EUROPA, CHE FINE INGLORIOSA - IL DEMOCRATICISSIMO PREMIER CINESE GONGOLA E BACCHETTA: “VI AIUTEREMO, MA DOVETE RISOLVERE I VOSTRI PROBLEMI” - POI PONE LE CONDIZIONI (RICATTO): “RICONOSCETECI LO STATUS DI ECONOMIA DI MERCATO”, COSÌ ADDIO BARRIERE COMMERCIALI - PERSINO L’INDIA PENSA DI AIUTARCI! (LO ZAMBIA CHE FA?) - IL BANANA CONSIDERAVA LA CINA UN PAESE IN CUI “NON INVESTIRE” E DOVE “BOLLIVANO I BAMBINI”, OGGI LA PREGA IN GINOCCHIO DI COMPRARE “PARTECIPAZIONI STRATEGICHE NELL'ENI E NELL'ENEL”…

1 - WEN JIABAO: "AUMENTEREMO INVESTIMENTI IN EUROPA"
FirstOnline
- L'Europa è "in grado di risolvere i propri problemi". O almeno, questa è l'opinione del premier cinese Wen Jiabao, che intervenendo al Wolrd Economic Forum ha sottolineato come i Paesi del Vecchio Continente debbano "far fronte ai problemi del debito". Da soli, si intende. La Cina spegne così gli entusiasmi degli europei, che si erano illusi di veder arrivare sui loro mercati un deus ex machina dall'estremo oriente. Ad alimentare queste speranze, le voci diffuse ieri su un possibile acquisto di Btp italiani da parte dei cinesi.

In ogni caso "la Cina continuerà ad aumentare i suoi investimenti in Europa - ha aggiunto il premier di Pechino -, sperando che i leader europei e i dirigenti dei principali Paesi europei delineino con coraggio le loro relazioni future con la Cina da un punto di vista strategico". In sostanza, Wen Jiabao ha chiesto che l'Unione Europea accordi alla Cina lo statuto di "economia di mercato".

Quanto a nuovi aiuti in favore dell'Eurozona, i Paesi Brics (India, Brasile, Russia e Sudafrica, oltre alla Cina) valuteranno la possibilità nel corso di un vertice previsto questo mese a Washington a margine di un summit della Banca Mondiale e dell'Fmi. Lo ha comunicato R. Gopalan, segretario agli Affari economici del ministero delle Finanze indiano. In realtà - stando a fonti brasiliane - i Paesi emergenti avrebbero già avviato negoziati per aumentare le loro riserve di obbligaizoni in euro.


2 - INVASORI GIALLI TEMUTI IERI CORTEGGIATI OGGI...
Gian Antonio Stella per il "Corriere della Sera"

E se adesso loro mettono a bollire noi?
La speranza che i cinesi diano ossigeno all'Italia comprando un po' di Bot è una imbarazzante nemesi storica. Che va a chiudere in un modo solo pochi anni fa impensabile il cerchio di rapporti reciproci spesso difficili, abrasivi, conflittuali. E rappresenta per i cinesi una sottile e clamorosa rivincita.

Ricordate cosa fece pochi mesi fa Luca Zaia? Andò di persona, nella veste di governatore del Veneto, a celebrare solennemente a Quinto di Treviso la «riconquista» di un bar che, rilevato da immigrati dello Zhejiang, era stato loro strappato da nuovi padroni veneti. Slogan: «Un gesto politico contro l'invasione "gialla" da tempo denunciata dal Carroccio». Bene: riconquistata l'osteria, spiega il Financial Times, offriamo a Pechino «partecipazioni strategiche nell'Eni e nell'Enel». Cioè nelle nostre imprese pubbliche più importanti, in un settore chiave come le materie prime, a livello planetario. Cin cin.

Quando si aprì la Seconda Repubblica e Silvio Berlusconi vinse le elezioni nel 1994, secondo il Fondo Monetario Internazionale, l'Italia aveva un Pil quasi doppio rispetto al gigante asiatico. Poi noi siamo cresciuti in diciassette anni del 94% e loro del 1.048: undici volte più di noi. Tutta colpa del Cavaliere? Neanche per sogno. Le ragioni sono più complesse, il ritardo l'ha accumulato un po' tutto l'Occidente e del nostro declino, più netto di altri, sono responsabili in tanti, destra, sinistra, sindacati, imprenditori meno coraggiosi di quelli di altri Paesi.

C'è però un punto sul quale il nostro premier può sospirare, una responsabilità tutta sua: mentre gli Schröder e le Merkel, i Blair e i Cameron, gli Chirac e i Sarkozy e gli altri leader occidentali andavano e venivano da Pechino cercando di approfittare del boom della nuova superpotenza, lui non ci ha creduto mai davvero.

Al punto che ancora pochi anni fa, come ricorda un'Ansa del 26 febbraio 2005, a un convegno dell'Istituto del commercio estero, suggeriva «agli imprenditori italiani di investire nei Paesi dell'Europa orientale piuttosto che in quelli emergenti come Cina e India» perché quei Paesi «non sono ancora dei mercati in cui noi possiamo pensare di investire quanto vorremmo». Infatti «il tasso di povertà di quei mercati è tale da non consentire, se non a una piccolissima percentuale della popolazione, l'acquisto di prodotti del made in Italy».

I cinesi erano in quel momento al lavoro per costruire in 1236 giorni lo spettacolare ponte di Donghai (32 chilometri a 8 corsie: il ponte in mezzo al mare più lungo del pianeta) e poi 115 chilometri di metropolitana e altre infrastrutture fantastiche per le Olimpiadi di Pechino del 2008 e si erano già lanciati con progetti per 50 miliardi di dollari verso l'Expo di Shanghai del 2010 che avrebbe segnato il loro trionfo. Uno sforzo colossale che dopo cinque anni li avrebbe portati a contare 875 mila nababbi con oltre un milione e mezzo di dollari liquidi e 180 milioni di clienti «affluent». E il Cavaliere invitava a investire nei «mercati più vicini come quelli dei Balcani, dell'Europa orientale, della Russia e della Bielorussia».

Un errore non piccolo, per chi si vanta d'essere «in assoluto il migliore capo di governo di tutti i tempi». Accompagnato da battute disastrose, come quella che gli scappò in un comizio a Napoli: «Leggetevi il Libro nero del comunismo e scoprirete che nella Cina di Mao i comunisti non mangiavano i bambini, ma li bollivano per concimare i campi». Immediata protesta ufficiale: «Siamo scontenti di queste affermazioni che sono completamente prive di fondamento».

E lui: «Ma è storia... Mica li ho bolliti io i ragazzini». Fino a rattoppare in corsa: «Si tratta di cose avvenute 50 anni fa, in un momento in cui c'era l'esproprio delle campagne dei contadini che morivano in decine di milioni, e io credo che, per evitare anche epidemie, si potesse ben pensare di ricorre a dei fatti di questo tipo...»

E via così: «Un funzionario mi dice: perché non vieni in Cina? Ti assicuro che in 5 anni diventerai ricco. Già fatto, gli rispondo io, che sottolineo però come in un solo anno siano stati giustiziate 3700 persone. E che questo stato di cose non può continuare. E lui mi risponde: hai ragione, ma ti assicuro che almeno la metà di loro era colpevole».

Una nobile questione di principio? Magari! Pochi anni dopo, senza che il quadro dei diritti umani laggiù sia cambiato di una virgola, dirà il contrario dichiarando (il giorno prima dell'assegnazione del Nobel per la pace a Liu Xiaobo, il dissidente detenuto nelle carceri cinesi!) il suo «apprezzamento ammirato» per «la politica dell'armonia» di Pechino e per i suoi governanti: «Come noi, sono fautori della politica del fare e preferiscono affrontare i problemi concreti piuttosto che irrigidirsi su questioni di principio».

Non bastasse ancora, gli rinfacciano i suoi critici, il Cavaliere non è mai andato una sola volta in Cina in visita ufficiale come premier. Non è vero, dirà lui: due volte. Sì, ma solo perché non poteva farne a meno prima come presidente di turno europeo e poi per il vertice dell'Asem, l'Asia-Europe Meeting. Come capo del governo, per un bilaterale Cina-Italia tutto dedicato ai rapporti tra noi e loro, mai. Neppure per ricevere il testimone del passaggio dell'Expo da Shanghai a Milano, la sua città. Aveva promesso di andarci, diede buca. E all'ultimo momento toccò a Giorgio Napolitano precipitarsi per mettere una pezza che ci evitasse una figuraccia.

Per non dire delle polemiche, forse motivate ma certo non utili al dialogo culturale e commerciale, sugli argini invocati da Giulio Tremonti: «I cinesi ci stanno mangiando vivi, dobbiamo mettere dazi e quote». Dei titoloni de La Padania contro l'orda gialla e l'«economia fondata sullo schiavismo».

Del sito internet rivolto ai turisti cinesi (quelli che faranno le vacanze all'estero nel 2015 saranno 130 milioni e spenderanno 110 miliardi) per larga parte scopiazzato da quello dell'Emilia Romagna e annunciato all'Expo di Shanghai con un power-point di poche diapositive tradotto affannosamente in cinese la notte prima della presentazione, bucata anch'essa da Michela Vittoria Brambilla. Che non ritenne necessario andare là dove erano andati in visita, da Hillary Clinton (due volte) a José Manuel Barroso, 143 capi di stato mondiali.

Il risultato finale è nei numeri: alla faccia di Marco Polo, l'Italia è ventesima con un umiliante 0,4%, nella classifica dei Paesi che più mettono capitali (guadagnandoci) nel formidabile boom cinese dopo non solo i paradisi fiscali da cui muovono le grandi masse di denaro internazionale ma anche l'Olanda o l'Australia. E diciannovesima nella hit parade dei fornitori dopo la Thailandia, il Cile o l'Indonesia.

Dice il Financial Times che Vittorio Grilli, il direttore generale del Tesoro spedito in tutta fretta in Cina per convincere il Grande Drago a investire sull'Italia, si è mosso come meglio poteva. E c'è da crederci. Ma per incantare quel drago, dopo anni spesi così, avrebbe dovuto avere la bacchetta magica...

 

WEN JiabaoManmohan singhBandiera Cinese - Autoscattoluca Zaia DSC Silvio Berlusconi GIULIO TREMONTI Hu JintaoLIU XIABO La delegazione romana all'Expo di Shanghai da _Repubblica_

Ultimi Dagoreport

john elkann donald trump

DAGOREPORT – ITALIA, BYE BYE! JOHN ELKANN NON NE PUÒ PIÙ DI QUESTO DIGRAZIATO PAESE CHE LO UMILIA SBATTENDOLO PER 10 MESI AI "SERVIZI SOCIALI", COME UN BERLUSCA QUALSIASI, E STUDIA LA FUGA NEGLI STATI UNITI - PRIMA DI SPICCARE IL VOLO TRA LE BRACCIA DEL SUO NUOVO IDOLO, DONALD TRUMP, YAKI DEVE LIBERARSI DELLA “ZAVORRA” TRICOLORE: CANCELLATA LA FIAT, TRASFORMATA IN UN GRUPPO FRANCESE CON SEDE IN OLANDA, GLI RESTANO DUE GIORNALI, LA FERRARI E LA JUVENTUS – PER “LA STAMPA”, ENRICO MARCHI È PRONTO A SUBENTRARE (MA PRIMA VUOLE SPULCIARE I CONTI); PER “REPUBBLICA”, IL GRECO KYRIAKOU È INTERESSATO SOLO ALLE REDDITIZIE RADIO, E NON AL GIORNALE MANGIASOLDI E POLITICAMENTE IMPOSSIBILE DA GOVERNARE) - DOPO IL NO DI CARLO FELTRINELLI, SAREBBERO AL LAVORO PER DAR VITA A UNA CORDATA DI INVESTITORI MARIO ORFEO E MAURIZIO MOLINARI – SE IL CAVALLINO RAMPANTE NON SI TOCCA (MA LA SUA INETTA PRESIDENZA HA SGONFIATO LE RUOTE), PER LA JUVENTUS, ALTRA VITTIMA DELLA SUA INCOMPETENZA, CI SONO DUE OPZIONI IN BALLO…

silvia salis giorgia meloni elly schlein matteo renzi

DAGOREPORT - IN ITALIA, DOPO TANTI OMETTI TORVI O INVASI DI VANITÀ, SI CERCANO DONNE FORTI. DONNE COL PENSIERO. DONNE CHE VINCONO. E, NATURALMENTE, DONNE IN GRADO DI COMANDARE, CAPACI DI TENER TESTA A QUELLA LADY MACBETH DELLA GARBATELLA CHE DA TRE ANNI SPADRONEGGIA L’IMMAGINARIO DEL 30% DEGLI ELETTORI, ALIAS GIORGIA MELONI - IERI SERA ABBIAMO ASSISTITO ATTENTAMENTE ALLA OSPITATA DI SILVIA SALIS A “OTTO E MEZZO”, L’EX LANCIATRICE DI MARTELLO CHE DALLA LEOPOLDA RENZIANA E DAL CONI DELL’ERA MALAGÒ HA SPICCATO IL VOLO NELL’OLIMPO DELLA POLITICA, SINDACO DI GENOVA E SUBITO IN POLE COME LEADER CHE SBARACCHERÀ ELLY SCHEIN E METTERÀ A CUCCIA LA CRUDELIA DE MON DI COLLE OPPIO - DOPO MEZZ’ORA, PUR SOLLECITATA DA GRUBER E GIANNINI, CI SIAMO RITROVATI, ANZICHÉ DAVANTI A UN FUTURO LEADER, DAVANTI A UNA DONNA CHE DAREBBE IL PREMIO NOBEL PER LA LETTERATURA ALL'AUTORE DE "IL MANUALE DELLA PERFETTA GINNASTICATA" - ECCITANTE COME UN BOLLETTINO METEO E LA PUBBLICITÀ DI TECHNO-GYM, MELONI PUO' DORMIRE SONNI TRANQUILLI - VIDEO

italo bocchino giorgia arianna meloni

DAGOREPORT – PER QUANTO SI SBATTA COME UN MOULINEX IMPAZZITO, ITALO BOCCHINO NON RIESCE A FARSI AMARE DALLA FIAMMA MAGICA DI GIORGIA MELONI: LUI SI PRODIGA NELL'OSPITATE TELEVISIVE CON LODI E PEANA ALLA STATISTA DELLA SGARBATELLA, MA È TUTTO INUTILE: TROPPO CHIACCHIERATO E CON UN GIRO DI AMICIZIE DISCUTIBILI, L'EX DELFINO DI FINI NON ENTRA A ''PA-FAZZO CHIGI'' – LE SUE DICHIARAZIONI SIBILLINE SUL CASO GHIGLIA NON L’HANNO AIUTATO: HA SPECIFICATO, NON A CASO, CHE IL SUO INCONTRO CON  IL COMPONENTE DEL GARANTE DELLA PRIVACY ALLA SEDE DI FDI È DURATO “VENTI MINUTI AL MASSIMO”, METTENDO IN DIFFICOLTÀ ARIANNA MELONI – SE È TANTO "IMPRESENTABILE", PERCHÉ NON LO CACCIANO DA DIRETTORE EDITORIALE DEL "SECOLO D'ITALIA"? SAREBBE UN GIOCO DA RAGAZZI ESTROMETTERLO. MA QUANTI SEGRETI CONOSCE L’EX SANCHO PANZA DI FINI, APPASSIONATO DI INTELLIGENCE E VICINO A LOBBISTI CONSIDERATI IMPRESENTABILI DALLA FIAMMA MAGICA DELLA MELONA? - VIDEO

giovambattista fazzolari roberto carlo mele

FLASH – I DAGO-LETTORI HANNO FATTO IL LORO DOVERE: HANNO SCOPERTO L'IDENTITÀ DELL’UOMO CHE DUE GIORNI FA ERA ATTOVAGLIATO CON GIOVAMBATTISTA FAZZOLARI DA “VITTI”, A PIAZZA SAN LORENZO IN LUCINA. SI TRATTEREBBE DI ROBERTO CARLO MELE, ESPONENTE DI SPICCO DI FRATELLI D’ITALIA (FIGURA NELL'ESECUTIVO DEL PARTITO COME SEGRETARIO AMMINISTRATIVO). COME “FAZZO”, DEVE AMARE MOLTO LA RISERVATEZZA, VISTO CHE ONLINE NON SI TROVANO SUE FOTO – ANCHE “L’UOMO PIÙ INTELLIGENTE” CHE CONOSCE GIORGIA MELONI (PENSA GLI ALTRI), SEMPRE RESTIO AI SALOTTI, HA FATTO IL SUO INGRESSO UFFICIALE NELLA ROMANELLA POLITICA DEL “FAMOSE DU’ SPAGHI”…

giorgia meloni donald trump al sisi

FLASH! - LA BOCCIATURA DEL PONTE SULLO STRETTO DA PARTE DELLA CORTE DEI CONTI HA FATTO SALTARE I NERVI NON SOLO A SALVINI MA SOPRATTUTTO ALLA MELONI – LA PREMIER, CHE SI ERA SPESA MOLTO IN EUROPA PER LA REALIZZAZIONE DEL PONTE, SI È TALMENTE INCAZZATA (“E’ L’ENNESIMO ATTO DI INVASIONE DE GIUDICI SULLE SCELTE DEL GOVERNO”) CHE HA CANCELLATO IL VIAGGIO AL CAIRO DI SABATO PER L’INAUGURAZIONE DEL MUSEO GEM - ALLA NOTIZIA CHE AL POSTO DELLA STATISTA, SBARCA IL FARAONE GIULI, ANCHE AL SISI NON L’HA PRESA PER NIENTE BENE…