marino gabrielli

E' TORNATO! MARINO ATTERRA A ROMA MA SI FA VENIRE A PRENDERE DALLA SCORTA SOTTO L'AEREO PER EVITARE I GIORNALISTI, MANCO FOSSE BONO VOX (CHE INFATTI LI INCONTRA) - CHI È IL BADANTE GABRIELLI: NELLA DC SI MUOVEVA ACCANTO AD ALFANO E FRANCESCHINI MA ESCLUDE DI CANDIDARSI

1. ROMA: MARINO RIENTRATO NELLA CAPITALE

IGNAZIO MARINO SUB ALLE BAHAMASIGNAZIO MARINO SUB ALLE BAHAMAS

(ANSA) - Il sindaco Ignazio Marino è rientrato nella capitale dopo le vacanze negli States e ai Caraibi. Marino, che ieri ha incontrato il primo cittadino di New York Bill De Blasio, è atterrato all'aeroporto di Fiumicino alle 12.55 con un volo di linea Alitalia. Il sindaco, completo blu e camicia azzurra senza cravatta in compagnia della moglie, è stato prelevato direttamente sottobordo e, sotto scorta, fatto uscire dall'aeroporto direttamente da un varco decentrato.

 

Anche al rientro a Roma il sindaco Ignazio Marino ha scelto la massima 'non visibilità'. E così a Fiumicino ha preferito evitare giornalisti e fotografi (all'uscita dalla dogana, se ne contavano una ventina), come pure di incrociare turisti in arrivo e in partenza, e uscire dallo scalo da un varco secondario.

 

La richiesta di un rientro 'protetto' era pervenuta all'ufficio della Polizia di frontiera, che ha provveduto a far scendere Marino direttamente sulla pista, mentre tutti gli altri passeggeri si sono serviti del finger. Qui lo attendeva una vettura che, scortata, subito dopo ha lasciato l'aeroporto diretta a Roma.

 

2. IL BADANTE DI ROMA

Marianna Rizzini per “il Foglio”

 

Cocomerari unici sopravvissuti del vizio estivo della Capitale!", grida il titolo del quotidiano di città. Ma mentre l'afa lascia il posto alla brezza di settembre e i gabbiani che stazionano accanto a spazzatura e camion bar in pieno centro storico paiono meno assidui del solito, il vizio estivo della Capitale tanto più sopravvive nell' attesa della grande deflagrazione.

 

GABRIELLI 1GABRIELLI 1

Quella sempre annunciata e sempre negata (vezzo?) tra il sindaco Ignazio Marino e l'affianca-sindaco nonché prefetto Franco Gabrielli, ex capo della Protezione civile in tempi di terremoti (all' Aquila) e naufragi (al Giglio), ex direttore del Sisde, ex investigatore antiterrorismo e attuale superincaricato del governo nella Roma dello scontento (in vista del Giubileo, ma non solo).

 

Sotto forma di curiosità o perfidia, dunque, il vizio estivo vuole che in questi giorni - al bar, in taxi, nelle redazioni - si cerchi in ogni parola e in ogni gesto dell' uno e dell' altro, Marino e Gabrielli, Gabrielli e Marino, l' indizio della strana coabitazione che verrà. E tutto diventa materia per il romanzo della cosiddetta "diarchia": due vertici per un Comune, l'un contro l' altro disarmati. Una diarchia smentita e subito ribadita.

 

E se l'uno, il sindaco, si rinserra nel mito dell' omologo newyorkese Bill De Blasio, populista urbano preso a modello fin dall' inizio dell' avventura capitolina, e parla con fervore mistico della Roma dei giusti (la sua, ovviamente, quella che il prefetto imparerà presto a conoscere, ché, dice Marino, delle cose che il ministro Alfano pretende Roma ne ha già fatte il doppio), l' altro, Gabrielli, tira fuori nella nuova multifunzione un lessico algido da prefetto, vagamente stridente con l' attitudine alla ribalta sperimentata da non prefetto.

 

GABRIELLIGABRIELLI

Gabrielli è infatti l' uomo che nel 2011 lanciava senza sordina l' allarme contro coloro che dal governo (allora governo Berlusconi) volevano, così disse, affondare "la protezione Civile come il Titanic". E in tempi di affondamenti veri (Costa Concordia), l' allora capo della Protezione civile si lasciava sfuggire la parola non diplomatica (cioè "infami", ricorda Marco Damilano sull' Espresso: pare che Gabrielli fosse infuriato con coloro che non credevano alla rapida riuscita delle operazioni di raddrizzamento del relitto e anzi profetizzavano sventura - Cassandre o gufi, per usare l' espressione dei tempi renziani).

 

"Sì, ci siamo sentiti tra un' immersione e l' altra", è stata l' allusione al Marino vacanziero detta a mezza bocca dal prefetto Gabrielli ai cronisti, nel primo giorno da affiancatore-coordinatore-supervisorecommissario-guida-tutor, come lo chiamano i giornali (ma il tassista incazzato, interpellato in proposito, dice che il Campidoglio gli pare piuttosto aver bisogno di un "badante").

 

E se oggi il prefetto assurge a diarca (lui nega, e nega pure di voler scendere in politica) "domani comunque può puntare al vertice della Polizia", dicono nei corridoi non più sonnacchiosi del Comune, al termine delle ferie di sindaco più contestate della storia dei sindaci (il vicesindaco Marco Causi ha provato a difenderlo, Marino, ché l' accanimento gli pareva eccessivo: guardate che Marino si è preso diciotto giorni come un qualsiasi dirigente in qualsiasi realtà lavorativa, ma il problema per molti era proprio quello, che Marino non era un dirigente qualsiasi, e in tempi di funerali Casamonica a cavallo e feste di piazza con pubblica lettura di intercettazioni (Castel Sant' Angelo, kermesse annuale del Fatto quotidiano), nulla, tantomeno il prefetto che ci metteva il carico finale con quel "ci siamo sentiti tra un' immersione e l' altra", poteva fermare il dàgli alla ricreazione dell' ex chirurgo e subaqueo Ignazio.

 

E c’era chi, per esempio sul Tempo, faceva notare la crudele analogia Marino -Fini (Gianfranco): pare strano, ma a un certo punto della carriera, spesso quando sono in parabola discendente, i politici corrono a rifugiarsi negli abissi.

MARINO GABRIELLIMARINO GABRIELLI

 

Tuttavia il prefetto Gabrielli, di fronte al bailamme spicciolo su chi c' è e chi non c' è, fa anche un po' finta di nulla, ma è un fare finta di nulla diverso da quello del sindaco (che da mesi, a ogni pubblico incontro, mentre a Roma cresce la febbre del sospetto e dispetto incrociato, parla da Candide: tutto a posto, resterò fino al 2018, anzi fino al 2023).

 

E più il prefetto Gabrielli fa finta di nulla, sottolineando che ognuno fa il suo mestiere e che con il sindaco ci sarà dialogo e collaborazione, più la parola che scioglie i dubbi sulla natura del futuro equilibrio a due sgorga automatica nei suoi brevi cenni sull' universo-Roma: non sarò un notaio, e all' occorrenza il Comune può essere sciolto, ha detto, casomai a qualcuno fosse venuto in mente di considerarlo anche soltanto per un secondo un passacarte.

 

Dice che avrà giornate ricche e che ci vorrebbero trentasei ore, Gabrielli, abituato ai ritmi del se stesso di prima: l'uomo delle grandi emergenze e lo "sbirro", parola non offensiva per uno che in tempi lontani, negli anni Ottanta, nei pressi di Viareggio, già giovane politico della sinistra diccì (area Renzo Lusetti) a un certo punto molla i congressi della Balena Bianca non ancora spiaggiata per entrare in Polizia.

 

Ed è lì che si apre il capitolo che ha fatto di Gabrielli un tipo "non prefettizio" dal punto di vista dell' esposizione mediatica. Nel 2003, infatti, il gruppo di agenti della Digos coordinati a Roma dal futuro prefetto manda a processo i responsabili dei delitti D' Antona e Biagi, dopo lunga indagine telematica e cattura su un treno della neo-br Nadia Desdemona Lioce, con scontro a fuoco durante il quale muoiono l’agente Emanuele Petri e il brigatista Mario Galesi.

GABRIELLI MARINO 1GABRIELLI MARINO 1

 

In seguito Gabrielli racconterà l'operazione difendendosi dagli scettici (l'abitudine gli dev' essere rimasta, a giudicare dalla suddetta veemenza contro i "gufi" che non credevano al salvataggio della Concordia): "E' stata spiegata l' importanza del materiale sequestrato, i telefoni, i palmari, ma non è vero che brancolavamo nel buio", dirà.

 

"Certo non disponevamo della 'vita interna' del gruppo raccontata ci, anche quella, in seguito a un difficile lavoro tecnico su computer e telefoni. Diciamo che immaginavamo un quadro abbastanza rispondente alla realtà, riassumibile in una frase coniata all'inizio del lavoro sul dopo-D' Antona: 'Abbiamo a che fare con una sorta di cenacolo di disperati'...".

 

Da dove avete cominciato?, chiederanno i cronisti, e Gabrielli risponderà: "Dovevamo cominciare da dove avevamo lasciato: le rapine di autofinanziamento del 1995 che disegnavano una chiara linea, l' asse fra Roma e la Toscana, i Nuclei comunisti combattenti. I famosi 'raccordi cresciuti' che, poi, nelle rivendicazioni successive avrebbero dichiarato di essersi assunti 'la responsabilità' dell' eredità brigatista. E proprio perché sapevamo dove andare - seppure con la difficoltà di dover superare il trauma della ricomparsa di un incubo... siamo stati in grado di selezionare le infinite informazioni che arrivavano dalla tecnologia ed evitare di dover colpire nel mucchio".

 

Il precedente di metodo è l' inchiesta sulle stragi di mafia del '93. "Quella sulle stragi del 1993", racconta infatti Gabrielli nel 2009, quando ormai è a capo della Protezione civile, "è stata la prima inchiesta importante in cui venne applicata la tecnica investigativa dell' analisi dei tabulati telefonici. Grazie a quelli scoprimmo che, in quei giorni, a Firenze era stato 'agganciato' il cellulare di Gaspare Spatuzza. Fu la svolta.

GABRIELLI MARINO GABRIELLI MARINO

 

Quell' esperienza ci fornì un modello che si rivelò fondamentale anni dopo, nelle inchieste sugli omicidi Biagi e D' Antona". Suoi maestri, allora, sono il procuratore Piero Luigi Vigna, il pm Gabriele Chelazzi e Antonio Manganelli, poi capo della Polizia con cui Gabrielli scriverà a quattro mani un manuale sulle tecniche d' indagine. Proprio in quegli anni Gabrielli matura l' impostazione anti-complottista oggi desueta (e vituperata) presso le platee del web: "Quando ci sono fatti di questo genere, in Italia c' è sempre chi alimenta il culto del mistero irrisolto. Ecco, dal punto di vista delle responsabilità di chi ideò e di chi realizzò, per le stragi del 1993 lo scenario tracciato dai tribunali non lascia spazio a ombre".

 

Con tutto l' onore e l' onere delle indagini "monstre", a questo punto è il curricu lum, se non il tono non proprio neutro verso la giunta Marino, a remare contro la costruzione del personaggio di un Gabrielli prefetto puro - nel senso dell' aderenza all' esercizio di un potere di retrovia. Né si può fare a meno di considerarlo fisiognomicamente pronto per il remake degli "Intoccabili" di Brian de Palma, film cult sulla Chicago del proibizionismo, tra gang rivali, detective ombrosi, efferatezze e carrozzine che corrono giù dalle scale come ne "La Corazzata Potëmkin". Cinematografico (volutamente cinematografico?) pare pure il ritmo lento del suo eloquio ("molto attento al ricasco mediatico" è, non a caso, l'osservazione frequente dei maliziosi).

 

MARINO GABRIELLI MARINO GABRIELLI

L' effetto "noir anni Trenta", comunque, era già evidente nel Gabrielli d' archivio, camicia celeste e occhialetto calato sul naso, o nelle famose conferenze stampa dall' isola del Giglio, quelle in cui, con tono grave, da capo della Protezione civile, aggiornava gli astanti in tempo reale e forse in mondovisione sulla posizione della prua del piroscafo tristemente squarciato, mezzo -sollevato dal fondale e non ancora in navigazione verso Genova. Tutto il contrario del prefetto defilato e di "avveduta precauzione" descritto da Leonardo Sciascia in "Invenzione di una prefettura".

 

Gabrielli è infatti uno che dice di non essere "Super Pippo" né "Mandrake", e già il paragone -cartoon è di per sé poco classicamente prefettizio, per non parlare dell' espressione "tarallucci e vino" usata per far capire come non debbano dipanarsi, a suo avviso, i rapporti con Marino.

 

prefetto gabrielli foto mezzelani gmt03prefetto gabrielli foto mezzelani gmt03

Ma già ai tempi del suo predecessore, prefetto Giuseppe Pecoraro, l' uomo che polemizzava con Marino su nozze gay, Mafia capitale o monnezza, con tanto di dispute altolocate con Giorgio Albertazzi e Franca Valeri su Villa Adriana minacciata dalla discarica di Corcolle, si faticava a vedere nella figura prefettizia moderna un clone degli uno -nessuno e centomila prefetti di Elio Petri, quelli che in "Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto" appaiono identici nell' indistinto degli abiti scuri tutti uguali e dei fazzoletti bianchi tutti uguali.

 

Che sia l' epoca dei commissari tecnici (non sportivi) a rendere obsoleta l' idea di un prefetto silente? Gabrielli, intanto, non pare uno che voglia scriversi la sua piccola storia all' ombra, e nemmeno uno che dalle periferie dello Stato, accoccolato in un pur insopportabile quieto vivere, si danna per non essere trasferito (è il prefetto di "L' ultima provincia" di Luisa Adorno, uno che in casa indossa il pigiama fuori orario per disfarsi della gabbia di ipercontrollo in cui si è rinchiuso volontariamente).

prefetto gabrielli foto mezzelani gmt04prefetto gabrielli foto mezzelani gmt04

 

E alla fine la rilevanza nascosta del prefetto diventa rilevanza da palcoscenico nell' urgenza dell' intervento di un "esterno", deus ex machina reale o apparente che non minacci di fare il Mario Monti (Gabrielli su questo piano rassicura, ché per ora dice "non mi candido", anche se la politica è la sua radice fin da quando, nella Dc che l' ha visto giovane aspirante quadro, si muoveva, ricorda sempre l' Espresso, accanto agli allora inesperti Dario Franceschini e Angelino Alfano).

 

franco gabriellifranco gabrielli

E se c' è chi, dal centrodestra, ha dato a Gabrielli di "prefetto rosso", c' è pure chi ricorda la perfezione bipartisan dei buoni rapporti ad alto livello che puntellano le sue varie carriere: Romano Prodi, ma pure a un certo punto Gianni Letta; Beppe Pisanu, ma pure a un certo punto l' ex compagno di gioventù democristiana Enrico Letta. Infine Matteo Renzi, a dispetto della rivalità intra -Pd tra Letta e Renzi.

 

Piace insomma trasversalmente ai politici, Gabrielli, almeno quanto trasversalmente dispiace agli ultrà ("disputare a porte chiuse le partite ad alto rischio", ha detto il prefetto in un giorno di paura e delirio attorno allo stadio Olimpico, e vai a pensare che la sua personale guerriglia urbana doveva ancora cominciare).

LETTA ALFANO FRANCESCHINI LETTA ALFANO FRANCESCHINI prefetto gabrielli foto mezzelani gmt02prefetto gabrielli foto mezzelani gmt02

Ultimi Dagoreport

pupi avati antonio tajani

DAGOREPORT! PUPI, CHIAGNE E FOTTI – ASCESE, CADUTE E AMBIZIONI SBAGLIATE DI PUPI AVATI, “CONSIGLIERE PER LE TEMATICHE AFFERENTI AL SETTORE DELLA CULTURA” DI ANTONIO TAJANI - IL REGISTA CHE AI DAVID HA TIRATO STOCCATE ALLA SOTTOSEGRETARIA AL MIC, LUCIA BORGONZONI, È LO STESSO CHE HA OTTENUTO DAL DICASTERO FONDI PER OLTRE 8 MILIONI DI EURO TRA IL 2017 E IL 2023 – L’IDEA DI UN MINISTERO DEL CINEMA AVALLATA DA TAJANI (“IL GOVERNO VALUTERÀ") PER TOGLIERE I QUASI 700 MILIONI DI EURO CHE IL MIC HA IN PANCIA PER PROMUOVERE, A SPESE DEI CITTADINI, IL CINEMA ITALICO – IL SEQUESTRO DEI BENI PER EVASIONE IVA DA 1,3 MILIONI CON L'INCREDIBILE REPLICA DI PUPI: “NON E’ UN BEL MOMENTO PER IL CINEMA ITALIANO...” - LA SUA SOCIETA', ‘’DUEA FILM’’, CHE DA VISURA PRESSO LA CAMERA DI COMMERCIO DI ROMA È IN REGIME DI CONCORDATO PREVENTIVO, DEVE A CINECITTÀ CIRCA 400 MILA EURO PER UTILIZZO DEGLI STUDI - L’86ENNE AVATI STA PER INIZIARE IL SUO 46ESIMO FILM (“NEL TEPORE DEL BALLO”) PER UN BUDGET DI 3,5 MILIONI CHE GODE GIÀ DI UN DOVIZIOSO FINANZIAMENTO DI RAI CINEMA DI UN MILIONE... – VIDEO

al thani bin salman zayed donald trump netanyahu saudita sauditi

DAGOREPORT – DOMANI TRUMP VOLA NEL GOLFO PERSICO, AD ATTENDERLO MILIARDI DI DOLLARI E UNA GRANA - PER CAPIRE QUANTI AFFARI SIANO IN BALLO, BASTA APRIRE IL PROGRAMMA DEL FORUM DI INVESTIMENTI USA-ARABIA SAUDITA. CI SARANNO TUTTI I BIG DELL’ECONOMIA USA: MUSK, ZUCKERBERG, ALTMAN, BLACKROCK, CITIGROUP, ETC. (OLTRE AL GENERO LOBBISTA DI TRUMP) - SAUDITI, EMIRATINI E QATARIOTI SONO PRONTI A FAR FELICE L'AMERICA "MAGA". MA PER INCASSARE LA CUCCAGNA, TRUMP QUALCOSA DEVE CONCEDERE: I REGNI MUSULMANI ARABI PERDEREBBERO LA FACCIA SENZA OTTENERE IL RICONOSCIMENTO DI UNO STATO PALESTINESE - L'INCONTRO DEI MINISTRI DEGLI ESTERI SAUDITA E IRANIANO PER UNA PACE TRA SCIITI E SUNNITI - PRESO PER IL NASO DA PUTIN SULL’UCRAINA E COSTRETTO DA XI JINPING A RINCULARE SUI DAZI, IL CALIGOLA DELLA CASA BIANCA HA DISPERATAMENTE BISOGNO DI UN SUCCESSO INTERNAZIONALE, ANCHE A COSTO DI FAR INGOIARE IL ROSPONE PALESTINESE A NETANYAHU…

starmer - zelensky - macron - tusk - merz - a kiev giorgia meloni fico putin

DAGOREPORT – DOVEVA ESSERE UNA “PONTIERA”, GIORGIA MELONI ORMAI È UNA “PORTIERA”. NEL SENSO CHE APRE E CHIUDE IL PORTONE AGLI OSPITI IN ARRIVO A PALAZZO CHIGI: L’ULTIMO CHE SAREBBE DOVUTO ARRIVARE TRA FRIZZI E LAZZI È ROBERT FICO, IL PREMIER SLOVACCO UNICO LEADER EUROPEO PRESENTE ALLA PARATA MILITARE, A MOSCA, SCAMBIANDOSI SMANCERIE CON PUTIN - PER NON PERDERE LA FACCIA, LA DUCETTA HA DOVUTO RIMANDARE LA VISITA DI FICO A ROMA AL 3 GIUGNO - QUESTI SONO I FATTI: L’AUTOPROCLAMATASI “PONTIERA”, TOLTA LA PROPAGANDA RILANCIATA DAI TROMBETTIERI DI ''PA-FAZZO'' CHIGI, NON CONTA NIENTE SULLO SCENA INTERNAZIONALE (LA PROVA? IL VIAGGIO DI MACRON, MERZ, STARMER E TUSK A KIEV E IL LORO ACCORDO CON TRUMP) - RUMORS: IL TEDESCO MERZ PERPLESSO SUL VIAGGIO IN ITALIA DI LUGLIO. E MELONI PUNTA A INTORTARLO DOMENICA ALLA MESSA DI INIZIO PONTIFICATO DI LEONE XIV, IN PIAZZA SAN PIETRO...

orchesta la scala milano daniele gatti myung whun chung myung-whun ortombina fortunato

DAGOREPORT: CHE GUEVARA VIVE ALLA SCALA – ALLA FINE DEL 2026, SARÀ IL DIRETTORE D’ORCHESTRA COREANO MYUNG-WHUN CHUNG IL SUCCESSORE DI RICCARDO CHAILLY - IL CONIGLIO (CONIGLIO, NON CONSIGLIO) DI AMMINISTRAZIONE DELLA SCALA AVEVA SUGGERITO IL NOME DEL MILANESE DI FAMA MONDIALE DANIELE GATTI. MA LA CGIL DELL’ORCHESTRA, SOTTOTRACCIA, HA SUBITO FATTO CAPIRE CHE NON ERA DI SUO GRADIMENTO: A GATTI VENIVA “RIMPROVERATO” UN ATTEGGIAMENTO UN PO’ SEVERO VERSO GLI ORCHESTRALI (POCO INCLINI A NON FARE QUEL CHE VOGLIONO) – ORA I SINDACATI RECLAMANO L’AUMENTO DI PERSONALE (DEL RESTO, LA SCALA, HA SOLO MILLE DIPENDENTI!), AUMENTI RETRIBUTIVI, SCELTA DELL’UFFICIO STAMPA ALL’INTERNO DEL TEATRO, FINANCO LA RICHIESTA DI PARCHEGGIARE I MONOPATTINI NEL CORTILETTO INTERNO…

orcel giorgetti nagel castagna bpm unicredit

DAGOREPORT - RISIKO INDIGESTO: LA PROTERVIA DI GIORGETTI A DIFESA DI BPM DALLE GRINFIE DI UNICREDIT, INDISPETTISCE FORZA ITALIA E I FONDI CHE HANNO INVESTITO MILIARDI IN ITALIA - GLI SCAZZI SUL DECISIONISMO DI ORCEL NEL BOARD DI UNICREDIT: IL CDA PRENDE TEMPO SULL'OFFERTA DI SCAMBIO SU BPM, CHE LA LEGA CONSIDERA LA "SUA" BANCA - LA STILETTATA DI NAGEL A LOVAGLIO ("PER BUON GUSTO NON RIPERCORRO LA STORIA DEL MONTE DEI PASCHI") E L'INSOFFERENZA DI CALTAGIRONE PER IL CEO DI BPM, CASTAGNA...

keir starmer emmanuel macron e friedrich merz sul treno verso kiev giorgia meloni mario draghi olaf scholz ucraina donald trump

DAGOREPORT - IL SABATO BESTIALE DI GIORGIA MELONI: IL SUO VELLEITARISMO GEOPOLITICO CON LA GIORNATA DI IERI FINISCE NEL GIRONE DELL'IRRILEVANZA. LA PREMIER ITALIANA OGGI CONTA QUANTO IL DUE DI PICCHE. NIENTE! SUL TRENO DIRETTO IN UCRAINA PER INCONTRARE ZELENSKY CI SONO MACRON, STARMER, MERZ. AD ATTENDERLI, IL PRIMO MINISTRO POLACCO TUSK. NON C'È PIÙ, COME TRE ANNI FA, L’ITALIA DI MARIO DRAGHI. DOVE È FINITA L’AUTOCELEBRATOSI “PONTIERA” TRA USA E UE QUANDO, INSIEME CON ZELENSKY, I QUATTRO CABALLEROS HANNO CHIAMATO DIRETTAMENTE IL ‘’SUO CARO AMICO” TRUMP? E COME HA INCASSATO L’ENNESIMA GIRAVOLTA DEL CALIGOLA DELLA CASA BIANCA CHE SI È DICHIARATO D’ACCORDO CON I VOLENTEROSI CHE DA LUNEDÌ DOVRÀ INIZIARE UNA TREGUA DI UN MESE, FUNZIONALE AD AVVIARE NEGOZIATI DI PACE DIRETTI TRA UCRAINA E RUSSIA? IN QUALE INFOSFERA SARANNO FINITI I SUOI OTOLITI QUANDO HA RICEVUTO LA NOTIZIA CHE TRUMP FA SCOPA NON PIÙ CON IL “FENOMENO” MELONI MA CON...