
SI PARTE: DA OGGI 133 CARDINALI IN CLAUSURA, NEL POMERIGGIO LA PRIMA VOTAZIONE PER ELEGGERE IL NUOVO PAPA - L’EX SEGRETARIO DI STATO PAROLIN E' IL GRANDE FAVORITO, CON UN PACCHETTO DI UNA QUARANTINA DI VOTI. A PENALIZZARLO LA GESTIONE DEL CASO BECCIU, GLI AMERICANI E GLI ULTRACONSERVATORI CHE NON LO AMANO PER VIA DELL’ACCORDO TRA SANTA SEDE E CINA MENTRE I BERGOGLIANI LO CONSIDERANO TROPPO MODERATO - IN ASCESA PIZZABALLA, TAGLE PERDE TERRENO A FAVORE DI UN ALTRO FILIPPINO PABLO VIRGILIO DAVID - ALLEANZE INASPETTATE POTREBBERO RIBALTARE I PRONOSTICI. DIETRO LE QUINTE ALTRI CANDIDATI COME AVELINE E PREVOST GIOCANO LE LORO CARTE…
Iacopo Scaramuzzi per repubblica.it - Estratti
Il cardinale Parolin entra in Conclave da favorito, nonostante sia al centro di non poche tensioni, perde terreno il filippino Tagle, crescono le chance dell’arcivescovo di Marsiglia Aveline.
In Cappella Sistina i pronostici possono sfarinarsi ma due settimane di congregazioni generali hanno delineato alcune linee di tendenza frutto di calcoli e sensazioni, segnali inequivocabili e sommovimenti più nascosti.
All’inizio i voti saranno come biglie piuttosto sparpagliate, solo di scrutinio in scrutinio verranno calamitate dai candidati più forti fino a superare la fatidica soglia di 89 voti, i due terzi dei 133 elettori presenti.
Nel 2013, per dire, il Conclave che elesse Francesco iniziò, la prima sera, con il cardinale Scola che prese solo 30 voti, nonostante i sostenitori gliene attribuissero alla vigilia una cinquantina, Bergoglio, che pochi avevano visto arrivare, 26, Ouellet, altro porporato dato per papabile sicuro, 22, lo statunitense O’Malley 10, 4 il brasiliano Scherer, che aveva il sostegno della Curia romana, e poi – lo ha ricostruito Gerard O’Connel nel libro The Election of Pope Francis – cinque cardinali presero due voti ognuno (tra di loro l’arcivescovo di New York Dolan) e ben tredici cardinali presero ognuno un voto (tra di essi uno era con ogni probabilità destinato a Bergoglio ma sulla scheda venne fuori il nome Broglio).
Parolin favorito
Oggi Parolin partirebbe con un pacchetto di una quarantina di voti o anche più. È da tempo il cardinale più evidentemente papabile, tutti lo conoscono e ne apprezzano la statura diplomatica, garantirebbe una transizione ordinata dopo gli anni effervescenti di Bergoglio.
Può averlo scalfito la gestione del caso Becciu, gli americani e gli ultraconservatori non lo amano per via dell’accordo tra Santa Sede e Cina, i bergogliani lo considerano troppo moderato.
Potrebbe entrare Papa e uscire cardinale, come accadde a Scola nel 2013, o invece entrare Papa e uscire Papa, come avvenne a Joseph Ratzinger nel 2005. Se la fumata bianca uscirà giovedì, si ragiona Oltretevere, sarà Papa Parolin.
Alla sua destra c’è il drappello dei cardinali marcatamente conservatori, una quindicina o al massimo ventina di porporati che potrebbero unirsi dietro la bandiera dell’ungherese Peter Erdo ma poi puntare su un candidato più carismatico come il Patriarca latino di Gerusalemme Pierbattista Pizzaballa, che, nonostante l’età un po’ giovane per diventare Papa, 60 anni, gode di consensi trasversali e geograficamente ampi. Il suo appeal, nel corso delle congregazioni generali, si è consolidato.
Aveline e Romero
Così come è ricorso con crescente insistenza il nome dell’arcivescovo di Marsiglia Jean-Marc Aveline.
C’era il dubbio che non parlasse italiano, lui ha usato l’italiano, bene, sia per intervenire al chiuso delle riunioni dei cardinali che celebrando messa domenica a Santa Maria dei Monti. Pastore e teologo, volto bonario e scaltrezza politica, potrebbe intercettare il favore di quei tanti cardinali – un’ottantina – che cercano una continuità con Francesco, magari con un carattere più accomodante.
LUIS ANTONIO TAGLE CANTA IMAGINE
Nello stesso campo si trova, da tempo, lo spagnolo Cristobal Lopez Romero, arcivescovo di Rabat, in Marocco, che ha però una geografia di rapporti un po’ diversa (salesiano, ha trascorso molti anni in America latina prima che Francesco lo nominasse vescovo in Africa).
Profilo per certi versi simile quello del filippino Pablo Virgilio David, le cui quotazioni si sono impennate negli ultimi giorni, tanto da mettere in ombra l’altro filippino forte presente al Conclave, Louis Antonio Tagle. Se i 18 cardinali africani non necessariamente sarebbero in grado di allargare il consenso attorno al pur autorevole arcivescovo di Kinshasa, Fridolin Ambongo, i 21 asiatici potrebbero invece muovere a falange dietro David trovando sponde anche in America Latina e in Europa.
Le alleanze
E unire le forze con un’altra area presente nel Conclave che è quella dei 60 cardinali che hanno partecipato alle assemblee sinodali volute da papa Francesco. Se non possono essere considerati un gruppo compatto, una buona parte di loro è convinta che si debba andare avanti sulla strada riformista tracciata da Bergoglio. Potrebbero inizialmente unirsi dietro la bandiera del maltese Mario Grech, segretario del Sinodo, e poi convergere su un altro candidato dal profilo pastorale.
Rimane forte, intanto, ma discreto come è nel suo carattere, Robert Francis Prevost, il pragmatico agostiniano statunitense con grande esperienza in America latina e nella Curia romana. Stimato a tutte le latitudini, se il voto si incartasse, potrebbe emergere come l’uomo capace di mettere d’accordo tutti o quasi.
IL CARDINALE ROBERT FRANCIS PREVOST
jean marc aveline
Pierbattista Pizzaballa