VERSO LA CATASTROFE - "VOGLIONO FARMI FUORI. APPROFITTARE DEL PROSSIMO TRACOLLO IN BORSA E CAVALCARE LA VALANGA DI FANGO CHE STA PER RIEMERGERE CON LE NUOVE INTERCETTAZIONI PER TOGLIERMI DI MEZZO" - IL CAVALIER SCOPONI POTREBBE ESSERE PRESTO SCARICATO DA NAPOLITANO: MANDATO ESPLORATIVO A SCHIFANI PER UN ESECUTIVO DI EMERGENZA NAZIONALE…
Carmelo Lopapa per "la Repubblica"
«Vogliono farmi fuori. Approfittare del prossimo tracollo in borsa e cavalcare la valanga di fango che sta per riemergere con le nuove intercettazioni per togliermi di mezzo». Chi ha sentito ieri il presidente del Consiglio - assediato in quel bunker di Arcore che non quasi ha mai di fatto lasciato, nella più grigia delle sue estati - si è imbattuto in un leader sconfortato. à la vigilia di una settimana di fuoco. E su Palazzo Chigi aleggia di nuovo il fantasma di un governo tecnico o istituzionale.
Il presidente è «determinato a resistere, ma un po´ nel pallone» confida in serata uno dei dirigenti pidiellini che ha avuto modo di parlargli. à la molteplicità delle emergenze - finanziaria, politica, giudiziaria - a far precipitare Silvio Berlusconi in uno stato di cupa incertezza. E il corteo di economisti, tecnocrati, grandi manager che da Cernobbio hanno invocato l´avvento di un governo d´emergenza non hanno contribuito certo a rasserenarlo.
«Non l´avranno vinta, sbarreremo la strada a qualsiasi soluzione tecnica», va ripetendo il premier. Tuttavia, dalle parole di Napolitano di sabato ha raccontato ai suoi di sentirsi rassicurato fino a un certo punto: il governo non si tocca finché ha la maggioranza in aula, se quel presupposto viene meno, nulla è scontato, tanto meno le urne. A tranquillizzare ancor meno l´inquilino di Arcore le voci in libertà che stanno circolando all´interno del partito negli ultimi due giorni.
La prospettiva, cioè - nel caso la crisi finanziaria dovesse precipitare - che il Quirinale affidi l´incarico per un esecutivo di emergenza alla seconda carica dello Stato, al presidente del Senato Schifani. Soluzione istituzionale, almeno per una "esplorazione", che per di più investirebbe uno dei politici di più stretta fiducia di Silvio Berlusconi. Sarebbe difficile a quel punto trovare argomenti validi per opporsi. I fedelissimi per ora erigono barricate contro il governo d´emergenza. Dal ministro Brunetta, a Cicchitto, a Napoli, a Corsaro.
Intanto, la manovra passa l´esame in commissione al Senato ed è pronta per l´aula, da domani. Ma il Cavaliere non guarda affatto con serenità alla riapertura dei mercati di stamattina. C´è apprensione. Il consiglio direttivo della Banca centrale europea si riunirà giovedì per decidere se proseguire o meno nell´acquisto dei titoli pubblici italiani. E questo lunedì segue la botta del -4 per cento del venerdì nero. Un clima complessivo che alimenta incertezza e potrebbe aprire varchi all´insidia speculazione. Senza tener conto dello sciopero generale di domani indetto dalla Cgil.
Ecco perché tremano i polsi, in queste ore, agli uomini più vicini al premier. Ancor pià ai ministri leghisti. Sono stati gli unici, Calderoli e Maroni, in questo week end di ansia, a invitare gli alleati a concentrarsi sui prossimi sei mesi, piuttosto che rilanciare improbabili ricandidature di Berlusconi per il 2013. Vivere alla giornata, insomma, perché non è detto che l´avventura sia di lungo respiro. A Berlusconi tutto questo è assai chiaro. Convinto tuttavia di riuscire anche stavolta nell´impresa.
«Abbiamo ancora una maggioranza in Parlamento - incoraggia capigruppo e ministri, al telefono - basterà approvare la manovra nelle prossime due settimane e tornerà il sereno». Questa volta tuttavia molto dipenderà anche da quel che accadrà fuori dal Palazzo. A Piazza Affari e non solo. Contraccolpi pesanti - è il timore nell´entourage ristretto del premier - potrebbero arrivare da Bari, dove martedì la Procura chiude l´inchiesta sull´affaire escort e Tarantini.
Un passaggio che porterà all´inevitabile deposito delle intercettazioni destinate a riaccendere i riflettori sulla vita privata e i possibili condizionamenti del Cavaliere. Nella concomitanza con la crisi, neanche a dirlo, lui intravede l´«ennesimo tentativo dei pm di farmi fuori». Ma ormai i mostri del videogame - per usare una metafora cara a Tremonti - non sono solo i magistrati.




