gheddafi libia

FUORI GHEDDAFI, DENTRO ISIS - BELPIETRO: “DA SCALFARI A EZIO MAURO, TUTTI A SOSTENERE L’INTERVENTO IN LIBIA. ORA SAPPIAMO A CHI DIRE GRAZIE PER IL CALIFFATO SOTTO CASA”

Il tirannico Muammar Gheddafi Il tirannico Muammar Gheddafi

Maurizio Belpietro per “Libero Quotidiano”

 

Sembra passato un secolo, invece sono trascorsi quattro anni e, nonostante le pagine dei giornali dell’epoca si siano un po’ ingiallite, le dichiarazioni sull’intervento militare in Libia stanno scritte lì, nero su bianco ed è impossibile rimuoverle. Frasi nette, sicure come la traiettoria di un colpo di fucile, ma purtroppo sparate a casaccio, nella presunzione di conoscere ciò che stava accadendo, mentre invece i presunti esperti non conoscevano quasi nulla di ciò che si stava mettendo in movimento.

 

Era l’inverno del 2011, ma nonostante fossimo appena a febbraio, per commentatori e politici era già primavera e che primavera, niente po’ po’ di meno che quella araba. Le folle si rivoltavano ai dittatori in Egitto e anche in Tunisia ed onorevoli e giornalisti applaudivano spellandosi le mani, salutando il cambiamento, la democrazia, il trionfo della civiltà.

Eugenio Scalfari Eugenio Scalfari

Bisogna rileggerle quelle frasi, perché dimostrano la miopia di chi da tempo si è eretto a guida del Paese, ad autorità morale e politica in grado di indicare la direzione di marcia degli italiani.

 

All’epoca c’era chi invitava alla prudenza, suggerendo di non abbattere regimi che pur non avendo fatto del rispetto dei diritti umani il loro dogma per lo meno avevano evitato la deriva verso l’integralismo. Gli «esperti» liquidavano le esortazioni alla cautela con fastidio, spiegando in particolare per quel che riguarda la Libia che il pericolo non esisteva, in quanto da quelle parti i tagliagole islamici non c’erano, perché a dominare erano le tribù.

 

Uno come Romano Prodi, che a Gheddafi non aveva baciato l’anello ma quasi, scambiando la bufera che si stava preparando per un refolo suggeriva addirittura di legare i paesi della Primavera araba all’Europa, non per annetterli al Vecchio continente ma per farci affari.

Ezio Mauro Ezio Mauro

 

Il più incredibile fu Eugenio Scalfari il quale, nonostante l’età, per la missione libica si scoprì un gagliardo combattente. Alla vigilia dell’intervento Nato voluto da Sarkozy e Obama, il fondatore di Repubblica non mostrava dubbi sulla scelta di bombardare Tripoli, sostenendo che si era di fronte a una svolta storica: uomini e donne che reclamavano insieme pane e libertà, «un’innovazione profonda che scavalca il terrorismo di Bin Laden, il fondamentalismo coranico e talebano, aprendo un capitolo inedito nella convivenza delle civiltà».

 

zucconi dal dentistazucconi dal dentista

Barbapapà, lo stesso che pochi anni prima del crollo dell’impero sovietico prevedeva lo scavalcamento del modello capitalista ad opera del regime comunista, spiegava che si dovevano «bombardare gli aeroporti, abbattere i caccia se si alzeranno o distruggerli a terra, smantellare gli impianti di comunicazione, colpire le truppe se non si ritireranno le caserme». «Più in là non si può andare», concludeva (eh già, la bomba atomica per far fuori Gheddafi no, non si poteva usare), ma se il rais non avesse accettato di levar le tende «bisognava abbatterlo, ogni altra soluzione è impensabile, sarebbe fonte di trappole continue e di incontrollabili avventure».

 

o GAD LERNER facebook o GAD LERNER facebook

E il pericolo che le avventure incontrollabili derivassero proprio dall’aver destabilizzato un Paese tenuto per decenni sotto il tallone di un dittatore? Niente paura, concludeva il vecchio Eugenio, la Libia senza il Colonnello non sarà un’altra Somalia, nido di briganti e di pirati, e gli interessi italiani, il petrolio e le aziende, saranno preservati. Perché «in Tripolitania e in Cirenaica esiste un ceto evoluto, esiste una rete di aziende produttive, un artigianato folto, una gioventù che aspira a cimentarsi con l’amministrazione e la politica e una religione che fa da cemento sociale». E più sotto, nel medesimo articolo, dopo aver esortato ad aiutare la primavera libica, lo Scalfari in versione Volpe del deserto, assicurava che l’Italia aveva «una missione da adempiere e una grande occasione da compiere».

 

Titolo? “Rombano i motori dell’armata dell’Occidente”. Parole indimenticabili che fecero da viatico e stimolo a tanti, a cominciare da Ezio Mauro, direttore tascabile del quotidiano tascabile, che negli stessi giorni, sotto il titolo “Con la libertà”, in un editoriale illustrava le ragioni dell’intervento, sostenendo che ridurre la questione libica a un’emergenza domestica per l’ondata migratoria significava «non comprendere una grande questione di libertà che investe l’Occidente».

 

Cadavere di Gheddafi  Cadavere di Gheddafi

Per il direttore si dovevano respingere i tentativi di mediazione con il rais suggeriti da Silvio Berlusconi: «Qualcuno gli spieghi che quando i popoli possono riconquistare la loro libertà, l’Occidente ha un dovere preciso che viene prima di tutto: stare dalla loro parte. Questa e solo questa è la risposta alla minaccia di una deriva nell’integralismo islamico. Non la mediazione con i dittatori». Giudizio azzeccato.

 

Infatti in Libia hanno subito ringraziato l’Occidente ammazzando l’ambasciatore americano e rapendo un po’ di europei, italiani compresi. Non da meno fu Gad Lerner, che dalle pagine di Vanity Fair esultava per la caduta di Gheddafi, irridendo chi si era dimostrato tiepido sulla guerra di Libia.

Cadavere di Gheddafi  Cadavere di Gheddafi

 

«Abbiamo sentito opporre argomenti uno dopo l’altro per negare che bisognasse impegnarsi dalla parte degli insorti di Bengasi (...) Ne sarebbe scaturita una secessione della Cirenaica indipendente dalla Tripolitania. Il ritorno alle guerre tribali d’epoca coloniale. L’installazione di un regime islamico qaedista. L’esodo (biblico!) di profughi a centinaia di migliaia. Tutte balle».

 

E Vittorio Zucconi direttamente da Washington distillava le sue certezze, assicurando che in Cirenaica non c’è e non c’è mai stata Al Qaeda e «in Libia, come in Egitto, era la voce di una gioventù cresciuta nel sogno di Internet, non nell’aspirazione al gilet al tritolo, a chiedere aiuto».

 

Del resto, quelli erano giorni in cui Giorgio Napolitano si diceva compiaciuto che a Parigi fosse stata raggiunta l’intesa di bombardare la Libia e Pier Luigi Bersani si dichiarava assolutamente favorevole all’intervento «umanitario» per «evitare che continuino le stragi dei civili e venga soffocato un movimento democratico». Perfino Nichi Vendola, il pacifista, era favorevole alla risoluzione militare, seppur dichiarando di «vigilare affinché la missione non diventasse qualcos’altro».

il corpo di gheddafi nell'ospedale di Sirte il corpo di gheddafi nell'ospedale di Sirte

 

E il responsabile sicurezza del Pd, Emanuele Fiano era contro Gheddafi in quanto nemico dell’Occidente, mentre Marina Sereni, vicepresidente dell’assemblea del Pd, assicurava che il suo partito non avrebbe fatto mancare «il sostegno responsabile all’intervento». Ecco, già quattro anni fa si parlava di responsabilità. Fu così che venne decisa l’operazione irresponsabile che ci ha portato ad avere un califfato alle porte di casa. Ora sapete a chi dire grazie se abbiamo la guerra e i tagliagole a poche centinaia di chilometri. 

Ultimi Dagoreport

francesco milleri andrea orcel carlo messina nagel donnet generali caltagirone

DAGOREPORT - COSA FRULLA NELLA TESTA DI FRANCESCO MILLERI, GRAN TIMONIERE DEGLI AFFARI DELLA LITIGIOSA DINASTIA DEL VECCHIO? RISPETTO ALLO SPARTITO CHE LO VEDE DA ANNI AL GUINZAGLIO DI UN CALTAGIRONE SEMPRE PIÙ POSSEDUTO DAL SOGNO ALLUCINATORIO DI CONQUISTARE GENERALI, IL CEO DI DELFIN HA CAMBIATO PAROLE E MUSICA - INTERPELLATO SULL’OPS LANCIATA DA MEDIOBANCA SU BANCA GENERALI, MILLERI HA SORPRESO TUTTI RILASCIANDO ESPLICITI SEGNALI DI APERTURA AL “NEMICO” ALBERTO NAGEL: “ALCUNE COSE LE HA FATTE… LUI STA CERCANDO DI CAMBIARE IL RUOLO DI MEDIOBANCA, C’È DA APPREZZARLO… SE QUESTA È UN’OPERAZIONE CHE PORTA VALORE, ALLORA CI VEDRÀ SICURAMENTE A FAVORE” – UN SEGNALE DI DISPONIBILITÀ, QUELLO DI MILLERI, CHE SI AGGIUNGE AGLI APPLAUSI DELL’ALTRO ALLEATO DI CALTARICCONE, IL CEO DI MPS, FRANCESCO LOVAGLIO - AL PARI DELLA DIVERSITÀ DI INTERESSI BANCARI CHE DIVIDE LEGA E FRATELLI D’ITALIA (SI VEDA L’OPS DI UNICREDIT SU BPM), UNA DIFFORMITÀ DI OBIETTIVI ECONOMICI POTREBBE BENISSIMO STARCI ANCHE TRA GLI EREDI DELLA FAMIGLIA DEL VECCHIO RISPETTO AL PIANO DEI “CALTAGIRONESI’’ DEI PALAZZI ROMANI…

sergio mattarella quirinale

DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È IMBUFALITO PER I ‘’COLPI DI FEZ’’ DEL GOVERNO MELONI. A FAR SOBBALZARE LA PRESSIONE ARTERIOSA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SONO STATI I SUOI CONSIGLIERI QUIRINALIZI - QUANDO HA LETTO SUI GIORNALI IL SUO INTERVENTO A LATINA IN OCCASIONE DEL PRIMO MAGGIO, CON LA SEGUENTE FRASE: “TANTE FAMIGLIE NON REGGONO L'AUMENTO DEL COSTO DELLA VITA. SALARI INSUFFICIENTI SONO UNA GRANDE QUESTIONE PER L'ITALIA”, A SERGIONE È PARTITO L’EMBOLO, NON AVENDOLE MAI PRONUNCIATE – PER EVITARE L’ENNESIMO SCONTRO CON IL GOVERNO DUCIONI, MATTARELLA AVEVA SOSTITUITO AL VOLO ALCUNI PASSI. PECCATO CHE IL TESTO DELL’INTERVENTO DIFFUSO ALLA STAMPA NON FOSSE STATO CORRETTO DALLO STAFF DEL COLLE, COMPOSTO DA CONSIGLIERI TUTTI DI AREA DEM CHE NON RICORDANO PIU’ L’IRA DI MATTARELLA PER LA LINEA POLITICA DI ELLY SCHLEIN… - VIDEO

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE AMERIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO