È INIZIATA LA RESA DEI CONTI NEL PD! CIVATI ATTACCA FRANCESCHINI: “HA MINACCIATO ESPULSIONI” – IL MINISTRO: FALSO, LUI NEMMENO C’ERA

1. ALFANISTAN (ALTRE ESPULSIONI IN VISTA)
Giuseppe Civati dal blog www.ciwati.it
Il ministro per i rapporti con il Parlamento Dario Franceschini ha detto che chi non voterà a favore di Alfano deve andarsene dal Pd. Forse su un volo privato, con direzione Astana. Chissà. Sapevatelo.
Se alla Camera si votasse, mi espellerebbero, dunque.


2. LA RETTIFICA DI FRANCESCHINI E MIA
Giuseppe Civati dal blog www.ciwati.it
Franceschini dice di non avere detto quanto ho scritto qui. Dice che sono scorretto.
Siccome non lo sono, gli ho chiesto se aveva detto questo:
"È ora di smetterla che quelli che non si allineano alle decisioni del partito fanno la figura delle anime belle mentre gli altri, quelli che ci mettono la faccia sono i cattivi. Questo non è più tollerabile".
Lui ha confermato.

A me sembra la stessa cosa, ma se mi sono sbagliato, e si è sbagliato chi l'ha letta così, giudicate voi.
Non c'è motivo di fare ulteriore polemica. La realtà è sotto gli occhi di tutti.
P.S.: questa sera non parteciperò alla riunione del gruppo alla Camera, in cui Epifani viene a riferire di una decisione già presa. Non ha senso discuterne. L'ho comunicato al capogruppo, Roberto Speranza.
Buon voto domani ai senatori, i deputati - lo ripeto - non dovranno votare, perché la mozione è solo al Senato.
Resta da capire dove siano andati a finire tutti quelli che nei giorni scorsi avevano detto che non avrebbero votato la fiducia ad Alfano. Chissà.


3. SENATO, PD VOTERÀ NO ALLA SFIDUCIA
Da "repubblica.it"

Il Pd non sfiducerà Angelino Alfano. L'assemblea dei senatori riuniti a Palazzo Madama ha votato: ottanta voti a favore della proposta del segretario Guglielmo Epifani, sette astenuti, mentre il gruppo dei tredici renziani si è diviso. Una parte di loro non ha votato. "Domani voteremo no alla richiesta di sfiducia", ha poi annunciato Epifani. "Nel gruppo del Pd, c'è stata una discussione seria, sono molto soddisfatto - ha poi aggiunto - per l'andamento dei lavori e della discussione.

Mi pare che il gruppo, praticamente all'unanimità con sette astenuti, ha condiviso l'idea per la quale il governo deve andare avanti". Nello stesso tempo, "per chiarezza verso il paese si ritiene che la vicenda, su cui ci sono molte nebbie e che riguarda anche la riorganizzazione della macchina della sicurezza italiana debba essere un tema sul quale debbano essere risolti i problemi dimostrati". Epifani ha rilevato che si tratta di una "vicenda grave", che ha inciso sulla credibilità internazionale dell'italia e ha mostrato che "il nostro sistema ha troppe falle" visto che è stato "consentito ad una ambasciata di muoversi come voleva". Inoltre sono stati "colpiti i diritti di due persone".

Al segretario del Pd è stato ricordato il suo intervento a Repubblica.it in cui ha affermato che "Alfano se sapeva doveva dimettersi" e l'intervista in cui l'ex capo di gabinetto Procaccini sostiene di aver informato il ministro. "Il problema è cosa sapeva", ha replicato Epifani.

Così dopo giorni di tensioni nel partito la segreteria ha lavorato per ricucire gli strappi che dall'inizio del caso Shalabayeva hanno contrapposto le diverse anime dei Democratici e minacciato la tenuta del governo Letta. Un richiamo alla compattezza era stato lanciato già durante la riunione del gruppo da Dario Franceschini: "Dentro questo governo si sta in squadra, è spiacevole vedere che c'è chi ci mette la faccia e chi dice 'io farei cosi perché c'è chi si sta sporcando le mani'. La faccia - ha ribadito - ce la dobbiamo mettere o tutti o nessuno, come si fa a non vedere che è un atto puramente politico?". La decisione di non votare la sfiducia è stata poi messa ai voti: "Non sono ammessi voti di coscienza si tratta di voto politico" aveva ripetuto lo stesso Franceschini.

Tanto che Pippo Civati sul suo blog ha attaccato lo stesso Franceschini: "Ha detto che chi non voterà a favore di Alfano deve andarsene dal Pd. Forse su un volo privato, con direzione Astana. Chissà. Sapevatelo. Se alla Camera si votasse, mi espellerebbero, dunque".

A queste accuse Franceschini ha replicato seccato: "Adesso sono stanco di falsità e discredito interessato. Alla riunione dei senatori Civati non c'era e mi accusa di avere minacciato espulsioni. Cosa falsa che non ho detto né pensato. Mi aspetto rettifica e scuse immediate da Civati".

Insomma nel Pd la tensione resta. In questo quadro l'intervento del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, l'ammonimento ai partiti sulle responsabilità circa un'eventuale crisi dell'esecutivo e la necessità che il governo Letta " vada avanti", rispettando gli impegni presi all'inizio della legislatura, ha avuto peso.

Non hanno avuto dunque seguito i programmi anticipati in mattinata dai renziani: "Al momento i 13 senatori renziani chiederanno che il gruppo decida di votare la sfiducia al ministro - aveva dichiarato Roberto Giachetti, vicepresidente (Pd) della Camera - la vicenda kazaka non può essere ricondotta tutta alla presenza di posizioni diverse dentro il Pd. Il tema è: Alfano, quando ieri è venuto alla Camera, ha detto la verità o meno?" ha aggiunto. "Renzi viene massacrato ma ha semplicemente detto la stessa cosa di Cuperlo, Finocchiaro, Bindi e di alcuni esponenti di Lista Civica", aveva poi precisato "Il tema se sia necessario che un ministro si assuma la propria responsabilità e si dimetta, se non ha detto la verità in Parlamento, riguarda tutti. Non è che se uno solleva il problema è perché deve ammazzare il Governo".

La segreteria dei Democratici però aveva già reso noto di non votare la mozione. La linea dissenziente espressa soprattutto dai renziani era comunque andata avanti. Il senatore renziano Andrea Marcucci, aveva chiesto che il Pd non votasse la mozione di sfiducia di Sel e M5S ma ne presentasse una propria per sfiduciare il ministro. In alternativa, "se non ce la facessimo politicamente" - aveva detto - la richiesta è quella di presentare almeno una mozione che "censuri" il comportamento di Alfano.

Il Pdl intanto dal canto suo aveva serrato le fila: tutti uniti a difesa di Angelino Alfano - hanno detto - nessuna spaccatura nel Pdl, niente "fuoco amico" a colpire il ministro dell'Interno e vicepremier che molti, comunque, nella maggioranza di governo - non solo tra le opposizioni - vorrebbero dimissionario. Come al solito Silvio Berlusconi serra le fila, stringe il cerchio e non lascia spazio a chi nel suo partito vorrebbe tentare l'affondo sul segretario.

Come al solito, ancora una volta decide lui, e se lui ha deciso che Alfano dovrà restare (o meno) al suo posto, se ha deciso per il momento di difenderlo in una fase così delicata per la tenuta del partito, nessun vocio deve divergere dal coro. Perciò Palazzo Grazioli in mattinata diffonde una nota in cui si ribadisce che nel Pdl sono "compatti nel sostegno al ministro Alfano". Poi Berlusconi precisa: "Non mi si coinvolga nella vicenda Shalabayeva".

 

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