UN (BARBA)GALLO DA SPENNARE – FIGURA BARBINA DEL CAPO DELLA VIGILANZA DELLA BANCA D’ITALIA IN PARLAMENTO. ALLA COMMISSIONE SULLE BANCHE: “DITECI VOI I NOSTRI ERRORI. NON LI ABBIAMO FATTI. ABBIAMO SEGNALATO TUTTO ALLA MAGISTRATURA” – E CONFERMA: ALTRI ISPETTORI ASSUNTI DALLA POPOLARE DI VICENZA, “MA NON LI ABBIAMO INCORAGGIATI”. E CI MANCHEREBBE PURE…

 

Francesco Bonazzi per “la Verità”

 

Bankitalia, o dell' insostenibile leggerezza della vigilanza. Se fossero servite prove ulteriori che in Via Nazionale hanno qualche problema, governatore a parte, ecco che ieri le ha direttamente fornite al Parlamento Carmelo Barbagallo, responsabile della vigilanza di Palazzo Koch.

CARMELO BARBAGALLO

 

Ascoltato dalla commissione d' inchiesta sui disastri bancari di casa nostra, Etruria e popolari venete sopra tutte, l' alto dirigente ha ammesso, su esplicita richiesta, quello che La Verità ha svelato negli ultimi due giorni: ovvero che non erano solo tre i suoi ex colleghi che erano andati a lavorare per la Popolare di Vicenza, come aveva raccontato Bankitalia in un goffo comunicato stampa del 30 ottobre, ma che ce n' erano almeno altri quattro. Però Barbagallo, dopo aver sostenuto che quei passaggi da vigilante a vigilato non potevano essere fermati, ha concesso che si trattò di movimenti «inopportuni». Per arrivare a dire che comunque è un fenomeno che Banca d' Italia «non incoraggia né auspica». Ci mancherebbe altro.

 

È appena il caso di ricordare che se non ci fosse stata l' ispezione della Bce del 2014, quella che ha scoperto una quantità incredibile di magagne, la Popolare di Vicenza sarebbe ancora una «banca aggregante», per dirla con la benedicente terminologia di Bankitalia. E i vari Giovanni Zonin, Martino Breganze e Samuele Sorato, sarebbero ancora omaggiati e riveriti come «banchieri di sistema». Lo stesso varrebbe per Vincenzo Consoli e Flavio Trinca, i due manager che secondo la procura di Roma avrebbero portato al disastro Veneto Banca.

BANCHE VENETE

 

Il totale dei soci rimasti con i risparmi letteralmente polverizzati nelle due popolari venete è di oltre 210.000 persone. Se si moltiplica questo numero per quello dei familiari, si capisce perché la politica è costretta a fare i conti con le loro storie.

 

Barbagallo, ieri, è stato tenuto quasi cinque ore dalla commissione presieduta da Pierferdinando Casini, che in un' intervista aveva deprecato le «porte girevoli» di Bankitalia. Beccandosi una poco prudente «correzione», a uso della stampa, da parte di Via Nazionale. Il capo della Vigilanza ieri ha spiegato: «La Banca d' Italia non incoraggia né auspica che propri dipendenti siano assunti dai soggetti vigilati; in ogni caso anche quando questo accade, ciò non influisce - né per quanto a mia conoscenza ha mai influito - sul corretto espletamento delle funzioni di vigilanza».

 

GIANNI ZONIN E SAMUELE SORATO

In aggiunta ai tre nomi riconosciuti nei giorni passati da Palazzo Koch sul caso Vicenza (Mariano Sommella, Giannandrea Falchi e Luigi D' Amore, tutti ben noti da tempo), il vigilante capo ha affrontato anche due dei casi svelati da questo giornale, ovvero Lucio Menestrina e Francesco Romito, affermando che «si è trattato di passaggi inopportuni, anche se sono valutazioni personali, consigli». Però ci ha tenuto ad assicurare che «le norme sono più restrittive dal 2010 e oggi quei passaggi sarebbero illegali». E soprattutto, nonostante due inchieste penali ancora aperte, Barbagallo si è spinto a garantire che «questi passaggi non hanno influito sulle ispezioni».

 

Gianandrea Falchi

Un altro snodo decisamente originale della sua audizione è stato quando si è toccato il tema dei presunti errori di Bankitalia nel controllare un sistema creditizio italiano che, una volta passato sotto il controllo di Mario Draghi e di Francoforte, è improvvisamente apparso fragile. Ai commissari, Barbagallo ha raccontato: «Non vorrei dare l' impressione che noi tendiamo ad autoassolverci, assolutamente non è così. Noi siamo qui per dirvi quali sono i fatti, a voi stanno i giudizi e le valutazioni seguenti».

 

Un' umiltà che non si era percepita in 124 anni di storia dell' istituzione che ieri rappresentava in Parlamento. Ma che purtroppo sembra la negazione del concetto stesso di vigilanza, che invece prevede di prendersi anche qualche responsabilità, ogni tanto. Senza trincerarsi dietro ruoli tecnici che poi alla fine tecnici non sono.

 

VISCO E DRAGHI 05

Ma l' alto dirigente di Via Nazionale è andato avanti nel suo approccio minimalista, affermando che «ci saranno stati anche molti errori, però parliamone, individuiamoli e vi sapremo dire se, dal nostro punto di vista, ci sono stati degli errori. Voi siete assolutamente nella condizione di poter verificare tutti gli errori che eventualmente sono stati commessi». Benissimo, ma se sono i rappresentanti del popolo italiano, noti esperti di credito, a doversi fare carico di tutto ciò, allora la Banca d' Italia a che cosa serve? Gli uffici studi, anche buoni, davvero non mancano.

 

In compenso, Barbagallo ha scaricato tutto lo scaricabile sui banchieri «bruciati» dalle inchieste, affidandoli alla magistratura penale con somma nonchalance. «Bankitalia ha segnalato tempestivamente le irregolarità riscontrate» in Popolare di Vicenza e Veneto Banca», ha sostenuto, aggiungendo che «nonostante, e malgrado l' indisponibilità di poteri investigativi commisurati alla gravità dei comportamenti, è stata la vigilanza della Banca d' Italia ad aver rilevato le criticità che connotavano le due banche».

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