SINISTRATI IN CERCA DI IDEE - IL COMUNISMO È MORTO? DIAMOCI AL “BENICOMUNISMO”

Massimiliano Panarari per "la Stampa"

Alla ricerca di antidoti contro il mainstream neoliberista, a sinistra, da qualche tempo a questa parte, avanza spedita l'ennesima nuova «terza via» (che nulla ha a che fare, però, in questo caso, con Clinton e Blair). Tra Stato e mercato, e le infinite potenziali combinazioni alchemiche tra i due, un filone, divenuto alquanto popolare, si è messo a rivalutare e perorare la causa politica dei «beni comuni».

E lo ha fatto sfidando quella che la teoria economica standard ha battezzato, nel corso di una lunga disputa dottrinaria, la «tragedia dei beni comuni», per cui le risorse legate ai commons (dalle foreste all'acqua, dall'aria alla terra), quando non riconducibili al possesso diretto di qualcuno e utilizzate liberamente da tutti, finirebbero, in maniera inesorabile, col venire esaurite, in quanto soggette al saccheggio e a comportamenti lontani da quelli dell'attore razionale (fondamento epistemologico del paradigma dominante nell'economia politica).

Poi, nel 2009, a dare legittimità - in primis accademica - all'indirizzo di pensiero dei beni comuni è arrivato il premio Nobel per l'Economia conferito a Elinor Ostrom (1933-2012) per i suoi studi sulla condivisione delle risorse senza proprietari e la loro gestione «efficiente» da parte delle associazioni di fruitori, al punto che pure il non così simpatetico Economist , nel necrologio, le ha tributato stima e onore delle armi.

E così queste idee avverse all'individualismo proprietario in salsa neoliberista si sono diffuse nelle mobilitazioni popolari (dal movimento per l'acqua bene comune in Italia a Occupy Wall Street negli Stati Uniti) e in talune formazioni politiche (innanzitutto, grillini e Sel), portando anche a una serie di occupazioni (come il Teatro Valle a Roma e Macao, nella Torre Galfa, a Milano). A farle circolare ci hanno pensato soprattutto alcuni intellettuali di sinistra che hanno parzialmente riscritto l'agenda della discussione politica nazionale.

Nomi importanti, come Stefano Rodotà (ultimo libro Il diritto di avere diritti , Laterza), animatore del progetto della «Costituente dei beni comuni» e pioniere del lavoro di tematizzazione del Web quale bene collettivo, e Salvatore Settis, che ha scritto Azione popolare. Cittadini per il bene comune , Einaudi).

E poi i giuristi Gaetano Azzariti e Paolo Maddalena, Andrea Segrè (conosciuto per le sue battaglie contro lo spreco alimentare), Laura Pennacchi (col suo Filosofia dei beni comuni , Donzelli) e Guido Viale, fresco autore di Virtù che cambiano il mondo (Feltrinelli); e, soprattutto, Ugo Mattei, professore all'Università di Torino e alla University of California, che ha co-redatto, insieme con Rodotà e altri giuristi, i quesiti referendari per l'acqua bene comune e diritto umano universale e ha stilato il vero libro-manifesto di questa «corrente», icasticamente titolato Beni comuni (Laterza).

Se si è assistito al dilagare, nella mentalità della classe politica, delle privatizzazioni e delle conseguenti dismissioni di beni considerati pubblici e invece «comuni», di cui si avvantaggiano i grandi soggetti economici privati transnazionali, sostiene Mattei, la responsabilità storica va ascritta alla vittoria del costituzionalismo liberale in Occidente.

Un orientamento alquanto radicale, che si accompagna all'idea, come afferma nel testo poc'anzi citato, che «il maggiordomo (governo) deve poter disporre dei beni del suo padrone (beni comuni della collettività) per poterlo servire bene, ma deve esserne amministratore fiduciario (sulla base di un mandato o al massimo di una proprietà fiduciaria) e certo non proprietario, libero di abusarne alienandoli e privatizzandoli indiscriminatamente».

Sono posizioni che riscuotono critiche severe nello stesso campo progressista, riproducendo di fatto la divisione tra la sinistra riformista e liberal e quella radical (una parte della quale pare essere rinata a nuova vita proprio sotto le insegne dei commons). Così, contro la «retorica del benicomunismo», che si tramuta in «benaltrismo» e confonde tra bene pubblico e bene comune, si è schierato, sul quotidiano Europa , il giurista cattolico (e membro della Commissione per le riforme istituzionali) Francesco Clementi.

E, sul versante laico, un attacco in piena regola arriva anche dalla scuola bobbiana: il filosofo politico (e professore all'Università della Valle d'Aosta) Ermanno Vitale fa il controcanto (anzi, un autentico contropelo) al libro di Mattei, muovendogli, nel suo Contro i beni comuni (Laterza), una «critica illuminista» e accusandolo senza mezzi termini di «medievalismo romantico» e di nostalgie per il comunitarismo dell'Evo di Mezzo.

L'incoerente «mistica dei commons», afferma Vitale, ha sostanzialmente avuto la fortuna di intercettare un desiderio di cambiamento e di opposizione al pensiero unico, ma la logica del profitto selvaggio si combatte meglio, e più efficacemente, elaborando un costituzionalismo di diritto privato (sulla scorta di Luigi Ferrajoli) che metta limiti ai poteri economici e riconosca la natura pubblica di talune risorse e il «prevalente fine di pubblica utilità della stessa iniziativa privata».

Bisogna allora distinguere con precisione tra categorie e fattispecie, e per tutelare i beni comuni in senso proprio (come gli ecosistemi e l'aria) e quelli sociali (dall'acqua potabile ai farmaci e agli alimenti essenziali) serve piuttosto l'universalismo dei diritti partorito dall'Illuminismo.

Il filone dei beni collettivi, quindi, è un mare magnum , nel quale coesistono costituzionalisti progressisti che si propongono, in nome dell'eredità razionalista dello Stato di diritto, di normare la debordante marea dei mercati ultraliberisti, imprese senza fini di lucro e cooperative di utenti che, nei Paesi anglosassoni, forniscono servizi idrici oppure educativi, e chi si compiace del millenarismo neogoticheggiante del «Comune», surrogato postmoderno e metafisico del tramontato comunismo (come nel caso del duo antagonista Toni Negri e Michael Hardt). Insomma, il dibattito è aperto, e intenso, e in una sinistra da tempo orfana delle ideologie va tenuto decisamente d'occhio.

 

Stefano Rodota salvatore settisMANIFESTANTE A UN CORTEO PER I BENI COMUNI acqua soldi

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni ignazio la russa

DAGOREPORT - LA RISSA CONTINUA DI LA RUSSA - L’ORGOGLIOSA  CELEBRAZIONE DELL’ANNIVERSARIO DELLA FONDAZIONE DEL MOVIMENTO SOCIALE, NUME TUTELARE DEI DELLE RADICI POST-FASCISTE DEI FRATELLINI D'ITALIA, DI SICURO NON AVRÀ FATTO UN GRANCHÉ PIACERE A SUA ALTEZZA, LA REGINA GIORGIA, CHE SI SBATTE COME UN MOULINEX IN EUROPA PER ENTRARE UN SANTO GIORNO NELLE GRAZIE DEMOCRISTIANE DI MERZ E URSULA VON DER LEYEN - DA MESI 'GNAZIO INTIGNA A FAR DISPETTI ALLE SORELLE MELONI CHE NON VOGLIONO METTERSI IN TESTA CHE A MILANO NON COMANDANO I FRATELLI D'ITALIA BENSI' I FRATELLI ROMANO E IGNAZIO LA RUSSA – DALLA SCALATA A MEDIOBANCA ALLA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA, DAL CASO GAROFANI-QUIRINALE ALLO SVUOTA-CARCERI NATALIZIO, FINO A PROPORSI COME INTERMEDIARIO TRA I GIORNALISTI DI ‘’REPUBBLICA’’ E ‘’STAMPA’’ E IL MAGNATE GRECO IN NOME DELLA LIBERTÀ D’INFORMAZIONE – L’ULTIMO DISPETTUCCIO DI ‘GNAZIO-STRAZIO ALLA LADY MACBETH DEL COLLE OPPIO… - VIDEO

brunello cucinelli giorgia meloni giuseppe tornatore

A PROPOSITO DI…. TORNATORE – CRISI DEL CINEMA? MA QUALE CRISI! E DA REGISTA TAUMATURGO, NOBILITATO DA UN PREMIO OSCAR, CIAK!, È PASSATO A PETTINARE IL CASHMERE DELLE PECORE DEL SARTO-CESAREO CUCINELLI - MICA UN CAROSELLO DA QUATTRO SOLDI IL SUO “BRUNELLO IL VISIONARIO GARBATO”. NO, MEGA PRODUZIONE CON UN BUDGET DI 10 MILIONI, DISTRIBUITO NELLE SALE DA RAI CINEMA, ALLIETATO DAL MINISTERO DELLA CULTURA CON TAX CREDIT DI 4 MILIONCINI (ALLA FINE PAGA SEMPRE PURE PANTALONE) E DA UN PARTY A CINECITTA' BENEDETTO DALLA PRESENZA DI GIORGIA MELONI E MARIO DRAGHI - ET VOILÀ, ECCO A VOI SUI GRANDI SCHERMI IL “QUO VADIS” DELLA PUBBLICITÀ (OCCULTA) SPACCIATO PER FILM D’AUTORE - DAL CINEPANETTONE AL CINESPOTTONE, NASCE UN NUOVO GENERE, E LA CRISI DELLA SETTIMA ARTE NON C’È PIÙ. PER PEPPUCCIO TORNATORE, VECCHIO O NUOVO, È SEMPRE CINEMA PARADISO…

theodore kyriakou la repubblica mario orfeo gedi

FLASH! – PROCEDE A PASSO SPEDITO L’OPERA DEI DUE EMISSARI DEL GRUPPO ANTENNA SPEDITI IN ITALIA A SPULCIARE I BILANCI DEI GIORNALI E RADIO DEL GRUPPO GEDI (IL CLOSING È PREVISTO PER FINE GENNAIO 2026) - INTANTO, CON UN PO’ DI RITARDO, IL MAGNATE GRECO KYRIAKOU HA COMMISSIONATO A UN ISTITUTO DEMOSCOPICO DI CONDURRE UN’INDAGINE SUL BUSINESS DELLA PUBBLICITÀ TRICOLORE E SULLO SPAZIO POLITICO LASCIATO ANCORA PRIVO DI COPERTURA DAI MEDIA ITALIANI – SONO ALTE LE PREVISIONI CHE DANNO, COME SEGNO DI CONTINUITÀ EDITORIALE, MARIO ORFEO SALDO SUL POSTO DI COMANDO DI ‘’REPUBBLICA’’. DEL RESTO, ALTRA VIA NON C’È PER CONTENERE IL MONTANTE ‘’NERVOSISMO’’ DEI GIORNALISTI…

john elkann lingotto fiat juventus gianni agnelli

A PROPOSITO DI… YAKI – CHI OGGI ACCUSA JOHN ELKANN DI ALTO TRADIMENTO NEL METTERE ALL’ASTA GLI ULTIMI TESORI DI FAMIGLIA (“LA STAMPA” E LA JUVENTUS), SONO GLI STESSI STRUZZI CHE, CON LA TESTA SOTTO LA SABBIA, IGNORARONO CHE NEL FEBBRAIO DEL 2019, SETTE MESI DOPO LA SCOMPARSA DI MARCHIONNE, IL NUMERO UNO DI EXOR E STELLANTIS ABBANDONÒ LA STORICA E SIMBOLICA “PALAZZINA FIAT”, LE CUI MURA RACCONTANO LA STORIA DEL GRUPPO AUTOMOBILISTICO. E SOTTO SILENZIO (O QUASI) L’ANNO DOPO C’ERA STATO LO SVUOTAMENTO DEL LINGOTTO, EX FABBRICA EMBLEMA DELLA FIAT – LA PRECISAZIONE: FONTI VICINE ALLA SOCIETÀ BIANCONERA SMENTISCONO QUALSIVOGLIA TRATTATIVA CON SAUDITI...

giorgia meloni matteo salvini

DAGOREPORT – ESSÌ, STAVOLTA BISOGNA AMMETTERLO: SULLA LEGGE DI BILANCIO MATTEO SALVINI HA PIÙ DI QUALCHE SACROSANTA RAGIONE PER IMPEGNARSI A MORTE NEL SUO RUOLO DI IRRIDUCIBILE SFASCIACARROZZE DELLA MARCHESINA DEL COLLE OPPIO (“IL GOVERNO SONO IO E VOI NON SIETE UN CAZZO!’’) - DIETRO UNA FINANZIARIA MAI COSÌ MICRAGNOSA DI 18 MILIARDI, CHE HA AFFOSSATO CONDONI E PENSIONI CARI A SALVINI, L’OBIETTIVO DELLA DUCETTA È DI USCIRE CON UN ANNO IN ANTICIPO DALLA PROCEDURA DI INFRAZIONE PER DEFICIT ECCESSIVO ATTIVATA DALL'EUROPA NEL 2024. COSÌ SARÀ LIBERA E BELLA PER TRAVESTIRSI DA BEFANA PER LA FINANZIARIA 2026 CHE SARÀ RICCA DI DEFICIT, SPESE E "MENO TASSE PER TUTTI!", PROPRIO IN PERFETTA COINCIDENZA CON LE ELEZIONI POLITICHE 2027 – OVVIAMENTE LA “BEFANA MELONI” SI PRENDERÀ TUTTO IL MERITO DELLA CUCCAGNA, ALLA FACCIA DI LEGA E FORZA ITALIA…

moravia mussolini

‘’CARO DUCE TI SCRIVO...’’, FIRMATO ALBERTO MORAVIA - “AMMIRO L'OPERA DEL REGIME IN TUTTI I VARI CAMPI IN CUI SI È ESPLICATA E IN PARTICOLARE IN QUELLO DELLA CULTURA. DEBBO SOGGIUNGERE CHE LA PERSONALITÀ INTELLETTUALE E MORALE DELLA ECCELLENZA VOSTRA, MI HA SEMPRE SINGOLARMENTE COLPITO PER IL FATTO DI AVERE NEL GIRO DI POCHI ANNI SAPUTO TRASFORMARE E IMPRONTARE DI SÉ LA VITA DEL POPOLO ITALIANO” (1938) - LE 998 PAGINE DEI “TACCUINI” DI LEONETTA CECCHI PIERACCINI SONO UNA PREZIOSISSIMA MEMORIA, PRIVA DI MORALISMO E DI SENTIMENTALISMO, PER FICCARE IL NASO NEL COSTUME DELL’ITALIA LETTERARIA E ARTISTICA FINITA SOTTO IL TALLONE DELLA DITTATURA FASCISTA - DAL DIARIO DI LEONETTA PIERACCINI, SPICCANO LA VITA E LE OPERE E LA SERVILE E UMILIANTE LETTERA A MUSSOLINI DEL “SEMI-EBREO” ALBERTO PINCHERLE, IN ARTE MORAVIA – ALTRA NOTA: “SIMPATIA DI MORAVIA PER HITLER. EGLI DICE CHE DEGLI UOMINI POLITICI DEL MOMENTO È QUELLO CHE PIÙ GLI PIACE PERCHÉ GLI PARE NON SIA MOSSO DA AMBIZIONE PERSONALE PER QUELLO CHE FA...”