gilles roth paschal donohoe pierre gramegna e giancarlo giorgetti

A BRUXELLES CRESCONO LE PRESSIONI PER IL MES. IL NEGOZIATO DIFFICILE DI GIORGETTI SUL NUOVO PATTO DI STABILITA’ - BLOCCARE LA RIFORMA DEL MES NON CONFERISCE ARMI NEGOZIALI AL MINISTRO DELL’ECONOMIA; AL CONTRARIO RISCHIA DI TOGLIERE PESO ALLE SUE PROPOSTE SUL PATTO DI STABILITÀ - IL NODO DEGLI INTERESSI SUL DEBITO. PER L’ITALIA NON SI DOVREBBE TENERE CONTO DELL’IMPATTO DEI PRESTITI DEL PNRR – IL RISCHIO PER L’ITALIA DI TROVARSI NELLA POSIZIONE DEL PAESE DELL’EURO CHE DICE SEMPRE E SOLO DI NO.

Federico Fubini per il Corriere della Sera - Estratti

 

Gilles Roth Paschal Donohoe Pierre Gramegna e Giancarlo Giorgetti

Non sono iniziate in modo semplice, per Giancarlo Giorgetti, le 24 ore a Bruxelles che potrebbero portare anche in Italia nuove regole di bilancio per molti anni a venire. Prima di entrare nel negoziato sul Patto di stabilità, l’Eurogruppo dei ministri finanziari dell’unione monetaria ha ascoltato Pierre Gramegna. L’ex ministro delle Finanze lussemburghese guida il Meccanismo europeo di stabilità (Mes) proprio ora che la sua riforma resta nel limbo: manca la ratifica dell’ultimo Paese, l’Italia. Senza quella, il Mes continua a esistere e può estendere prestiti ai governi; ma il suo fondo di riserva per gestire i dissesti bancari resta inattivo.

 

A chi a Bruxelles guarda al merito dei dossier, sembra difficile da capire. Gramegna ieri non ci ha girato intorno: «Abbiamo ricevuto indicazioni dal ministro italiano che la ratifica sarà discussa in parlamento la prossima settimana», ha riferito. In sostanza Giorgetti ha cercato di rassicurare, dicendo che martedì il Mes sarà di nuovo in agenda alle Camere. Gramegna però ha voluto aggiungere una nota: «Speranze sono state espresse da tanti ministri che questa sarà una settimana di successo per quella ratifica», ha detto. Pochi al tavolo dell’Eurogruppo si illudono che l’Italia esca presto dal suo stato di eccezione e ratifichi. E molti faticano a nascondere il fastidio.

giorgia meloni giancarlo giorgetti raffaele fitto

 

Giorgetti lo sapeva, dall’inizio. Sapeva, ieri sera, che il quadro è all’opposto di come viene descritto in Italia: bloccare la riforma del Mes non conferisce armi negoziali al ministro di Roma; al contrario rischia di togliere peso alle sue proposte sul Patto di stabilità, anche quando queste sono sensate. Ieri sera nel vivo del negoziato il ministro ha ribadito le sue posizioni: «La riduzione del debito dev’essere graduale, realistica e sostenibile», ha detto. Qui il riferimento, molto critico, è a una duplice richiesta tedesca: che i Paesi con un debito superiore al 90% del prodotto lordo lo riducano di almeno l’1,5% del Pil all’anno, più di quelli con un debito inferiore; e che i vincoli di riduzione annua di debito e disavanzo sulla base di obiettivi numerici scattino, di fatto, non appena Paesi come Italia, Francia o Belgio dovessero uscire dalla procedura per deficit eccessivo che potrebbero dover affrontare dall’estate prossima.

giancarlo giorgetti giorgia meloni

 

Giorgetti ha ripetuto anche che le regole di bilancio europee dovrebbero essere «coerenti con gli obiettivi politici di transizione verde e di difesa che ci siamo dati». Anche questo è un punto sensibile. La Francia chiede un trattamento speciale degli investimenti in tecnologie e difesa; l’Italia vuole qualcosa di simile, ma non del tutto: per Giorgetti è importante che dell’impatto dei prestiti del Piano nazionale di ripresa (Pnrr) non si tenga troppo conto se il debito dell’Italia non scendesse come prescritto dalle regole. Ma a questa concessione nelle ultime settimane si era opposta la Germania.

 

Come l’Italia poi anche spagnoli, portoghesi e francesi pensano che il costo degli interessi sul debito — un fattore che i governi non controllano direttamente — vada escluso dai calcoli, quando a Bruxelles si giudica il deficit di un Paese. È un punto fra i più sensibili nel negoziato europeo: il costo da interessi sul debito in Italia sta salendo da 57 miliardi di euro nel 2020 al 103 miliardi di euro nel 2026; in misura minore qualcosa di simile sta avvenendo anche negli altri Paesi a debito più alto. La Germania e vari altri governi sostengono che del peso degli interessi si debba invece tenere conto.

giancarlo giorgetti christine lagarde

 

Di questi temi si è discusso ieri sera fino alle 22:30.

 

(...) Anche perché già quello sul Mes di fatto è un veto: per Giorgetti mettere un secondo veto in solitudine anche sul Patto di stabilità, se mai dovesse servigli, significherebbe mettere l’Italia nella posizione del Paese dell’euro dice sempre e solo di no.

paolo gentiloni giancarlo giorgetti

 

Ultimi Dagoreport

salvini rixi meloni bignami gavio

DAGOREPORT - I FRATELLINI D’ITALIA CI SONO O CI FANNO? SULLA QUESTIONE PEDAGGI, CI FANNO: FINGONO DI CASCARE DAL PERO DI FRONTE ALL’EMENDAMENTO LEGHISTA CHE AUMENTA IL COSTO DELLE AUTOSTRADE, MA SAPEVANO TUTTO DALL’INIZIO. QUELLO DEL CARROCCIO È STATO UN BALLON D’ESSAI PER VEDERE COSA SAREBBE SUCCESSO. MA DI FRONTE ALL’INDIGNAZIONE DI CONSUMATORI E OPPOSIZIONE LA MELONI HA ORDINATO LA RETROMARCIA – ORA IL CETRIOLONE PASSA AI CONCESSIONARI: CHE DIRANNO I VARI TOTO, BLACKSTONE, MACQUARIE E GAVIO DI FRONTE AL FORTE DIMAGRIMENTO DEI LORO DIVIDENDI? – I PIANI ECONOMICI FINANZIARI BLOCCATI E I MOLTI INCROCI DI GAVIO CON IL GOVERNO: HA APPENA VENDUTO 250MILA AZIONI DI MEDIOBANCA, FACENDO UN FAVORE, INDIRETTO A “CALTA” E ALLA SCALATA AL POTERE FINANZIARIO MILANESE PROPIZIATA DALLA FIAMMA MAGICA…

trump zelensky meloni putin

DAGOREPORT - DONALD TRUMP È STATO CHIARO CON ZELENSKY: SE CEDE LE QUATTRO REGIONI OCCUPATE DAI RUSSI, OLTRE LA CRIMEA, A PUTIN, USERÀ IL SUO SÌ PER MINACCIARE MOSCA. SE “MAD VLAD” NON ACCETTA DI CHIUDERE SUBITO IL CONFLITTO, ARMERÀ FINO AI DENTI KIEV – IL TYCOON PUTINIZZATO FINGE DISTANZA DALLO ZAR DEL CREMLINO: "VUOLE ANDARE FINO IN FONDO, CONTINUARE A UCCIDERE, NON VA BENE...". MA È SCHIACCIATO SULLE PRETESE DI MOSCA: HA PROMESSO A PUTIN CHE L’UCRAINA INDIRÀ ELEZIONI UN ATTIMO DOPO IL CESSATE IL FUOCO – LA RISATA DA VACCARO DEL CALIGOLA DI MAR-A-LAGO DI FRONTE ALLA CONFERENZA PER LA RICOSTRUZIONE BY GIORGIA MELONI: MA COSA VUOI RICOSTRUIRE SE C’È ANCORA LA GUERRA?

antonio tajani giorgia meloni neri nero bambini immigrati migranti matteo salvini

DAGOREPORT – AH, TAJANI DELLE MERAVIGLIE! RICICCIARE PER L'ENNESIMA VOLTA LO IUS SCHOLAE E, DOPO UN BATTAGLIERO RUGGITO, RINCULARE SUBITO A CUCCIA (''NON E' LA PRIORITA'"), E' STATO UN FAVORE FATTO A GIORGIA MELONI, DETERMINATA A SEMINARE ZIZZANIA TRA LE FILE LEGHISTE SPACCATE DA VANNACCI, PER CUI UNA PROPOSTA DI LEGGE PER LA CITTADINANZA AI RAGAZZI CHE COMPLETANO GLI STUDI IN ITALIA, E' PEGGIO DI UNA BESTEMMIA SULL'ALTARE - IL MINISTRO DEGLI ESTERI (SI FA PER DIRE: SUGLI AFFARI INTERNAZIONALI DECIDE TUTTO LA STATISTA DELLA GARBATELLA), UNA VOLTA APPOGGIATO IL BIANCO TOVAGLIOLO SUL BRACCIO, SI E' PRESTATO COSI' A SPARARE UN AVVISO A MATTEO SALVINI: SI PREGA DI NON TIRARE TROPPO LA CORDA, GRAZIE!

volodymyr zelensky donald trump vladimir putin

DAGOREPORT – OGGI DONALD TRUMP CHIAMERÀ VOLODYMYR ZELENSKY E GLI PRESENTERÀ “L’OFFERTA” DI PUTIN: “MAD VLAD” VUOLE IL RICONOSCIMENTO DELLE ZONE ATTUALMENTE OCCUPATE DAI SUOI SOLDATI (OLTRE ALLA CRIMEA, CHE CONSIDERA RUSSA DAL 2014). IL PIANO DEL TYCOON È CONVINCERE L’EX COMICO UCRAINO A DARE L’OK, E POI TORNARE DA PUTIN E FINIRE LA GUERRA. CON UNA SOTTESA MINACCIA: SE, NONOSTANTE LE REGIONI ANNESSE, MOSCA CONTINUASSE IL CONFLITTO, A QUEL PUNTO GLI USA SAREBBERO PRONTI A RIEMPIRE DI ARMI KIEV PER FARE IL CULO A STELLE E STRISCE ALLO ZAR DEL CREMLINO - MA QUANTO CI SI PUO' ANCORA FIDARE DELLE PROMESSE DI TRUMP, VISTE LE CAZZATE CHE HA SPARATO FINORA?