MAL DI COLLE PER RENZI - BERLUSCONI NON VUOLE REGALARE L’ITALICUM A RENZI PRIMA DI AVER BLINDATO IL NOME DEL SUCCESSORE DI NAPOLITANO (IN BALLO C’E’ LA GRAZIA) - E NAPOLITANO IN USCITA NON SCIOGLIEREBBE MAI LE CAMERE

Francesco Bei per “la Repubblica

 

renzi e berlusconi 2 2renzi e berlusconi 2 2

Quanto vale il Colle? Per Berlusconi tanto, tantissimo. Vale per esempio il voto favorevole all’Italicum, con il premio alla lista e tutto il vagone di modifiche — comprese le soglie di sbarramento al 3% salva cespugli — che nel tempo Renzi gli ha attaccato in coda. È il Grande Scambio che in queste ore il leader di Forza Italia ha recapitato a palazzo Chigi.

 

Un accordo politico per abbracciare le due scadenze più importanti della legislatura: la scelta del successore di Napolitano e l’approvazione della nuova legge elettorale. In questo ordine. «Prima concordiamo insieme un nome per il Quirinale — è l’offerta dell’ex Cavaliere — e poi daremo il via libera alla legge elettorale. Anche con il premio alla lista più forte e non alla coalizione». E chi sia secondo lui il nome più adatto per il Colle Berlusconi lo va dicendo da tempo nei colloqui riservati: l’ex presidente del Consiglio Giuliano Amato. Questo è il “deal” sul tavolo. Ma la risposta che arriva da Matteo Renzi è secca e senza alternative. «No grazie». Lo scambio è inaccettabile.

renzi berlusconirenzi berlusconi

 

I tempi della riforma elettorale restano quelli fissati durante l’ultimo incontro a palazzo Chigi. Nessuna deroga, nessun rinvio. «Berlusconi — ha spiegato il premier ai suoi — ha firmato quel comunicato che prevede il voto finale al Senato entro dicembre. Se ci ha ripensato possiamo approvarlo tranquillamente da soli, di certo non possiamo aspettare l’elezione del presidente della Repubblica, che peraltro non so nemmeno quando avverrà». Insomma, se l’offerta di Berlusconi nasconde un tentativo di melina per tenere ancora in commissione la legge elettorale, Renzi minaccia di fare saltare il Nazareno. E con esso anche il gentlemen’s agreement che finora ha governato i rapporti con Arcore.

 

«Berlusconi — insiste il capo del governo — può scegliere se stare dentro i patti e fare il padre costituente. Ed essere coinvolto nelle scelte future. Oppure può restarsene fuori». Il premier non esclude quindi di «coinvolgere» Forza Italia nella scelta del prossimo capo dello Stato. Ma non accetta ricatti impliciti sulla legge elettorale, né scambi al ribasso. Le due cose — Quirinale e Italicum — devono viaggiare su binari separati. Nessuna «contestualità».

 

giorgio napolitanogiorgio napolitano

È chiaro che la fretta di Renzi di approvare prima di Natale l’Italicum rafforza l’idea che il segretario del Pd abbia sempre in testa le elezioni anticipate. Un sospetto che coltivano in molti, anche se il capogruppo Pd Luigi Zanda smentisce che sia questa la prima opzione. «So per certo — confida — che vuole andare avanti. Abbiamo messo in cantiere talmente tanta roba...Finché il parlamento tiene il passo perché dovrebbe far saltare la legislatura? Certo, se tutto si ferma... ».

 

A quel punto, anche con una legge che vale solo per Montecitorio, il premier romperebbe gli indugi e punterebbe alle elezioni con due sistemi differenti: Italicum alla Camera e Consultellum al Senato. Gli esperti elettorali gli hanno infatti spiegato che la legge rimasta in vigore dopo i tagli al Porcellum imposti dalla Consulta è sì proporzionale, ma con una soglia di sbarramento dell’otto per cento.

 

Giuliano Amato Giuliano Amato

E l’effetto concreto di una tagliola così alta sarebbe quello di far crescere i seggi per i partiti più grandi. «La soglia alta imprime una torsione maggioritaria al Consultellum - fa notare una fonte vicina a palazzo Chigi - e lo rende di fatto un quasi-maggioritario». Con un Pd intorno al 40 per cento di voti reali non sarebbe impossibile immaginare di raggiungere il 45-47 per cento. «Salvini vuole andare a votare? Una parte di Forza Italia vuole andare a votare? L’unico che non ci vuole andare e proseguire con le riforme sono io - nicchia Renzi però...».

 

E tuttavia per correre alle elezioni anticipate, Consultellum o meno, serve anzitutto un capo dello Stato disponibile a mandare a casa il parlamento. Una disponibilità che Napolitano ha sempre rifiutato. Posto che il capo dello Stato lascerebbe al suo successore una scelta del genere, anche i tempi remano contro un ritorno alle urne a giugno. Chi, come Pier Ferdinando Casini, frequenta sia palazzo Chigi che il Quirinale spiega infatti, calendario alla mano, quanto possa essere complicato far saltare il banco.

 

pierferdinando casinipierferdinando casini

«Se Napolitano restasse, poniamo, fino a metà febbraio dovremmo calcolare un periodo di “reggenza” di Grasso di un paio di settimane per convocare il parlamento in seduta comune con i delegati regionali. Le votazioni inizierebbero il primo marzo. Poi tra elezione effettiva, giuramento e insediamento, arriviamo a fine marzo. E a quel punto il nuovo capo dello Stato che fa? Per portarci a votare a giugno dovrebbe, come primo atto, sciogliere il parlamento che lo ha appena eletto. Improbabile».

 

Il calendario Casini è realistico. Ma si scontra con la possibilità che la situazione sfugga comunque di mano. Insomma, lo spettro delle elezioni anticipate a giugno è tutt’altro che scomparso. Per questo Forza Italia, come subordinata allo scambio Quirinale- Italicum, sta chiedendo che almeno venga inserita nella riforma elettorale una «norma transitoria » che vincoli l’entrata in vigore della legge all’approvazione della riforma costituzionale del Senato.

 

«La norma transitoria sarebbe la garanzia della buona fede di Renzi — spiega il capogruppo forzista Paolo Romani — . Del resto nel comunicato Renzi-Berlusconi c’è anche scritto che legislatura “dovrà proseguire fino alla scadenza naturale del 2018”. Il patto del Nazareno per noi resta validissimo e in piedi, ma tutto si tiene».

Intanto oggi in commissione affari costituzionali comincia la discussione generale sull’Italicum. Con il Jobs Act in arrivo dalla Camera e le vacanze di Natale ci vorrebbe un miracolo per approvarlo rispettando la tabella di marcia di palazzo Chigi.

 

 

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