BANKITALIA BOCCIA MONTI - IL RIGOR MONTIS HA AIUTATO IL PAESE. A FINIRE ANCORA PIÙ IN RECESSIONE: “IL PIL È PEGGIORATO CON LE MANOVRE DI BILANCIO” - È QUESTA LA “POLVERE SOTTO IL TAPPETO” DI CUI PARLAVA BERSANI, IL CETRIOLONE CHE IL GOVERNO DEI TECNICI LASCERÀ IN EREDITÀ AL PROSSIMO GOVERNO? - TANTO LA CAMPAGNA ELETTORALE DEI TRE SCHIERAMENTI FA FINTA CHE LA CRISI SIA FINITA, E PARLA SOLO DI RIDURRE LE TASSE. PURE LA PATRIMONIALE, CHE ERA NELLE IDEE SIA DI MONTI CHE BERSANI, ORA È RINNEGATA DA TUTTI…

Marco Palombi per "il Fatto Quotidiano"

Non dovrebbe essere nemmeno una notizia, visto che le previsioni macroeconomiche del governo Monti si sono sempre rivelate sbagliate, eppure quelle di ieri della Banca d'Italia sullo stato dell'economia per quest'anno aprono scenari sapientemente nascosti in questa campagna elettorale.

Il prodotto interno lordo, dice il bollettino di Palazzo Koch, nel 2013 scenderà dell'1 per cento (in linea con quanto sostengono Ocse e Confindustria), ben 8 decimali in più del -0,2 previsto da Palazzo Chigi, una differenza di dieci miliardi di euro. Siccome, a spanne, questo tipo di movimenti del Pil si scaricano almeno per metà sull'indebitamento netto, significa che anche tutte le altre previsioni di Monti e Grilli su deficit e simili sono sbagliate per almeno 0,4 punti (ma probabilmente l'effetto, visto il crollo delle entrate in corso, sarà più rilevante). Altro dato significativo: con una perdita dell'1 per cento quest'anno, il prodotto italiano si attesterebbe tra dodici mesi ancora sette punti sotto rispetto a quanto era nel 2007, l'anno prima della crisi. E la crescita?

Il premier, meno di un anno fa, la vaticinava in arrivo per la seconda metà del 2012, poi parlò dell'inizio del 2013, ora si scopre che forse, ma molto forse, arriverà per la fine di quest'anno - "sia pure su ritmi modesti e con ampi margini di incertezza", scrive Bankitalia - o più probabilmente nel 2014 (+0,7% la stima). La ragione di questo ritardo la spiega sempre via Nazionale: per il 2013 la colpa è per metà del "deterioramento dell'economia globale e della domanda estera", soprattutto quella dell'Eurozona, e per metà delle "misure di bilancio", cioè le manovre di Mario Monti.

Più in generale, si legge, pesano i maggiori costi di finanziamento per il settore privato dovuti all'aumento dello spread sui titoli di Stato, la stretta creditizia, l'aumento dell'incertezza e il contestuale calo di fiducia che contribuiscono a diminuire ancora di più i consumi interni. Ovviamente, contrappasso di non poco conto per il salvatore Monti, anche il rapporto tra debito e Pil dovrebbe continuare a crescere, come pure la disoccupazione, che all'inizio del 2014 è stimata al 12 per cento, un punto in più di quanto non sia ora.

Per chi volesse vedere la cosa da un altro punto di vista, soccorrono i dati Istat sull'industria: gli ordinativi a novembre sono crollati del 6,7% rispetto allo stesso mese del 2011, che già era un anno col segno meno, il fatturato è sceso del 5,4%. La cosa è tutta qui: se non si produce ricchezza non c'è modo di pagare spese né rimborsare debiti, l'aumento delle esportazioni - specialmente se avviene tagliando i salari, come ora, e dunque uccidendo la domanda interna - non basta. In queste condizioni tassare e/o tagliare la spesa pubblica (soprattutto tagliare, dice il Fondo monetario internazionale, ha l'unico effetto di deprimere l'economia e mandare a catafascio i conti pubblici.

É questa la "polvere sotto il tappeto" denunciata dal segretario Pd Pier Luigi Bersani nel suo primo e finora ultimo attacco a Mario Monti. Il Nens, centro studi fondato dal segretario Pd e dall'ex ministro Vincenzo Visco, ha previsto che il prossimo governo si troverà costretto a fare subito una nuova manovra per inseguire ancora il pareggio di bilancio e/o la riduzione del debito sul Pil. "Solo che una nuova manovra non si può fare", aveva spiegato lo stesso Visco. Motivo: nuova manovra, nuova recessione, nuovo peggioramento dei conti.

Ma non solo non si può fare, ormai per la politica la crisi è alle spalle. La campagna elettorale dei tre principali schieramenti si dedica ormai solo al tema della riduzione delle tasse. La patrimoniale, per dire, non la vuole più nessuno: non Monti, che pure l'aveva messa nella sua famosa agenda, ma nemmeno Bersani, che ieri ha confermato solo la rimodulazione dell'Imu a danno di chi ha proprietà dal valore catastale superiore al milione e mezzo di euro.

I tre principali candidati - compreso il Bersani di "io non racconto favole" - ormai promettono riduzioni di tasse a tutto andare: dall'Irpef all'Irap a quelle sulla casa. Col prodotto che continua a scendere, però, e tenuto conto che nessuno di loro mette in discussione gli obiettivi di bilancio firmati in Europa, più che una balla elettorale è (tentata) circonvenzione d'incapace.

 

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