IL TEATRINO POLITICO - MA QUALI PRIMARIE, MA QUALE VOTO ANTICIPATO! CON LA RICHIESTA DI MONTI ALLA BCE PER FERMARE LO SPREAD, L’ITALIA VERRA’ DI FATTO COMMISSARIATA - LA POLITICA ECONOMICA SAREBBE PER ANNI VINCOLATA ALLE “CONDIZIONI” IMPOSTE DA DRAGHI/BUNDESBANK - ERGO: CI ASPETTA UN FUTURO “GRECO” CON GRANDE COALIZIONE, ALLA FACCIA DI GRILLO E DI PIETRO VARI - BERSANI, CHE DIREBBE ADDIO AL (PIO) SOGNO DI PREMIERSHIP, CRITICA LA BCE (SAI CHE PAURA)…

Lina Palmerini per "Il Sole 24 Ore"

Sono due le frasi-chiave che ieri hanno richiamato l'attenzione dei partiti. La prima è di Mario Draghi che, a proposito di un aiuto anti-spread ha detto che l'Italia «come altri Paesi, dovrebbe fare una richiesta e sottoporsi a severe condizionalità». La seconda è di Mario Monti che ancora una volta non ha escluso di poter attivare il meccanismo del fondo-Esm, «ma prima bisogna esaminare le modalità e se ci occorre o no».

Insomma, nella scena politica irrompe - ma ora con un maggior grado di probabilità - l'ipotesi di un'Italia che deve chiedere formalmente aiuto all'Europa per allentare la tensione su spread e tassi e, quindi, contemporaneamente sottoporsi a quelle «strette condizionalità» di cui ieri ha parlato Draghi. Una sorta di lettera-Bce bis aleggia, dunque, nei discorsi dei leader dei tre partiti di maggioranza perché lo scenario sarebbe più o meno quello. E, come dicono a mezza bocca sia nel Pd che nel Pdl, «questa eventualità ci porterebbe dritti a una nuova grande coalizione anche nel 2013, proprio come nel novembre dello scorso anno».

Alcuni lo dicono perché lavorano a una replica della «strana maggioranza» di oggi con o senza Monti premier (ma comunque con un Monti collocato tra Palazzo Chigi e il Quirinale, garante dell'Ue). Alcuni lo raccontano perché, invece, temono esattamente questo scenario; e, tra questi, ci sono gli uomini di Bersani, i quali ben si rendono conto che con l'acuirsi della crisi e con una procedura d'aiuto in atto, i margini per una vittoria facile si restringono. Difficile immaginare una campagna elettorale se le priorità sono scritte dall'Europa, così com'è difficile immaginarsi un prossimo presidente del Consiglio "commissariato", con un'Europa che sorveglia e controlla le misure economiche.

Lo dice senza problemi Mario Mauro, europarlamentare del Pdl, che la soluzione è la «continuità» del Governo Monti. E mentre con una lettera chiede a Martin Schulz «di convocare una riunione straordinaria della commissione economica del Parlamento Ue per un'audizione con Draghi in cui spieghi un comportamento pericolosamente attendista», con un occhio vigila Roma.

«Il mio timore è che anche o forse soprattutto nel mio partito riprendano le spinte anti-euro per l'inconsistenza di chi dovrebbe rafforzare l'Europa e la moneta. Temo forti instabilità sul Governo». Mauro racconta pure che «Monti mi ha confidato di essere pronto a lasciare se diventa parte di un teatrino italiano e se in Europa le decisioni non diventeranno efficaci».

Raffredda invece uno scenario del tipo "lettera Bce", Stefano Fassina, responsabile economico del Pd che ha appena esaminato con la lente ogni parola (e virgola) di Draghi e Monti. «Non credo che se anche dovessimo accedere a una richiesta d'aiuto ci troveremmo in uno scenario tipo lettera Bce perché Monti è stato molto chiaro: al vertice di fine giugno ha assicurato che non ci saranno condizioni aggiuntive per chi ha già fatto i compiti a casa».

Non con altrettanta sicurezza raffredda l'ipotesi di nuova instabilità per il Governo. «La situazione può evolvere in ogni direzione ma credo che alla fine prevarrà l'effetto-fortino e i partiti rinserreranno le fila intorno a Monti». Niente voto anticipato, quindi. Ma il rischio per la politica italiana non è la prospettiva del voto - anticipato o a marzo 2013 - quanto come ci si arriverà.

Enrico Morando, senatore liberal Pd, vede piuttosto «una pericolosa deriva che favorirà le forze populiste ed euroscettiche, esattamente come ha paventato ieri Monti. Come la Grecia, c'è il rischio di forze di estrema destra e sinistra contro l'Ue. Ricordo che in queste ore noi discutiamo un modello elettorale proprio come quello greco».

Insomma, le parole di Draghi sono rimbalzate sulla scena italiana creando malumori nel Pd e nel Pdl visto che lascia intatti i problemi italiani. Bersani ha parlato contro una Bce che usa «parole forti ma decisioni deboli» mentre Renato Brunetta ha tuonato contro «il topolino» partorito da Draghi mettendo il dito nella piaga: «È emerso solo che, per accedere alle misure che la Bce deciderà di varare, gli Stati saranno sottoposti a rigide condizioni di ordine dei conti pubblici». In sostanza, le "lacrime e sangue" prospettate da Draghi rompono i progetti di ciascun partito e fanno rispuntare la via della grande coalizione.

 

 

mario DRAGHI E MONTI MARIO DRAGHI MARIO MONTI BERSANI STEFANO FASSINA

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