renzi juncker

IL CONTO DI RENZI LO PAGA GENTILONI - BRUXELLES LANCIA L’ULTIMATUM ALL’ITALIA: “SERVE UNA MANOVRA CORRETTIVA DI ALMENO 3,4 MILIARDI O ARRIVERÀ UNA PROCEDURA SUL DEFICIT” - PRIMA DEL REFERENDUM JUNCKER AVEVA BATTAGLIATO CON IL BULLETTO E ORA IL GOVERNO DOVRA’ METTERE UNA PEZZA - GIÀ PARTITA LA TRATTATIVA TRA MOSCOVICI E PADOAN

Alberto D’Argenio per “la Repubblica”

 

renzi junckerrenzi juncker

Il discorso era rimasto in sospeso, ma ora Bruxelles chiama: in tempi brevi il governo italiano deve aggiustare i conti pubblici. Servono circa 3,4 miliardi di euro, una manovra bis che vale lo 0,2 per cento del Prodotto interno lordo. La richiesta è piombata su Roma giusto la scorsa settimana e questa volta l’esecutivo non può più rinviare, dovrà mettere mano al portafoglio.

 

Anche perché in caso contrario — la Commissione europea lo ha messo ben in chiaro nei contatti riservati delle ultime ore con il Tesoro — è pronta una procedura d’infrazione per deficit eccessivo a carico dell’Italia per il mancato rispetto della regola del debito. Un commissariamento per diversi anni sulle scelte di politica economica che il governo Gentiloni difficilmente potrà permettersi.

 

GENTILONIGENTILONI

Prima del referendum la polemica tra l’allora premier Matteo Renzi e il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, era stata accesa. Troppo alto il deficit previsto in Legge di Bilancio con inevitabili ricadute negative sul debito. Sfondava la flessibilità — già generosa — segretamente concordata tra i due il 16 settembre 2016 a margine del summit di Bratislava.

 

Ma poi Juncker, che dal suo arrivo a Bruxelles ha cercato di addolcire l’approccio dominante a base di austerità, a metà novembre aveva preferito non bocciare pubblicamente la manovra a pochi giorni dal referendum per evitare di influenzare il processo democratico interno italiano. Così l’ex premier lussemburghese aveva scelto di congelare le decisioni sui conti italiani fino a gennaio.

pier carlo padoan, pierre moscovici e michel sapin 4193e149pier carlo padoan, pierre moscovici e michel sapin 4193e149

 

Ora però quello che diversi dirigenti europei hanno battezzato «il conto di Renzi » deve essere pagato. Con una manovra aggiuntiva chiamata ad aggiustare il deficit strutturale (l’indebitamento al netto delle spese una tantum) di circa di 3,4 miliardi.

 

Secondo le previsioni economiche pubblicate lo scorso autunno da Bruxelles, infatti, il deficit italiano viaggerà intorno al 2,4 per cento del Pil, due decimali al di sopra del target concordato a Bratislava e di quello che la Commissione considera il tetto massimo per evitare una micidiale bocciatura dell’Italia da parte dell’Eurogruppo, il tavolo dei ministri delle Finanze della moneta unica dominato dai rigoristi Dijsselbloem e Schaeuble.

JIRKY 
KATAINEN 
JIRKY KATAINEN

 

Un giudizio questa volta condiviso da tutti a Bruxelles, dalle colombe come Juncker e il suo responsabile agli Affari economici Pierre Moscovici fino ai falchi come i vicepresidenti della Commissione Katainen e Dombrovskis. Concordi nel voler scartare il rischio di essere sconfessati dall’Eurogruppo con il risultato di far precipitare comunque l’Italia in procedura d’infrazione e di distruggere la credibilità di Juncker e dell’intera Commissione.

 

DombrovskisDombrovskis

Oltretutto dal 4 dicembre a Bruxelles si respira delusione per le infinite aperture di credito concesse a Renzi, non solo sui conti, e non sfruttate al meglio dal governo italiano. A Roma lo sanno, il negoziato riservato tra Padoan e Moscovici per ridurre l’entità della manovra bis è già partito, ma il governo è consapevole che questa volta la correzione dovrà esserci e più di tanto il conto non potrà essere ridotto.

 

Oltretutto anche con l’aggiustamento del deficit strutturale nel 2017 il governo porterebbe a casa quasi 7 miliardi di flessibilità rispetto ai target concordati con la Ue lo scorso maggio, sconto che si aggiunge ai 19 miliardi sottratti al risanamento nel 2015-2016 sempre con il benestare di Juncker.

 

il palazzo della commissione europea a bruxelles il palazzo della commissione europea a bruxelles

Tra l’altro la Commissione a novembre ha già fatto ampie concessioni a Roma rispetto alle regole approvate dai governi sul fronte delle spese per i migranti e per la ricostruzione delle zone colpite dal terremoto. Atteggiamento benigno per non danneggiare Renzi a pochi giorni dal referendum e non soffocare la ripresa dell’economia italiana benedetto da Angela Merkel già lo scorso agosto nelle occasioni di incontri bilaterali con l’allora premier prima a Ventotene e poi a Maranello.

 

Più incisiva può essere invece la trattativa sui tempi. Bruxelles — questo sì su spinta dei falchi — la scorsa settimana ha chiesto al governo italiano un chiarimento e un impegno pubblico a correggere i conti entro il primo febbraio, giorno in cui la Commissione pubblicherà le previsioni economiche di inverno con le quali intende tirare le somme sull’Italia.

 

il quartiere di bruxelles con parlamento e commissione europea il quartiere di bruxelles con parlamento e commissione europea

Roma invece cerca di ottenere più tempo per definire un intervento che si annuncia per Gentiloni e Padoan politicamente delicato, anche se sembra difficile andare oltre il mese di marzo. Basti pensare che Katainen e Dombrovskis premevano perché l’Italia approvasse la manovra almeno in Consiglio dei ministri su due piedi, in 15 giorni, entro la fine di gennaio.

 

La correzione comunque sarà meno pesante dei cinque miliardi adombrati lo scorso novembre da Bruxelles. La Commissione infatti ha mantenuto la parola: dopo la vittoria del No al referendum dietro le quinte aveva fatto sapere alle istituzioni italiane che Roma sarebbe stata trattata bene se Padoan — considerato il garante della tenuta dei conti italiani — fosse diventato premier o quantomeno avesse conservato la poltrona al Tesoro.

 

Tra l’altro nel conto presentato dall’esecutivo comunitario non sono entrati i 20 miliardi messi a disposizione dal governo per salvare Monte dei Paschi di Siena e le altre banche in difficoltà: visto che la cifra è stata autorizzata dalla Commissione europea viene considerata una spesa una tantum e non incide sul deficit strutturale.

Ultimi Dagoreport

john elkann donald trump

DAGOREPORT – ITALIA, BYE BYE! JOHN ELKANN NON NE PUÒ PIÙ DI QUESTO DIGRAZIATO PAESE CHE LO UMILIA SBATTENDOLO PER 10 MESI AI "SERVIZI SOCIALI", COME UN BERLUSCA QUALSIASI, E STUDIA LA FUGA NEGLI STATI UNITI - PRIMA DI SPICCARE IL VOLO TRA LE BRACCIA DEL SUO NUOVO IDOLO, DONALD TRUMP, YAKI DEVE LIBERARSI DELLA “ZAVORRA” TRICOLORE: CANCELLATA LA FIAT, TRASFORMATA IN UN GRUPPO FRANCESE CON SEDE IN OLANDA, GLI RESTANO DUE GIORNALI, LA FERRARI E LA JUVENTUS – PER “LA STAMPA”, ENRICO MARCHI È PRONTO A SUBENTRARE (MA PRIMA VUOLE SPULCIARE I CONTI); PER “REPUBBLICA”, IL GRECO KYRIAKOU È INTERESSATO SOLO ALLE REDDITIZIE RADIO, E NON AL GIORNALE MANGIASOLDI E POLITICAMENTE IMPOSSIBILE DA GOVERNARE) - DOPO IL NO DI CARLO FELTRINELLI, SAREBBERO AL LAVORO PER DAR VITA A UNA CORDATA DI INVESTITORI MARIO ORFEO E MAURIZIO MOLINARI – SE IL CAVALLINO RAMPANTE NON SI TOCCA (MA LA SUA INETTA PRESIDENZA HA SGONFIATO LE RUOTE), PER LA JUVENTUS, ALTRA VITTIMA DELLA SUA INCOMPETENZA, CI SONO DUE OPZIONI IN BALLO…

silvia salis giorgia meloni elly schlein matteo renzi

DAGOREPORT - IN ITALIA, DOPO TANTI OMETTI TORVI O INVASI DI VANITÀ, SI CERCANO DONNE FORTI. DONNE COL PENSIERO. DONNE CHE VINCONO. E, NATURALMENTE, DONNE IN GRADO DI COMANDARE, CAPACI DI TENER TESTA A QUELLA LADY MACBETH DELLA GARBATELLA CHE DA TRE ANNI SPADRONEGGIA L’IMMAGINARIO DEL 30% DEGLI ELETTORI, ALIAS GIORGIA MELONI - IERI SERA ABBIAMO ASSISTITO ATTENTAMENTE ALLA OSPITATA DI SILVIA SALIS A “OTTO E MEZZO”, L’EX LANCIATRICE DI MARTELLO CHE DALLA LEOPOLDA RENZIANA E DAL CONI DELL’ERA MALAGÒ HA SPICCATO IL VOLO NELL’OLIMPO DELLA POLITICA, SINDACO DI GENOVA E SUBITO IN POLE COME LEADER CHE SBARACCHERÀ ELLY SCHEIN E METTERÀ A CUCCIA LA CRUDELIA DE MON DI COLLE OPPIO - DOPO MEZZ’ORA, PUR SOLLECITATA DA GRUBER E GIANNINI, CI SIAMO RITROVATI, ANZICHÉ DAVANTI A UN FUTURO LEADER, DAVANTI A UNA DONNA CHE DAREBBE IL PREMIO NOBEL PER LA LETTERATURA ALL'AUTORE DE "IL MANUALE DELLA PERFETTA GINNASTICATA" - ECCITANTE COME UN BOLLETTINO METEO E LA PUBBLICITÀ DI TECHNO-GYM, MELONI PUO' DORMIRE SONNI TRANQUILLI - VIDEO

italo bocchino giorgia arianna meloni

DAGOREPORT – PER QUANTO SI SBATTA COME UN MOULINEX IMPAZZITO, ITALO BOCCHINO NON RIESCE A FARSI AMARE DALLA FIAMMA MAGICA DI GIORGIA MELONI: LUI SI PRODIGA NELL'OSPITATE TELEVISIVE CON LODI E PEANA ALLA STATISTA DELLA SGARBATELLA, MA È TUTTO INUTILE: TROPPO CHIACCHIERATO E CON UN GIRO DI AMICIZIE DISCUTIBILI, L'EX DELFINO DI FINI NON ENTRA A ''PA-FAZZO CHIGI'' – LE SUE DICHIARAZIONI SIBILLINE SUL CASO GHIGLIA NON L’HANNO AIUTATO: HA SPECIFICATO, NON A CASO, CHE IL SUO INCONTRO CON  IL COMPONENTE DEL GARANTE DELLA PRIVACY ALLA SEDE DI FDI È DURATO “VENTI MINUTI AL MASSIMO”, METTENDO IN DIFFICOLTÀ ARIANNA MELONI – SE È TANTO "IMPRESENTABILE", PERCHÉ NON LO CACCIANO DA DIRETTORE EDITORIALE DEL "SECOLO D'ITALIA"? SAREBBE UN GIOCO DA RAGAZZI ESTROMETTERLO. MA QUANTI SEGRETI CONOSCE L’EX SANCHO PANZA DI FINI, APPASSIONATO DI INTELLIGENCE E VICINO A LOBBISTI CONSIDERATI IMPRESENTABILI DALLA FIAMMA MAGICA DELLA MELONA? - VIDEO

giovambattista fazzolari roberto carlo mele

FLASH – I DAGO-LETTORI HANNO FATTO IL LORO DOVERE: HANNO SCOPERTO L'IDENTITÀ DELL’UOMO CHE DUE GIORNI FA ERA ATTOVAGLIATO CON GIOVAMBATTISTA FAZZOLARI DA “VITTI”, A PIAZZA SAN LORENZO IN LUCINA. SI TRATTEREBBE DI ROBERTO CARLO MELE, ESPONENTE DI SPICCO DI FRATELLI D’ITALIA (FIGURA NELL'ESECUTIVO DEL PARTITO COME SEGRETARIO AMMINISTRATIVO). COME “FAZZO”, DEVE AMARE MOLTO LA RISERVATEZZA, VISTO CHE ONLINE NON SI TROVANO SUE FOTO – ANCHE “L’UOMO PIÙ INTELLIGENTE” CHE CONOSCE GIORGIA MELONI (PENSA GLI ALTRI), SEMPRE RESTIO AI SALOTTI, HA FATTO IL SUO INGRESSO UFFICIALE NELLA ROMANELLA POLITICA DEL “FAMOSE DU’ SPAGHI”…

giorgia meloni donald trump al sisi

FLASH! - LA BOCCIATURA DEL PONTE SULLO STRETTO DA PARTE DELLA CORTE DEI CONTI HA FATTO SALTARE I NERVI NON SOLO A SALVINI MA SOPRATTUTTO ALLA MELONI – LA PREMIER, CHE SI ERA SPESA MOLTO IN EUROPA PER LA REALIZZAZIONE DEL PONTE, SI È TALMENTE INCAZZATA (“E’ L’ENNESIMO ATTO DI INVASIONE DE GIUDICI SULLE SCELTE DEL GOVERNO”) CHE HA CANCELLATO IL VIAGGIO AL CAIRO DI SABATO PER L’INAUGURAZIONE DEL MUSEO GEM - ALLA NOTIZIA CHE AL POSTO DELLA STATISTA, SBARCA IL FARAONE GIULI, ANCHE AL SISI NON L’HA PRESA PER NIENTE BENE…