L’ALTRA FACCIA DI MARPIONNE - MUCCHETTI: “I DEBITI DI FIAT E CHRYSLER SONO GIÀ OGGI JUNK. E DUNQUE MOLTO COSTOSI. QUESTO È IL PUNTO: UN MILIARDI DI INTERESSI PASSIVI”

Pierluigi Bonora per ‘Il Giornale'


«Ultimata l'acquisizione di Chrysler, dopo la firma dell'accordo con il fondo Veba, si apre una fase molto delicata e complessa per Fiat, specialmente in Italia».


Quale, senatore Mucchetti?
«Sergio Marchionne, a questo punto, deve dimostrare di essere un grande industriale dell'auto».
Nel 2016, però, si dice che potrebbe lasciare...
«Se vuole diventare un grande costruttore di auto, dovrà rimanere per almeno altri dieci anni: i tempi dell'industria dell'auto non sono quelli della finanza».
Massimo Mucchetti, Pd, presidente della commissione Industria del Senato, commenta in questa intervista al Giornale l'operazione che ha portato Fiat al 100% di Chrysler, manifestando insieme al plauso per la portata dell'accordo, anche una serie di perplessità e preoccupazioni, soprattutto di aspetto finanziario. «Marchionne - aggiunge Mucchetti - si è distinto come grandissimo negoziatore e altrettanto come comunicatore. Ma ora, forse, dovrebbe cambiare passo».
Il figlio di Suni Agnelli, il suo amico Lupo Rattazzi, da queste pagine ha sottolineato il suo atteggiamento sempre critico nei confronti dell'ad di Fiat...
«Lupo, del quale ricambio l'amicizia, sostiene che io non parli bene di Marchionne per ragioni ideologiche. In realtà, di Marchionne ho sempre parlato bene come creatore di ricchezza per gli azionisti, mentre da qualche anno esprimo preoccupazioni per il declinante ruolo di Fiat nel settore dell'auto in Italia, che rischia di ridursi ai minimi termini con grave danno per l'intera industria meccanica».
Mettiamo che Marchionne si presenti domani per un'audizione davanti alla Commissione che lei presiede in Senato. Quale domanda gli porrebbe?
«Come pensa di migliorare la situazione finanziaria di Fiat-Chrysler, che oggi paga interessi molto pesanti che assorbono gran parte del margine industriale. Una solida struttura finanziaria è la conditio sine qua non per una reale politica d'investimenti, in particolare in Italia».
E l'ipotesi del convertendo?
«Si dice che Marchionne pensi a un convertendo. Se davvero sarà così vuol dire che non avevo torto a indicare la necessità di un aumento di capitale. La cifra di 1,5 miliardi è forse poco. L'ultima parte dell'acquisizione di Chrysler assorbe circa 4,2 miliardi di dollari».
Per buona parte pagata dalla stessa Chrysler, però.
«Quando Fiat è al 100% di Chrysler queste distinzioni perdono di significato».
Il nodo più importante da sciogliere?
«Mettere in grado il gruppo Fiat-Chrysler di investire in misura adeguata alla concorrenza. Temo sia difficile con una Chrysler che ha un patrimonio netto negativo di 7,5 miliardi di dollari, dato del 2012 che oggi sarà probabilmente di più, a causa degli ingenti e crescenti debiti verso i fondi pensione e sanitari dei dipendenti. Giuliano Ferrara, grande conoscitore della politica, dice che Marchionne fa qual che può nel quadro del flop dell'auto euro-americana. In realtà, le quattro case tedesche e la Ford hanno tutte patrimoni netti assai robusti».
La strada, quindi, non è proprio in discesa.
«L'operazione merita un plauso dai soci, ma l'industria sui tempi lunghi ha altre necessità. D'altra parte, se si fa il confronto con la Ford, industrialmente più solida, si vede che quest'ultima fa circa il doppio del fatturato di Chrysler, ma capitalizza 6 volte il valore attribuito ora alla stessa Chrysler».
Moody's minaccia il declassamento di Fiat, ma ci sono analisti che hanno espresso pareri più ottimistici.
«I debiti di Fiat e Chrysler sono già oggi junk. E dunque molto costosi. Questo è il punto: gli interessi passivi. Chrysler, la parte migliore del gruppo, ha un debito di 12 miliardi di dollari e 11 miliardi di liquidità; sommati gli interessi attivi e passivi, paga ancora un 1 miliardo. Se promettesse davvero di andare bene nel tempo, potrebbe farsi prestare il denaro al 4% e non terrebbe tutti quei liquidi che non rendono».
Come vede la Fiat guidata da John Elkann?
«Il presidente Elkann ha una grande responsabilità sulle spalle. Gli Agnelli si sono posizionati da soci di riferimento di un'azienda-Paese a soci di un'azienda-mercato. L'importante, da italiano, è che il saldo sia attivo per l'Italia. L'eventuale spostamento della sede legale in Olanda è una decisione legittima anche se non tranquillizzante. Resterebbe comunque da vedere se si sposta all'estero anche parte della base imponibile italiana».
L'accoppiata Alfa Romeo-Maserati metterà paura ai tedeschi?
«Me lo auguro, se sull'Alfa Romeo Fiat non si ripeterà con promesse, poi non mantenute».

 

 

bernabee mucchettiMucchetti e Caltagirone Mentana Gawronski Lupo Rattazzi MARCHIONNE MONTEZEMOLO YAKI ELKANN FIAT CHRYSLER

Ultimi Dagoreport

bomba doha qatar trump netanyahu epstein ghislaine maxwell

DAGOREPORT - COME MAI DONALD TRUMP,  PRESIDENTE DELLA PIÙ GRANDE POTENZA PLANETARIA, NON È NELLE CONDIZIONI DI COMANDARE SUL PREMIER ISRAELIANO BENJAMIN NETANYAHU? - COME E' RIUSCITO "BIBI" A COSTRINGERE L’IDIOTA DELLA CASA BIANCA A NEGARE PUBBLICAMENTE DI ESSERE STATO PREAVVISATO DA GERUSALEMME DELL'ATTACCO CONTRO ALTI ESPONENTI DI HAMAS RIUNITI A DOHA? - DATO CHE IL QATAR OSPITA LA PIÙ GRANDE BASE AMERICANA DEL MEDIO ORIENTE, COME MAI LE BOMBE SGANCIATE VIA DRONI SUI VERTICI DI HAMAS RIUNITI A DOHA SONO RIUSCITE A PENETRARE IL SISTEMA ANTIMISSILISTICO IRON DOME ('CUPOLA DI FERRO') DI CUI È BEN DOTATA LA BASE AMERICANA? - TRUMP ERA STATO OVVIAMENTE AVVISATO DELL’ATTACCO MA, PUR CONTRARIO A UN BOMBARDAMENTO IN CASA DI UN ALLEATO, TUTTO QUELLO CHE HA POTUTO FARE È STATO DI SPIFFERARLO ALL’EMIRO DEL QATAR, TAMIN AL-THANI - SECONDO UNA TEORIA COMPLOTTISTICA, SOSTENUTA ANCHE DAL MOVIMENTO MAGA, NETANYAHU AVREBBE IN CASSAFORTE UN RICCO DOSSIER RICATTATORIO SUI SOLLAZZI SESSUALI DI TRUMP, FORNITO ALL’EPOCA DA UN AGENTE DEL MOSSAD ''SOTTO COPERTURA'' IN USA, TALE JEFFREY EPSTEIN...

giorgia meloni matteo salvini adolfo urso abodi giorgetti tajani giorgio armani

UN PO’ PIU’ DI RISPETTO SE LO MERITAVA GIORGIO ARMANI DA PARTE DEL GOVERNO – SOLO IL MINISTRO DELL’UNIVERSITA’, ANNA MARIA BERNINI, HA RESO OMAGGIO ALL’ITALIANO PIU’ CONOSCIUTO AL MONDO RECANDOSI ALLA CAMERA ARDENTE DOVE, TRA SABATO E DOMENICA, SONO SFILATE BEN 16 MILA PERSONE - EPPURE MILANO E’ A DUE PASSI DA MONZA, DOVE IERI ERA PRESENTE AL GP, OLTRE AL VICEPREMIER MATTEO SALVINI, IL MINISTRO DELLO SPORT ANDREA ABODI, SMEMORATO DEL PROFONDO LEGAME DELLO STILISTA CON BASKET, CALCIO, TENNIS E SCI - A 54 KM DA MILANO, CERNOBBIO HA OSPITATO NEL WEEKEND TAJANI, PICHETTO FRATIN, PIANTEDOSI, CALDERONE E SOPRATTUTTO ADOLFO URSO, MINISTRO DEL MADE IN ITALY, DI CUI ARMANI E’ L’ICONA PIU’ SPLENDENTE – E IGNAZIO LA RUSSA, SECONDA CARICA DELLO STATO, DOMENICA ERA A LA SPEZIA A PARLARE DI ''PATRIOTI'' AL DI LA’ DI RITUALI POST E DI ARTICOLETTI (MELONI SUL “CORRIERE”), UN OMAGGIO DI PERSONA LO MERITAVA TUTTO DAL GOVERNO DI CENTRODESTRA PERCHE’ ARMANI E’ STATO UN VERO “PATRIOTA”, AVENDO SEMPRE PRESERVATO L’ITALIANITA’ DEL SUO IMPERO RIFIUTANDO LE AVANCES DI CAPITALI STRANIERI…