BANANADRAMA - SE LE TOGHE LO MARTELLANO, I PIDIELLINI COMBINANO UNA CAZZATA DIETRO L’ALTRA (E VERONICA LO CHIAMA PER SOSTENERLO)

Tommaso Labate per il "Corriere della Sera"

«Adesso abbassiamo i toni. Evitiamo che i ministri siano presenti in piazza. Magari può fare un salto Angelino, precisando che sta lì come segretario del partito. Se decido di andare, sarà solo per abbassare i toni». Non solo. «La manifestazione va spostata da Piazza Santi Apostoli perché dobbiamo evitare in ogni modo che un pezzo del corteo si stacchi e vada verso il Quirinale».

L'ultima svolta di Silvio Berlusconi arriva alle 13 di ieri. E la regola di ingaggio di «abbassare i toni nei confronti del governo e soprattutto del presidente della Repubblica» viene impartita a tutto lo stato maggiore del partito. «Soprattutto», si premura di far sapere il Cavaliere, a chi «farà interviste in tv».

E così alle 13 in punto, quando la pila di lanci d'agenzia generata dalla «guerra civile» di Sandro Bondi ha occupato il famoso scrittoio di Arcore, il Cavaliere impone lo stop. Ne prende atto Mariastella Gelmini, che interviene ai microfoni di Tgcom24 per precisare che «quella di domani» (oggi, ndr ) sarà «una manifestazione di pace».

Segue a ruota Renato Brunetta, che prima del tramonto dirà al Tg4 che col caos post-Cassazione «il governo non c'entra». Per non parlare dei ramoscelli d'ulivo di Renato Schifani, a metà pomeriggio, e Maurizio Lupi, in serata. Tutti segnali di pace di cui, per espressa volontà del «Presidente», anche i telegiornali Mediaset devono tenere conto. Come se fosse quella la linea editoriale, almeno fino a nuovo ordine.

A portare Berlusconi lontano dalla «linea Bondi» è stata una telefonata con Gianni Letta, che l'ha raggiunto ad Arcore all'ora di pranzo. Fino a quel momento, il Cavaliere aveva guardato con un misto di passione e ansia alle polemiche seguite alla turbolenta giornata di venerdì. Ma quando sente l'eminenza grigia del berlusconismo, che da quarantott'ore sta facendo la sponda tra il nipote premier e la diplomazia quirinalizia, l'ex presidente del Consiglio viene attraversato da un brivido. Proprio perché, stavolta, il messaggio che gli arriva dall'amico di una vita è carico di oscuri presagi.

«Se andiamo avanti così, a minacciare la guerra civile e a tirare per la giacchetta Napolitano, dopo la manifestazione Enrico sale al Quirinale e rimette il suo mandato nelle mani del presidente». E addio, è il sottotesto, sia al giochino di pressioni sull'esecutivo, sia al dibattito sulla riforma della giustizia, sia al miraggio di battere la via della grazia.

È quello, la fine della telefonata con Gianni Letta, l'esatto momento in cui Berlusconi si produce nella terza inversione a U in tre giorni. «Colomba» giovedì dopo la sentenza della Cassazione, «falco» venerdì, «colomba» di nuovo ieri.
E oggi? È molto probabile che, alla fine, il Cavaliere torni a Roma in tempo per partecipare all'adunata dei suoi. Per molti addirittura sicuro.

Di certo c'è che, in caso di arrivo a Roma, nel canovaccio ci sarà quell'excursus sulla «storia della magistratura dal 1993 a oggi» di cui ha già parlato nel videomessaggio post-condanna. Di certo c'è che si parlerà di riforma della giustizia. Ma gli attacchi al governo e al Quirinale, a meno di colpi di scena, verranno tenuti da parte.

Perché è ancora indeciso, Berlusconi. Molto indeciso. «Comprensibilmente oscillante, vista la botta che ha avuto», per usare le parole che Fabrizio Cicchitto ha affidato l'altro giorno ad alcuni amici del Pd. La linea di battere tutte le strade per «arrivare al voto entro ottobre», con lui stesso candidato premier (se possibile) o in subordine la figlia, rimane aperta.

Come aperta, al netto del Quirinale, rimane la via di giocarsi fino in fondo la partita - impossibile o meno che sia - della «grazia». Tanto aperta che qualcuno, tra i suoi, ipotizza che il premier ne parli presto - in un senso o nell'altro - in prima persona.
Ma la condizione necessaria, ancorché non sufficiente, per ambire al provvedimento di clemenza è una «richiesta al Colle» dei figli di Berlusconi o dei suoi avvocati. In entrambi i casi, l'appello è come se arrivasse dal Cavaliere in questione.

Che tanto non esclude quest'ipotesi da lasciar circolare, nella sua cerchia ristretta, l'idea di un «discorso importante» da tenere in Senato forse prima della chiusura estiva. Basta ad alimentare il ritorno in campo della scelta delle dimissioni, che Letta gli aveva suggerito come primo passo? Chissà. Di certo non arresta la ridda di rumor che, nelle ultime ore, arriva da Arcore. Dove si dice che l'ex premier sia stato raggiunto anche da una telefonata solidale dell'ex moglie Veronica Lario.

 

 

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