IL BULLONAIRE RENZI, DA ROTTAMATORE AD ASFALTATORE DI LETTA: “PER AGGIUSTARE IL PAESE NON BASTA IL CACCIAVITE” (MEGLIO LA RUSPA)

Federico Geremicca per "La Stampa"

Dice: «Io non tramo contro il governo, è perfino offensivo che lo si dica. Io sono quello delle battaglie a viso aperto, non degli agguati di nascosto. Guardi, sto tornando da Vienna, dal "Business of Luxury Summit", dove ho spiegato che l'Italia sta cambiando, che ha un governo serio ed è un Paese dove si può tornare a investire». Pausa: «E mi dicono che tramo contro Letta». Pausa più lunga: «Sia chiara una cosa: io non tramo, ma non tremo. E visto che di qualunque cosa parlo mi sparano addosso, allora chiedo: se vogliono farmi la guerra loro, me lo dicano. Così mi regolo...».

«Loro» sarebbe il Pd: e quante volte, già durante le primarie, Bersani aveva polemizzato con Renzi per questo «noi» (i renziani) e «loro» (i democratici)... Eppure, è proprio per sostenere i candidati democratici ai ballottaggi che il sindaco di Firenzi, dopo la Direzione di ieri, si sottopone oggi a un nuovo tour de force: Brescia, Lodi, Salsomaggiore, Viareggio... Insomma: magari è pungente, sfuggente, ma non si tira indietro. E del resto, potrebbe essere un bel problema - per il Pd - un Renzi che dicesse «sapete che c'è, mi ricandido a Firenze, a Roma sbrogliatevela voi...». Infatti, anche l'ultimo sondaggio Demopolis per La7 sul premier che gli italiani vorrebbero dopo il governo di larghe intese, è inequivoco: Renzi 37%, Letta 20%, Berlusconi 18%...

Naturalmente, è vero: non è facile tenersi in casa uno come Matteo Renzi. Si prenda questa faccenda della sua ipotetica candidatura alla segreteria del Pd: ieri, prima dell'inizio della Direzione, lo attendevano in tanti ed era tutto un fiorire di «non può fare il misterioso», «ora deve dirci se si candida o no», «il Pd non può aspettare in eterno le sue scelte» e via discorrendo. Presupponendo, ovviamente, che Renzi sappia cosa fare. È molto probabile, invece, che non lo sappia affatto. Ed in fondo è comprensibile. Di fronte, infatti, ha due possibili partite (per la guida del Pd e per la premiership) delle quali non si conoscono i tempi, le regole e perfino i giocatori. Decidere, insomma, non è davvero semplicissimo: senza contare che in primavera ci sarebbero anche delle elezioni a Firenze...

È anche per questo che ieri è stato nuovamente evasivo sul tema («Ci sono questioni più importanti della mia candidatura a segretario»), tenendo piuttosto a far sapere che il clima che si sta creando attorno a lui non gli piace granchè. «Da dopo quella faccenda della mozione di Giachetti - lamenta qualunque cosa dica mi danno addosso. Sta diventando fastidioso... Senza contare che non vedo il vulnus, considerato che questi famosi "renziani" messi subito all'indice, poi in aula hanno disciplinatamente votato col gruppo Pd».

Non gli piace l'aria che tira. E forse non gli piace neppure un certo clima da «non disturbare il manovratore» che gli pare aleggiare lungo l'asse governo-Pd. «Se dire una banalità tipo "se il governo fa, dura; altrimenti va a casa" significa attaccare Letta, allora siamo alle barzellette. Qui la questione è semplice: qualunque governo ha un senso se realizza cose, non se vivacchia. E a proposito delle cose da realizzare, io credo che il punto centrale sia: per cambiare questo Paese basta il cacciavite o ci vuole la ruspa? Enrico pensa che un cacciavite sia sufficiente, io credo che occorra fare di più».

Ma questo, sia chiaro, non è un attacco al governo: «Io non ho alcuna intenzione - chiarisce Renzi - di fare la guerra a Enrico, ci mancherebbe. Così come non è che, da ragazzino, la notte sognassi di fare il segretario del Pd. Quindi stiano tutti più sereni, e vedremo nelle prossime settimane le cose da fare. Ma la pre-condizione è che finisca questa specie di tiro al bersaglio che parte appena io apro bocca: perchè, se devo dire la verità, sto cominciando a rompermi i... E non credo che a loro convenga».

«Loro». Di nuovo «loro». Ma del resto - annota Renzi - lui si sente spesso trattato come «uno che sta fuori», uno da cui guardarsi. È accaduto, in fondo, anche per la nuova segreteria nominata da Epifani. «Lo sapete: l'unica cosa che chiedevo, era di poter avere per un deputato a me vicino la guida del dipartimento organizzazione - racconta -. Il segretario ha detto no, e io gli ho replicato "nessun problema, resto fuori da tutto"... Epifani si è preoccupato ed è finita come è finita».

Luca Lotti, però, non avrà l'organizzazione. Così come Roberto Reggi (coordinatore delle primarie) non entrò al governo e a Giuliano da Empoli fu negato un ruolo da sottosegretario alla Cultura... «Noi» e «loro», insomma. Dove «noi» - i renziani sono senz'altro inafferrabili e scaltri. Ma non scherzano nemmeno «loro» - i democratici - quando si tratta di consumare rivincite e piccole vendette...

 

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