi.

Il centro stampa di Homs funzionava da mesi. Ma i portavoce delle organizzazioni rivoluzionarie vi avevano aumentato la presenza di telefoni satellitari e collegamenti internet. Era diventato una tappa obbligata per qualsiasi giornalista sul posto. Si sta dunque facendo sempre più concreta l'accusa che i soldati lealisti abbiano avuto l'ordine di distruggerlo. Ieri i portavoce della dittatura hanno negato. «Non sapevamo della presenza di giornalisti nella zona. Qualsiasi reporter straniero entrato illegalmente nel Paese deve immediatamente presentarsi alle autorità», rendono noto in un comunicato.

Conseguenza dei fatti di Homs è stato l'intensificarsi delle pressioni internazionali. «La morte dei giornalisti è la nuova prova che il regime deve andarsene», condanna Nicolas Sarkozy. L'Arabia Saudita manda a dire a Mosca che la dittatura siriana va abolita. L'Onu chiede l'apertura di corridoi umanitari verso Homs. E per una volta anche Mosca sembra disposta a prendere in considerazione l'ipotesi di convogli (non corridoi) umanitari.


5 - AMERICANI E RUSSI, QAEDISTI E PASDARAN A DAMASCO È GUERRA DI SPIE
Guido Olimpio per il "Corriere della Sera"

Gli Stati Uniti considerano «passi ulteriori» nei confronti della Siria, frase che viene interpretata da molti con il possibile invio di armi ai ribelli. Decisione non facile. Il Pentagono sembra contrario e non si fida degli insorti. Altri dubbi sono stati evocati da ascoltati consiglieri della Casa Bianca: attenti a non alimentare altra violenza, meglio una pressione mirata sul regime. Ma se le stragi dovessero proseguire sarebbe inevitabile per gli Usa muovere in soccorso degli insorti. Magari in modo indiretto, appoggiando iniziative alleate.

In attesa di quel momento, il lavoro «sporco» tocca all'intelligence. Gli americani - secondo indiscrezioni - si muovono su più fronti. Il primo riguarda l'uso dei droni. I «Global Hawk», che decollano forse da Sigonella o da Incirlik (Turchia), e magari la «Bestia», un velivolo sofisticato identico a quello precipitato in Iran. Possono seguire i movimenti siriani, intercettare comunicazioni, procurare prove visive di quanto sta accadendo. Al loro fianco - come segnala l'esperto David Cenciotti - gli U2, gli aerei spia veterani della Guerra fredda.

Il secondo fronte coinvolge la leadership di Damasco. Gli 007 sono a caccia di informazioni su alti gradi e personalità, magari alla ricerca di divisioni interne. La Cia si interessa poi al livello di efficienza dell'esercito siriano. Per ora tiene, anche se c'è qualche fessura. Non meno intensa è la ricerca di dati sulla presenza di Al Qaeda.

L'intelligence statunitense è convinta che alcuni gravi attentati siano stati compiuti da jihadisti venuti dall'Iraq. In caso dovesse scattare un programma d'aiuto ai ribelli, Washington vuole evitare di armare gli estremisti. Ma forse è troppo tardi. Molte fonti sostengono che britannici, francesi e uomini del Qatar - utilizzando come avamposto Iskenderun (Turchia) - sono già impegnati nel favorire l'afflusso di volontari (libici in particolare) e di carichi di armi.

Gli israeliani, per parte loro, usano agenti sul terreno e le postazioni per la guerra elettronica sul monte Hermon, sul Golan. A Gerusalemme i guai di Bashar Assad sono come la manna dal cielo - perché Teheran rischia di perdere il miglior alleato - ma al tempo stesso lo Stato ebraico non sarebbe contento di vedere il potere nelle mani dei Fratelli musulmani.

Più appariscente il lavoro del Mit, il servizio turco. Ankara ospita molti disertori siriani e ha infiltrato uomini in diverse province. Notizie non confermate sostengono che alcune decine di agenti turchi o loro informatori sarebbero stati catturati dal Mukhabarat di Damasco. E ora sarebbero in corso negoziati sul loro destino. Missioni complicate, dove non mancano sorprese. Un funzionario dei servizi è stato arrestato dai suoi colleghi. Lo hanno accusato di aver rapito e consegnato alla Siria un alto ufficiale che aveva cercato asilo oltre confine. La Turchia, inoltre, tiene d'occhio i separatisti curdi del Pkk che hanno ripreso la collaborazione con la Siria. I guerriglieri possono agire da quinta colonna con attentati nelle principali città turche.

Al fianco di Damasco i russi, presenti in gran numero e in grado di suggerire tattiche antiguerriglia in stile ceceno, e gli iraniani. I pasdaran assistono il regime per le intercettazioni, affiancano le unità incaricate della repressione, collaborano alla sorveglianza degli esuli siriani in Turchia e in Libano, regione dalla quale arrivano rifornimenti per gli insorti. Per Teheran è una battaglia decisiva in difesa di un amico.

 

RemiOchlik PAUL CONROY MARIE COLVIN LE FOTO DI REMI OCHLIK MARIE COLVIN FERITA IN SRI LANKA MARIE COLVIN IL FREELANCE PAUL CONROY DA UN FRAME DI YOUTUBE REMI OCHLIK EDITH BOUVIER DI LE FIGARO DA UN FRAME DI YOUTUBE jpegLA GIORNALISTA AMERICANA MARIE COLVIN FOTOGRAFATA NELLESTATE TRA I RIBELLI LIBICI DI MISURATA MARIE COLVIN IN EGITTO Remi Ochlik

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