POLITICA BANCARIA: ASSUMERE POLITICI - IL NUOVO PRESIDENTE DELL’ABI E’ UNA RELIQUIA DELLA PRIMA REPUBBLICA - ANTONIO PATUELLI, EX VICESEGRETARIO DEL PARTITO LIBERALE, EX SOTTOSEGRETARIO DI CIAMPI, AL POSTO DI MUSSARI - E’ PRESIDENTE DELLA CASSA DI RISPARMIO DI RAVENNA, CHE TAGLIA I CREDITI ALLE IMPRESE - DOVREBBE ESSERE LUI A RECIDERE IL LEGAME TRA POLITICA E BANCHE? MA FATECI IL PIACERE…

Giorgio Meletti per il "Fatto quotidiano"

Il presidente del Monte dei Paschi di Siena ha salutato la designazione di Antonio Patuelli alla presidenza dell'Abi (Associazione bancaria italiana) con parole definitive: "È la persona adatta". Mettiamo subito da parte i dubbi che potrebbe suscitare la benedizione proveniente dal grande banchiere che fu sponsor principale del predecessore di Patuelli, Giuseppe Mussari, dimissionario in seguito alle notizie sulle sue acrobazie finanziarie pubblicate dal Fatto.

E veniamo al punto: Patuelli è davvero la persona adatta. Infatti il mondo del credito, sconvolto dalle polemiche sul caso Montepaschi, e investito dall'unanime richiesta di tagliare il cordone ombelicale tra banche e politica, ha reagito in modo tempestivo e inflessibile, nominando alla presidenza l'ex vicesegretario del Partito liberale italiano, ex deputato per due legislature, ex sottosegretario alla Difesa nel governo Ciampi (1993-1994), e oggi presidente della Cassa di Risparmio di Ravenna, antico feudo liberale.

Patuelli rivendica di essere lontano dalla politica da vent'anni, e infatti incassa il vitalizio da ex parlamentare di euro 4725 mensili. A chi gli ha fatto notare che forse, occupando la ben pagata presidenza bancaria, poteva rinunciare al vitalizio per la poltrona parlamentare lasciata nel 1994, ha risposto con il tipico ruggito del liberale: "I diritti acquisiti non si toccano".

Con Patuelli le banche affidano la loro rappresentanza lobbistica a un pezzo pregiato della prima Repubblica. Ha solo 61 anni, ma la sua carriera è stata precocissima. Negli anni ‘70 era a capo della Gioventù liberale, poi passò alla vicesegreteria del partito, e nel 1983, a soli 32 anni, lo troviamo deputato. Salta un giro alle elezioni dell'87, poi riesce a farsi rieleggere nel ‘92, e in quella legislatura sale al soglio governativo con Carlo Azeglio Ciampi.

Negli anni della scapigliatura extraparlamentare riesce a dare prova della sua riconosciuta duttilità. Prima si batte con vigore contro le nomine bancarie fatte dalla politica, cioè dal governo, e sostiene il referendum in questo senso promosso dal giurista Massimo Severo Giannini. Contemporaneamente, complice la nascita delle Fondazioni bancarie, l'invenzione di Giuliano Amato che decentra la lottizzazione del credito, si fa nominare nel 1991 vice presidente della Cassa di Risparmio di Ravenna. Quattro anni dopo ottiene l'agognata presidenza della Cassa che ancora tiene stretta.

Tanto attaccamento alla poltrona si comprende: la Cassa, anche per impulso del suo presidente, non concede a manager e amministratori nè stock option nè buonuscite milionarie come quelle di molte altre banche. E dunque Patuelli si trova in qualche modo incentivato a non andarsene. Anche perché, essendo come politico un pensionato, la Cassa di Ravenna è l'unico lavoro che gli resta, e lui, a dispetto della vulgata liberale che oggi va per la maggiore, ama il posto fisso.

C'è un'altra ragione che fa di Patuelli l'uomo giusto al momento giusto. La sua piccola banchetta, che amministra una massa di denaro pari a circa un trentesimo di quella gestita dal Monte dei Paschi, è nel solco strategico delle più grandi consorelle italiane. Nel 2011 ha tagliato del 4,25 per cento i crediti a famiglie e imprese e aumentato del 40 per cento le attività finanziarie, e del 61 per cento i crediti ad altre banche. Chiudendo i rubinetti alle aziende e investendo in titoli finanziari, Patuelli ha potuto aumentare i profitti dell'8 per cento.

Così ha regalato alla Fondazione che lo nomina da oltre vent'anni il consueto congruo dividendo (pari al 10 per cento del valore delle azioni, un rendimento record), e la Fondazione a sua volta ha potuto procedere alle erogazioni: 8,6 milioni di euro distribuiti al "territorio" per finanziare la cultura e il sociale, per il 90 per cento al "territorio" di Ravenna". Così la politica è contenta, e il consenso corre.

È solo un caso esemplare di come funziona il perverso intreccio tra le banche e le 88 fondazioni (definite Frankenstein dal creatore pentito, Giuliano Amato). E che spiega perché le fondazioni siano così potenti dentro l'Abi, dove dominano con le falangi della loro associazione di categoria, l'Acri: ha come presidente l'ex governatore della regione Lombardia Giuseppe Guzzetti e come vice presidenti, oltre a Patuelli, l'ex sindaco di Torino Sergio Chiamparino e l'ex segretario della Dc di Siena Gabriello Mancini. Tutta gente che, come è noto, ha chiuso con la politica.

 

ANTONIO PATUELLIlogo abiABI GIUSEPPE MUSSARI CARLO AZEGLIO CIAMPI - copyright PizziGiuseppe Guzzetti Presidente Acri

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