CLINTON VS BUSH, 24 ANNI DOPO - NEL 2016 SARÀ HILLARY CONTRO JEB (FRATELLONE DI GEORGE)? È IL SOGNO DI GIORNALISTI E SALOTTI TV, PER COMINCIARE SUBITO SUBITO LA PROSSIMA CAMPAGNA ELETTORALE - AL POSTO DELLA CLINTON, SE NON SARANNO SUSAN RICE O JOHN KERRY, OBAMA POTREBBE SPARIGLIARE COL REPUBBLICANO JON HUNTSMAN, MORMONE DI RISERVA COLTO E MODERATO, BUONO PER L’INCIUCIO…

Paolo Valentino per il "Corriere della Sera"

Il tam tam è già cominciato. Hillary nel 2016? Più precisamente, Hillary contro Jeb Bush? Back to the future, ritorno al futuro, al vecchio duello tra le due dinastie che ha già tormentato l'America a cavallo del Terzo Millennio.

Sarà un chiacchiera infinita. Ma all'indomani della rielezione di Barack Obama, la sola cosa certa è che Hillary Clinton si prepara a lasciare il Dipartimento di Stato, che per quattro anni ha guidato con autorevolezza e lealtà, guadagnandosi sul campo la totale fiducia del Presidente e i galloni di politico più popolare d'America.

Subito dopo il nuovo giuramento di gennaio, Madame Secretary rimarrà infatti al suo posto soltanto il tempo necessario alla conferma congressuale del successore. Che cosa farà una volta fuori, soprattutto il rovello se intenda o meno candidarsi alla Casa Bianca tra quattro anni, sarà il tema prediletto del circolo mediatico e l'argomento preferito dei salotti di Washington.

Chi la conosce bene e le ha parlato anche di recente, conferma che Hillary vuole dapprima concedersi un periodo di riposo, dopo l'incessante maratona diplomatica intorno al mondo che l'ha lasciata esausta. E che, dopo, la sua principale attenzione sarà dedicata alla creazione di un progetto (una fondazione o un'iniziativa, sul modello di quella del marito Bill) dedicato alle donne e ai bambini del mondo. Come ogni politico americano di razza, Hillary scriverà di sicuro un libro, probabilmente le sue memorie di Segretario di Stato, passaggio obbligato della sua definitiva consacrazione a statista, che verrà scandagliato per trovarvi indicazioni sulle sue scelte future.

Quanto al 2016, la strada è lunga, piena di imprevisti e un'eventuale decisione di correre per la nomination democratica verrà presa soltanto a ridosso della scadenza. Certo, una delle condizioni che Bill Clinton considerava indispensabili, è stata soddisfatta: la riconferma di Obama. L'ex presidente sarebbe infatti convinto che tra quattro anni, l'economia americana sarà in piena ripresa e il candidato democratico ne trarrà un vantaggio politico inestimabile. Anche per questo si sarebbe impegnato allo spasimo, diventandone il vero deus ex machina, nella campagna appena conclusasi.

Nell'immediato, l'attenzione è tutta concentrata sul nome di chi guiderà la diplomazia americana nel secondo mandato. E il nome più ricorrente è sempre quello del senatore del Massachusetts John Kerry, che attualmente presiede la Commissione esteri del Senato e ha tutte le credenziali per una conferma senza problemi in Congresso.

Ma il cuore del Presidente batterebbe piuttosto per Susan Rice, l'attuale ambasciatrice all'Onu, diventata tuttavia un bersaglio dei repubblicani per aver sottovalutato l'elemento terroristico negli attentati di Bengasi. «La Rice si è bruciata», ha detto al New York Times una fonte della Casa Bianca.

Terza ipotesi, per esclusione ancorché ineccepibile, quella dell'attuale consigliere per la Sicurezza nazionale, Tom Donilon. Nelle ultime ore, però, è emersa anche un'altra possibilità: quella che Obama faccia una clamorosa mossa bipartisan e scelga un repubblicano, l'ex candidato ala Casa Bianca, Jon Huntsman, che ha già servito in questa Amministrazione come ambasciatore a Pechino.

Meno problematica appare la sostituzione di Tim Geithner al Tesoro. Il nome più ventilato è quello di Jacob Lew, attuale capo dello staff di Obama, che offre il vantaggio di una lunga esperienza come consigliere economico dei democratici al Congresso, una qualità indispensabile nei prossimi negoziati sul Bilancio. Anche qui, c'è sempre l'ipotesi, remota in questo caso, di una torsione bipartisan: in questo caso Robert Zoellick, ex presidente della Banca Mondiale, che è stato tra i consiglieri di Mitt Romney, potrebbe avere una chance.

In partenza è dato anche Leon Panetta dal Pentagono e un possibile sostituto sarebbe il suo attuale vice, Ashton Carter, un professore di Harvard che ha già servito alla Difesa con Bill Clinton. Nel cerchio dei fedelissimi, è scontato l'addio di David Plouffe, uno dei guru della campagna e uno dei più stretti consiglieri del Presidente. Tornerà a Chicago, probabilmente a lavorare nell'agenzia di consulenza con il suo partner David Axelrod, lo stratega elettorale, che aveva lasciato Washington due anni fa per dedicarsi alla rielezione e non tornerà nella West Wing.

Tra i nomi in ballo per sostituirli, quelli di Jim Messina e della sua vice Stephanie Cutter, che hanno guidato con successo la macchina di Obama for America. Per Messina, soprannominato «the fixer» per l'abilità a risolvere le questioni più difficili, sarebbe un ritorno alla Casa Bianca, dov'è stato vicecapo dello staff tra il 2008 e il 2010.

Rimane invece Valerie Jarrett, molto più di un consigliere, la migliore amica degli Obama: a lei, con cui lavorava al Municipio di Chicago, Michelle presentò il suo allora fidanzato Barack per averne la benedizione. Riconferma anche per Jay Carney, il portavoce. Fra un anno o due, a sostituirlo potrebbe essere la sua vice, Jen Psaki, giovane ma già veterana di Obama08.

Nel gabinetto dei ministri, potrebbe rimanere ancora per qualche tempo il ministro della Giustizia, Eric Holder, dato in partenza ancora poche settimane fa. In ogni caso, pronta a sostituirlo ci sarebbe l'attuale ministro della Homeland Security, la sicurezza interna, Janet Napolitano.

 

 

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