IL BANANA? NO GRAZIA! - NAPOLITANO OFFRÌ LA GRAZIA A SILVIO, MA AVREBBE DOVUTO RINUNCIARE ALL’ATTIVITÀ POLITICA. E BERLUSCONI DISSE DI NO. LO RIVELA LUI STESSO A VESPA - MA ALFANO NEGA: “A NAPOLITANO BASTAVANO LE DIMISSIONI DA SENATORE”

Brano tratto dal libro di Bruno Vespa “Italiani voltagabbana” pubblicato dal “Corriere della Sera

BERLUSCONI NAPOLITANO BERLUSCONI NAPOLITANO

 

Esce oggi il nuovo libro di Bruno Vespa Italiani voltagabbana. Dalla Prima guerra mondiale alla Terza Repubblica sempre sul carro del vincitore (Mondadori-Rai Eri). È una lunga cavalcata attraverso le contraddizioni e le ipocrisie nazionali. Ecco alcuni brani tratti dal capitolo 11 («Berlusconi risorto tra patti e tradimenti»)

 

In Berlusconi matura l’idea che il presidente della Repubblica sia il regista occulto della crisi di governo che ha portato Mario Monti a Palazzo Chigi e non sia estraneo alla «persecuzione giudiziaria». Lo stesso cautissimo Gianni Letta dice al capo dello Stato: «Sii prudente, caro presidente. Se non prendi in considerazione l’ipotesi della grazia, legittimi la posizione di chi ti accusa di essere il regista dell’operazione…».

napolitano berlusconinapolitano berlusconi

 

Quando, oggi, chiedo a Berlusconi quali condizioni gli risultino da parte del Quirinale per la concessione della grazia, lui mi ripete: dimissioni da senatore e rinuncia all’attività politica. Guardi, presidente — obietto —, Alfano esclude che la rinuncia all’attività politica sia una condizione.

 

BERLUSCONI NAPOLITANO BERLUSCONI NAPOLITANO

Ascoltiamo, dunque, il ministro dell’Interno, che a quel tempo era anche segretario del Pdl: «Nel settembre 2013 chiesi un appuntamento al presidente della Repubblica e gli preannunciai al telefono che volevo parlargli della grazia. Preparai con Berlusconi l’incontro con Napolitano, che avvenne nella tarda mattinata del 24, alla presenza del segretario generale Marra che, come sempre, prese appunti.

 

Giorgio Napolitano-Gianni LettaGiorgio Napolitano-Gianni Letta

Rinnovai formalmente a nome del Popolo della libertà la richiesta che Berlusconi fosse nominato senatore a vita, perché si è distinto in tre carriere: è stato l’uomo più longevo alla guida del governo italiano, il più giovane cavaliere del lavoro e il presidente della società di calcio che ha vinto il maggior numero di titoli internazionali.

 

GIORGIO NAPOLITANO GIANNI LETTAGIORGIO NAPOLITANO GIANNI LETTA

Successi nell’impresa, nella politica e nello sport: ciascuna carriera, da sola, avrebbe meritato il Senato a vita, secondo quanto prevede l’articolo 59 della Costituzione a proposito dei meriti sociali (oltre che scientifici, artistici e letterari) del candidato. Avevo accennato già in precedenza questo tema al presidente della Repubblica: era un modo per fare una richiesta, senza la forzatura di una candidatura formale.

 

berlusconi alfano berlusconi alfano

«Napolitano mi ascolta con grande serietà ed entriamo nel merito della grazia. Il presidente mi dice quattro cose. 1) Se Berlusconi si dimette prima del voto sulla decadenza evitando al Senato un grande trauma, lui è pronto a concedergli la grazia, ovviamente secondo le norme di legge. 2) È disponibile anche a rivederne le condizioni. Mentre finora Napolitano aveva detto che avrebbe esaminato una domanda, ora si dimostra disponibile a riconsiderare l’ipotesi un gesto unilaterale. 3) Aggiunge di essere pronto a diffondere un comunicato in cui dice che il giudizio penale sul caso Mediatrade riguarda il Berlusconi imprenditore, ma la sua biografia è molto articolata e va valutata nel suo complesso. 4) Si dice anche disponibile a fare un appello al Parlamento in favore di un provvedimento generale di amnistia e indulto».

berlusconi e alfano berlusconi e alfano

 

Il capo dello Stato, chiedo ad Alfano, subordinò la concessione della grazia alla rinuncia di Berlusconi all’attività politica? «No» è la risposta. «Non mi ha mai detto esplicitamente niente del genere».

 

E prosegue: «Ero letteralmente entusiasta e corsi a palazzo Grazioli, convinto di portare a Berlusconi una notizia clamorosa. Ci incontrammo da soli. Lui si sedette alla scrivania del suo studiolo e prese nota con un pennarello di quanto gli dicevo. Poi mi chiese un parere sull’incontro. Gli dissi che la grazia, soprattutto se concessa senza domanda e con un motu proprio del presidente della Repubblica, non era affatto una mortificazione, ma un alto riconoscimento per quello che lui aveva fatto per il Paese.

 

Berlusconi e Ghedini Berlusconi e Ghedini

Benché graziato e senza più il seggio da senatore, avrebbe potuto esprimere liberamente le sue idee. Berlusconi mi ascoltò senza formulare un giudizio definitivo. In quel momento entrò Niccolò Ghedini [avvocato del Cavaliere e deputato del Pdl]. Disse che, di fatto, la proposta di Napolitano equivaleva a far ritirare Berlusconi dalla politica e che quello che a me appariva un grande risultato in realtà era il nulla.

 

SILVIO BERLUSCONI NEL GIORNO DELLA DECADENZA SILVIO BERLUSCONI NEL GIORNO DELLA DECADENZA

Restai delusissimo. Ribadii che, se Berlusconi non si fosse dimesso, sarebbe comunque decaduto per le norme della legge Severino e che soltanto la nostra azione aveva indotto il Partito democratico a non procedere con la ghigliottina, convocando la commissione per le Immunità prima della fine di agosto [Berlusconi sarebbe stato estromesso dal Senato il 27 novembre].

 

Entrò Gianni Letta, chiedendo come fosse andato l’incontro con Napolitano. Riferii tutto, Ghedini disse la sua, Letta tacque, Berlusconi disse: “Andiamo a pranzo”. E non se ne parlò più».

 

 

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