MAFIA DI STATO - I PM CHE INDAGANO SULLE TRATTATIVE FRA STATO E CRIMINALITÀ ORGANIZZATA SONO CHIARI: DA VENT’ANNI, CON LA SCUSA DELLA RAGION DI STATO, LE ISTITUZIONI COPRONO GLI ACCORDI STIPULATI CON I BOSS DI COSA NOSTRA ALL’EPOCA DELLE STRAGI - RIINA & CO. HANNO RICATTATO IL BANANA APPENA INSEDIATOSI A PALAZZO CHIGI SERVENDOSI DI DELL’UTRI...

Giovanni Bianconi per il "Corriere della Sera"

C'entra la caduta del Muro di Berlino, «la "grande madre" di una catena di eventi». C'entrano «l'eccesso di tassazione e l'utilizzazione distorta della spesa pubblica», che provocò la «rivolta della borghesia commerciale e della piccola imprenditoria» al Nord. C'entrano le inchieste di Manipulite e persino Licio Gelli, che con la sua «inusuale collaborazione giudiziaria» contribuì alla «eliminazione politica» del ministro Martelli, «percepito come un ostacolo».

Fu anche a causa di questa concatenazione di fatti che prese forma la «scellerata trattiva» tra lo Stato e la mafia al tempo delle stragi, divisa in tre distinte fasi: cominciata nel '92 all'indomani della sentenza definitiva del maxiprocesso a Cosa nostra, quando governavano ancora Andreotti e la Dc; proseguita nel 1993 durante il governo «tecnico» presieduto da Carlo Azeglio Ciampi; culminata nel '94 con l'esecutivo guidato da Silvio Berlusconi, quando si realizzò la «definitiva saldatura del nuovo patto di coesistenza Stato-mafia, senza il quale Cosa Nostra non avrebbe potuto sopravvivere e traghettare dalla Prima alla Seconda Repubblica».

La sintesi dell'indagine della Procura di Palermo è contenuta in una memoria di 22 pagine inviata ieri al giudice dell'udienza preliminare Piergiorgio Morosini, l'ultimo atto d'accusa sottoscritto dal procuratore aggiunto Ingroia prima di partire per il Guatemala. Insieme alla sua firma ci sono quelle dei quattro pubblici ministeri che restano a sostenere l'accusa: Lia Sava, Nino Di Matteo, Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia.

Il documento riassume il processo e chiarisce i singoli capi d'imputazione per i dodici imputati di cui è stato chiesto il rinvio a giudizio (più qualche indagato nell'inchiesta stralcio). E che conferma che restano vaste zone d'ombra, dovute ai «tanti, troppi, depistaggi e reticenze, spesso di fonte istituzionale».

Scrivono i pm: «Questo ufficio è consapevole che non si è del tutto rimossa quella forma di grave amnesia collettiva della maggior parte dei responsabili politico-istituzionali dell'epoca, durata vent'anni, che avrebbe dovuto arrestarsi, se non di fronte alla drammaticità dei fatti del biennio terribile '92-93, quanto meno di fronte alle risultanze che confermavano l'esistenza di una trattativa ed il connesso, seppur parziale, cedimento dello Stato».

Dopo il delitto Lima (12 marzo '92), «prima esecuzione della minaccia rivolta verso il governo e in particolare il presidente del Consiglio Giulio Andreotti», con le stragi il ricatto si estende dai singoli uomini politici alle istituzioni in generale.

«È il momento in cui irrompe sulla scena una male intesa, e perciò mai dichiarata, Ragion di Stato che fornisce apparente legittimazione alla trattativa e coinvolge sempre più ampi e superiori livelli istituzionali», accusano i pm. Che rivendicano il lavoro svolto citando una frase dell'attuale presidente del Consiglio Mario Monti, pronunciata nel ventennale dell'eccidio di Capaci: «L'unica vera Ragione di Stato è quella verità che questo Ufficio non ha mai smesso, e mai smetterà, di cercare».

Gli imputati si dividono in due grandi gruppi. Da un lato i mafiosi (Riina, Provenzano, Bagarella, Brusca e il «postino» Nino Cinà), che dopo l'omicidio Lima recapitarono il famoso «papello» con le richieste per interrompere le stragi. I loro «minacciosi messaggi» proseguirono con le bombe del '93, finché nel '94 «fecero recapitare al governo presieduto dall'on. Berlusconi l'ultimo messaggio intimidatorio prima della stipula definitiva del patto politico-mafioso». Così «la lunga e travagliata trattativa trovò finalmente il suo approdo nelle garanzie assicurate dal duo Dell'Utri-Berlusconi».

Il fondatore di Forza Italia, così come gli altri capi di governo, non risponde di alcun reato; semmai è considerato parte lesa, in quanto vittima del ricatto. Al contrario, i sospetti intermediari istituzionali (i parlamentari Mannino e Dell'Utri, e i tre ex carabinieri del Ros Subranni, Mori e De Donno) «sono tutti accusati di aver fornito un consapevole contribuito alla realizzazione della minaccia» per aver svolto «il ruolo di consapevoli mediatori fra i mafiosi e la parte sottoposta a minaccia, quasi fossero gli intermediari di un'estorsione. Con l'aggravante che il soggetto "estorto" è lo Stato e l'oggetto dell'estorsione è il condizionamento dell'esercizio dei pubblici poteri». Di qui l'imputazione, per loro come per i boss, di «violenza o minaccia a un Corpo politico».

All'appello mancano almeno due imputati che nel frattempo sono morti: Vincenzo Parisi e Francesco Di Maggio, all'epoca capo della polizia e vice direttore generale delle carceri, «che agendo entrambi in stretto rapporto con l'allora presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, contribuirono al deprecabile cedimento sul tema del 41 bis».

Il riferimento è alla mancata proroga del trattamento del «carcere duro» per oltre trecento detenuti, tra i quali alcuni mafiosi. Secondo la Procura l'impulso arrivò proprio da Di Maggio «uomo fidato dei Servizi di sicurezza e da sempre legato al Ros dei carabinieri, con l'avallo che gli derivava anche dai rapporti con il capo dello Stato Scalfaro, a sua volta influenzato da Parisi». L'ex capo della polizia e Mori vengono dipinti come «gli uomini-cerniera che divennero uomini-artefici della trattativa, decisivi nel garantire l'adempimento degli accordi presi».

Sempre nella ricostruzione della Procura Scalfaro è considerato il regista di altri passaggi-chiave: dall'avvicendamento tra Scotti e Mancino al Viminale a quello tra Martelli e Conso alla Giustizia, fino al cambio della guardia al vertice dei penitenziari, tra Nicolò Amato e il duo Capriotti-Di Maggio. Su Conso e Mancino, accusano i pm, «si è acquisita la prova di una grave e consapevole reticenza». Il primo sulla sua nomina a ministro dell'Interno e sulla consapevolezza dei contatti tra i carabinieri e Vito Ciancimino; il secondo sulla decisione di non prorogare alcuni decreti «41 bis» nell'autunno 1993.

 

DELLUTRI E BERLUSCONI Berlusconi bacia Dell'UtriToto RiinaBERNARDO PROVENZANOBagarellaGIOVANNI BRUSCAMORI Il Capitano dei Carabinieri De Donno Caso Totò RiinaCALOGERO MANNINO

Ultimi Dagoreport

marina pier silvio berlusconi giorgia meloni antonio tajani quirinale alfredo mantovano

DAGOREPORT - NON CI SARÀ ALCUNA ROTTURA TRA MARINA E PIER SILVIO: NONOSTANTE LA NETTA CONTRARIETÀ ALLA DISCESA IN POLITICA DEL FRATELLINO, SE DECIDESSE, UN GIORNO, DI PRENDERE LE REDINI DI FORZA ITALIA, LEI LO SOSTERRÀ. E L’INCONTRO CON LA CAVALIERA, SOLLECITATO DA UN ANTONIO TAJANI IN STATO DI CHOC PER LE LEGNATE RICEVUTE DA UN PIER SILVIO CARICATO A PALLETTONI, È SALTATO – LA MOLLA CHE FA VENIRE VOGLIA DI EMULARE LE GESTA DI PAPI E DI ‘’LICENZIARE’’ IL VERTICE DI FORZA ITALIA È SALTATA QUANDO IL PRINCIPE DEL BISCIONE HA SCOPERTO IL SEGRETO DI PULCINELLA: TAJANI SOGNA DI DIVENTARE PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA NEL 2029, INTORTATO DA GIORGIA MELONI CHE HA PROMESSO I VOTI DI FRATELLI D’ITALIA. UN SOGNO DESTINATO A SVANIRE QUANDO L’EX MONARCHICO SI RITROVERÀ COME CANDIDATO AL QUIRINALE UN ALTRO NOME CHE CIRCOLA NEI PALAZZI DEL POTERE ROMANO, QUELLO DI ALFREDO MANTOVANO…

giorgia meloni alfredo mantovano francesco lollobrigida carlo nordio andrea giambruno

DAGOREPORT - NON SI PUO' DAVVERO MAI STARE TRANQUILLI: MANTOVANO, IL SAVONAROLA DI PALAZZO CHIGI – D'ACCORDO CON GIORGIA MELONI, PRESA LA BACCHETTA DEL FUSTIGATORE DI OGNI FONTE DI ''DISSOLUTEZZA'' E DI ''DEPRAVAZIONE'' SI È MESSO IN TESTA DI DETTARE L’ORTODOSSIA MORALE  NON SOLO NEL PARTITO E NEL GOVERNO, MA ANCHE SCONFINANDO NEL ''DEEP STATE''. E CHI SGARRA, FINISCE INCENERITO SUL "ROGO DELLE VANITÀ" - UN CODICE ETICO CHE NON POTEVA NON SCONTRARSI CON LA VIVACITÀ CAZZONA DI ALCUNI MELONIANI DI COMPLEMENTO: CI SAREBBE LO SGUARDO MORALIZZATORE DI MANTOVANO A FAR PRECIPITARE NEL CONO D’OMBRA PRIMA ANDREA GIAMBRUNO E POI FRANCESCO LOLLOBRIGIDA – IL PIO SOTTOSEGRETARIO PERÒ NON DORME SONNI TRANQUILLI: A TURBARLI, IL CASO ALMASRI E IL TURBOLENTO RAPPORTO CON I MAGISTRATI, MARTELLATI A TUTTA CALLARA DA RIFORME E PROCURE ALLA FIAMMA...

pier silvio berlusconi silvia toffanin

L’IMPRESA PIÙ ARDUA DI PIER SILVIO BERLUSCONI: TRASFORMARE SILVIA TOFFANIN IN UNA STAR DA PRIMA SERATA - ARCHIVIATA LA FAVOLETTA DELLA COMPAGNA RESTIA ALLE GRANDI OCCASIONI, PIER DUDI HA AFFIDATO ALL'EX LETTERINA DELLE SUCCULENTI PRIME SERATE: OLTRE A “THIS IS ME”, CON FASCINO E MARIA DE FILIPPI A MUOVERE I FILI E SALVARE LA BARACCA, C'E' “VERISSIMO” CHE OCCUPERÀ TRE/QUATTRO PRIME SERATE NELLA PRIMAVERA 2026. IL PROGRAMMA SARÀ PRODOTTO DA RTI E VIDEONEWS CON L’OK DELLA FASCINO A USARE LO “STUDIO-SCATOLA" UTILIZZATA DA MAURIZIO COSTANZO NEL FORMAT “L’INTERVISTA” - COSA C'E' DIETRO ALLE MANOVRE DI PIER SILVIO: E' LA TOFFANIN A COLTIVARE L'AMBIZIONE DI DIVENTARE LA NUOVA DIVA DI CANALE 5 (CON I CONSIGLI DELLA REGINA DE FILIPPI) O È LA VOLONTÀ DEL COMPAGNO DI INCORONARLA A TUTTI I COSTI, COME UN MIX DI LILLI GRUBER E MARA VENIER? 

wang

DAGOREPORT - CICLONE WANG SUL FESTIVAL DI RAVELLO! - PERCHÉ NEGARLO? E' COME VEDERE GIORGIA MELONI COL FAZZOLETTO ROSSO AL COLLO E ISCRITTA ALL’ASSOCIAZIONE DEI PARTIGIANI - YUJA WANG, LA STELLA PIU' LUMINOSA DEL PIANISMO CLASSICO, ENTRA IN SCENA STRIZZATA IN UN VESTITINO DI PAILLETTES CHE SCOPRE LE COSCE FINO ALL'INGUINE, TACCHI “ASSASSINI” E LA SCHIENA NUDA FINO ALL’OSSO SACRO. MA NON STIAMO ASSISTENDO ALLE SCIOCCHEZZE DA DISCOTECA DI CERTE “ZOCCOLETTE” DEL POP IN PREDA A SFOGHI DI TETTE, SCARICHI DI SEDERONI, SCONCEZZE DA VESPASIANO; NO, SIAMO NEL MONDO AUSTERO E SEVERO DEI CONCERTI DI “CLASSICA”: RACHMANINOFF, PROKOFIEV, MOZART, CHOPIN, CAJKOVSKIJ. MA ALLA WANG BASTA UN MINUTO PER FAR “SUONARE” LE COSCE DESNUDE METTENDOLE AL SERVIZIO DELLE EMOZIONI E DELL’INTERPRETAZIONE MUSICALE, CONFERMANDO IN PIENO LE PAROLE DI LUDWIG VON BEETHOVEN: “LA MUSICA È LA MEDIATRICE TRA LA VITA SPIRITUALE E LA VITA SENSUALE” - VIDEO