BIGLIETTONI VERDI, ANZI VERDINI - ATTRAVERSO UN CONTRATTO CAPESTRO, DENIS VERDINI RIESCE A OTTENERE UN MILIONE DI EURO DAL SENATORE RICCARDO CONTI QUELLO DELLA COMPRAVENDITA RISOLTA IN POCHE ORE DELL’IMMOBILE A VIA DELLA STAMPERIA CON SUPER-CRESTA FINALE DA 18 MLN € (FINITO SOTTO INCHIESTA) - L’ACCORDO? TU MI PRESTI 10 MLN €, ANCHE SE NON LI POSSIEDI, E SE NON LO FAI MI SGANCI UN MILIONCINO COME INDENNIZZO - GLI STRANI ASSEGNI MILIONARI DISTRIBUITI DA CONTI…

1- QUATTRINI A VERDINI - IL COORDINATORE DEL PDL INCASSA UN MILIONE DAL SENATORE CONTI. RICAVATO DA UNA OPERAZIONE IMMOBILIARE ORA SOTTO INCHIESTA
Lirio Abbate per "l'Espresso"

Ci vorrebbe un amico. Uno di quelli che sono sempre pronti a mettere mano al portafogli, anche quando hanno il conto in profondo rosso. Un amico vero, pronto a scrivere nero su bianco che ti presterà dieci milioni di euro, anche se non li possiede. Ed è così voglioso di aiutarti che si impegna, nel caso non dovesse riuscirci, a regalarti quanto prima un milione. Uno che fa tutto questo senza chiedere nulla in cambio. È una fortuna rara quella capitata a Denis Verdini, parlamentare e coordinatore nazionale del Pdl, che ha potuto contare sulla dedizione di un suo compagno di partito, il senatore Riccardo Conti.

Sì, proprio l'uomo che ha il dono del mattone magico tanto da comprare - senza avere in cassa un euro - il palazzo d'oro di via della Stamperia, a pochi metri dalla Fontana di Trevi, e rivenderlo dopo poche ore facendo un guadagno secco di 18 milioni di euro. Un miracolo, ora finito nel mirino della magistratura romana che indaga per truffa e peculato. Soldi provvidenziali, però, perché hanno permesso a Conti di onorare l'insolito contratto firmato due mesi prima con Verdini e versargli un milione come penale per il prestito mancato.

Non solo. Dopo quell'affare strabiliante, il senatore ha anche consegnato 750 mila euro alla figlia del suo padrino politico, il ras democristiano dei lavori pubblici Gianni Prandini. E donato un altro milione a una potente istituzione religiosa bresciana, la terra del suo collegio elettorale.

Come un novello Signor Bonaventura, Conti distribuisce assegni a sei zeri, mentre è meno generoso solo con un soggetto non ancora identificato, al quale versa 150 mila euro. La girata non si legge chiaramente e quindi il nome del beneficiario è al momento ignoto. Su alcuni nomi e sulle ragioni di questi versamenti il senatore Conti - contattato da "l'Espresso" tramite il suo assistente parlamentare - non ha voluto rilasciare dichiarazioni: "In questo momento il senatore preferisce non rispondere". Secondo quanto risulta ad ambienti bresciani, Conti avrebbe chiesto all'avvocato Franco Coppi di seguire la vicenda giudiziaria aperta dopo la vendita del palazzo di via della Stamperia all'ente di previdenza degli psicologi (Enpap).

Attraverso una serie di documenti di fonte investigativa, "l'Espresso" ha potuto ricostruire i vari passaggi grazie alla copia del contratto e ai quattro assegni firmati da Conti. A mettere assieme i tasselli aiutano anche alcune intercettazioni fatte in diverse inchieste sulla cricca, estratti conto e informative della Guardia di finanza. La cosa più sorprendente è forse il protocollo per il prestito da 10 milioni promesso da Conti a Verdini nel novembre 2010. Un momentaccio per il leader berlusconiano, bersagliato dalle inchieste sulla Cricca delle grandi opere e sulla P3 che pilotava i processi.

In quel periodo, Fiamme Gialle e Bankitalia stavano controllando il Credito Cooperativo Fiorentino di Campi Bisenzio e accusavano il politico, già presidente dell'istituto di credito, di averlo gestito in modo familistico. Proprio in quei giorni cupi, arriva l'impegno di soccorso di Conti.

Il contratto di finanziamento, di cui "l'Espresso" ha preso visione, è un accordo che lascia allibiti anche i migliori operatori economici, perché alla fine, nel punto che riguarda la violazione degli impegni, si legge una clausola sorprendente: "La mancata erogazione da parte del soggetto mutuante della prima o della seconda tranche darà diritto a Denis Verdini di risolvere il contratto a mezzo di semplice raccomandata scritta. In tale ipotesi il soggetto mutuante sarà tenuto a corrispondere a Denis Verdini una speciale penale dell'importo di un milione di euro". Scritto e fatto.

Quando Conti stipula il patto, le sue società non sembrano scoppiare di liquidità. Persino l'impresa usata per la compravendita d'oro dell'immobile alla fine del 2010 segnava un saldo in negativo per 2 milioni. Ma forse in quel periodo gli abboccamenti per l'affare del palazzo di via della Stamperia erano già avviati. Di sicuro, però, Conti non versa i 10 milioni pattuiti. E un anno fa paga la penale di un milione, lecita e giustificabile fiscalmente.

Versa i soldi a Verdini quasi in contemporanea con le somme ottenute dalla vendita dell'immobile romano. Ma una parte dei retroscena di questo pagamento sono finiti nelle conversazioni registrate dagli investigatori: intercettazioni realizzate per un'inchiesta che coinvolge Nicola Orazzini, ex direttore generale di Unipol banca, e amico di Verdini.

Dai documenti che "l'Espresso" ha consultato, i due parlamentari sembrano quasi dei veggenti, in grado di anticipare il futuro e la disponibilità economica di Conti. Che il 31 gennaio 2011 acquista la palazzina in via della Stamperia per 26,5 milioni di euro da una società che fa capo a Massimo Caputi (immobiliarista e gestore di fondi ), e la rivende poche ore dopo per 44,5 milioni all'Enpap.

Ma Verdini non è l'unico a condividere i vantaggi del fiuto imprenditoriale dell'ex democristiano Riccardo Conti. Fra gennaio e febbraio dello scorso anno dal conto corrente della Edizioni di storia bresciana, la holding immobiliare che fa capo al parlamentare lombardo, c'è un gran girare di assegni e bonifici bancari.

Il primo è quello per Verdini, intestato a sua moglie Maria Simonetta Fossombroni: un milione di euro, che la donna incassa a febbraio. In precedenza Conti aveva staccato un altro assegno per la signora Verdini, dello stesso importo che reca la data del 31 dicembre 2010. Ma non risultava coperto (il conto aveva un saldo negativo di 2.165.176,86 euro) ed è stato ritirato e poi seguito da quello del 28 gennaio 2011 che Maria Simonetta Fossombroni mette all'incasso.

Il secondo assegno da 150 mila euro che Conti firma a gennaio è quello a favore di un nome illeggibile. Nel terzo assegno il senatore bresciano scrive un importo da 750 mila euro e lo intesta alla Alexa immobiliare spa, una società che ha sede a Roma, di cui è unico amministratore Giovanna Prandini, 39 anni, di Brescia. È la figlia dell'ex ministro Giovanni Prandini: il padrone della Dc bresciana di cui Conti è stato segretario a inizio anni Novanta, chiamato in causa per numerosi filoni di Tangentopoli.

Nel 1993 fu chiesta al Parlamento l'autorizzazione all'arresto di Prandini, accusato di aver incassato tangenti per almeno 25 miliardi di lire. Per lo stile e la spregiudicatezza era soprannominato "il texano", ma anche "Prendini". La figlia dell'ex ministro si rifà a uomini e cose della Dc, adesso è vicina al Pdl bresciano e a Comunione e liberazione. Alle elezioni europee ha sostenuto un esponente del Pdl come Mario Mauro, uno degli uomini più in vista al Nord di Cl.

Il quarto assegno del senatore finisce ai responsabili della Fondazione opera per l'educazione cristiana di Brescia, ai quali dona un milione di euro. L'Opera è una fondazione di culto e religione, creata nel 1977, con lo scopo di "contribuire alla diffusione della fede cristiana nel campo della cultura, dell'educazione e dell'istruzione".

Nel suo statuto si propone di sostenere attività rivolte all'approfondimento e alla diffusione della cultura cristiana, ed in questa prospettiva promuove borse di studio annuali riservate a "giovani meritevoli per coerente testimonianza cristiana".

Agisce sotto il patrocinio del vescovo di Brescia ed è considerata un punto di riferimento nei rapporti tra la Curia e il mondo dell'impresa locale di osservanza democristiana, sotto la regia del notaio Giuseppe Camadini, etichettato come il "Cuccia" di Brescia.

Storie lombarde, lontane dai feudi toscani di Denis Verdini. Che spesso ha giostrato milioni tra i suoi amici, sempre con la formula del prestito personale. A Marcello Dell'Utri, imputato con lui nel processo romano per la P3, aveva messo a disposizione un conto corrente nella sua banca aprendogli i cordoni della borsa fino ad affidargli cinque milioni di euro.

Dopo che la Banca d'Italia ha commissariato il Credito cooperativo fiorentino e imposto a Dell'Utri di coprire il buco (salvataggio ottenuto grazie a un bonifico di Silvio Berlusconi in un'operazione ritenuta sospetta e segnalata alla Banca d'Italia), è toccato a Maria Simonetta Fossombroni e a suo marito Verdini (conti separati ma unico capitale immobiliare) ripianare il "rosso" di quasi 9 milioni di euro.

E anche in questo caso a salvare il coordinatore del Pdl è stato un altro senatore, uno dei più ricchi: Antonio Angelucci. Il re delle cliniche private romane, al quale piace girare per la capitale con la sua Ferrari di colore giallo seguito da scorta armata fatta da vigilantes, ha elargito ai coniugi Verdini una somma complessiva di 9 milioni 334 mila euro. Salvandoli.

Angelucci non ha problemi di soldi e dal Lussemburgo sposta facilmente capitali. Con il suo collega di partito comunque si mostra cauto: a garanzia del prestito ottiene l'ipoteca della grande tenuta Villa Gucci, subito fuori Firenze, nella quale vive Verdini. Gli investigatori che hanno analizzato la vicenda si chiedono adesso in che modo il coordinatore del Pdl - che ufficialmente ha solo lo stipendio da parlamentare - potrà pagare le rate per saldare il debito con il re delle cliniche.

Milioni che vanno, milioni che vengono. Mentre il coordinatore si barcamena in queste cascate di quattrini, il partito gli ha appena affidato una missione di legalità: il segretario Angelino Alfano lo ha nominato commissario a Modena per scacciare i sospetti di infiltrazioni criminali nel Pdl locale. E anche lì, Verdini ha spiegato che lui preferisce risolvere le questioni tra amici, senza clamori: "Qui a Modena si è innestata una polemica che è diventata pubblica invece di rimanere all'interno del partito, e così con trasparenza è stato nominato il commissario nella mia persona per fare quello che si doveva fare privatamente".

2- TIRO A SEGNO
Da "l'Espresso"


L'ispezione di Bankitalia ha lasciato il segno. Avviata a fine febbraio del 2010 e durata tre mesi, ha spinto Denis Verdini a cercare il denaro per rattoppare la sua esposizione milionaria con il Credito cooperativo fiorentino, da lui presieduto fino al mese di luglio del 2010.

Non è finita. A luglio dell'anno scorso, cioè dopo che Verdini aveva incassato un milione di euro dal conto del senatore Riccardo Conti presso la Banca cooperativa Valsabbina, è arrivata la sanzione dell'organo di vigilanza: 675 mila euro di multa agli ex amministratori. Di questi, 105 mila euro sono a carico dell'ex coordinatore del Pdl.

Ma le vicende di Verdini alla guida del Credito Fiorentino sono ancora lontane dalla conclusione. Sul banchiere-politico grava un'inchiesta della Procura della Repubblica di Firenze relativa agli ammanchi della piccola banca toscana, arrivata sull'orlo del fallimento con un buco da 63 milioni di euro.

Per definire il capo di imputazione nei confronti di Verdini, i pm attendono la relazione conclusiva degli ispettori di via Nazionale. Per loro sarà importante capire se la cifra che Verdini ha ricevuto da Conti è effettivamente servita, come recitava il contratto, per alleggerire l'esposizione del deputato Pdl verso la banca che lui stesso amministrava.

 

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