ALFANO CHI? - UN PARTITO ALLO SBANDO: “FINCHÉ C’È BERLUSCONI NON POTRÀ MAI ESSERE IL LEADER, E QUANDO NON CI SARÀ NON LO SARÀ LO STESSO” - ANGELINO IL DELFINO RISCHIA DI SPIAGGIARSI ALLE AMMINISTRATIVE SICILIANE E FINISCE DA (E NEI) CASINI: “PIER, DAMMI UNA MANO, SE PERDO ALLE AMMINISTRATIVE SONO MORTO” - DISSE BENE D’ALEMA: “IL DELFINO DI UN PESCECANE RISCHIA GROSSO”…

Alessandro De Angelis per il "il Riformista"

La settimana scorsa, Angelino Alfano è entrato nella stanza di Casini. Spirito di chi ha la cappa in mano, voce inconfondibile della paura: «Pier, dammi una mano in Sicilia. Le cose si stanno mettendo male. E se perdo alle amministrative sono morto. Nel partito mi sbraneranno i falchi, non aspettano altro».

Come tutti i delfini, Angelino rischia di finire spiaggiato. Proprio a Palermo, nella sua Sicilia. A meno di un anno dalla proclamazione a segretario il suo futuro è appeso alle amministrative. Nella regione del 61 a zero ai tempi di Miccichè, dei plebisciti pro Silvio in quelli del suo padrino politico Renato Schifani, il segretario procede verso una inesorabile sconfitta. A Palermo, dopo le dimissioni di Cammarata, il Pdl non ha candidato, mentre sia Fini sia Casini sembrano non avere intenzione di trattare. Ad Agrigento e Trapani, gli altri centri importanti in cui si vota, l'alleanza tra Terzo polo e sinistra è cosa pressoché fatta. E il Pdl sta implodendo.

Ecco la disperata ricerca di un aiuto da Pier. Che però non arriva. Da nessuna parte. Neanche uno che con Casini ha un rapporto ottimo come l'ex ministro Raffaele Fitto, è riuscito - per ora - a cucire un'alleanza in Puglia, dove si vota a Brindisi, Taranto e Trani. Detto in altri termini, Pier non tratta. «Non saremo separati in eterno», ha ripetuto Alfano sin dalla sua elezione prospettando un futuro col leader dell'Udc. Ora, dopo mesi di corteggiamento, cene, telefonate e bigliettini tra i due il Pdl balla da solo sia al Sud sia al Nord, dove la Lega minaccia ovunque corse solitarie.

E ora «Angelino» ha davvero paura. Perché nel partito, da giovane promessa, giorno dopo giorno, viene percepito come una grande delusione: «La sua situazione - dice un ex ministro di matrice azzurra - è che finché c'è Berlusconi non potrà mai essere il leader, e quando non ci sarà Berlusconi non lo sarà lo stesso. Chi sceglie il galleggiamento prima o poi affoga».

Già, il giovane democristiano galleggia: qualche nomina ai vertici con Casini e Bersani, una infinità di «tavoli» al partito per discutere di tutto e non decidere nulla, tante comparsate in tv. Col tempismo di chi confonde comunicazione e improvvisazione, ha sbagliato tutto: sulle liberalizzazioni ha balbettato, solo a provvedimento quasi approvato, mentre nel paese urlava il popolo dei forconi; sul mercato del lavoro non riesce a dare un titolo ai giornali. Ieri, nell'intervista al Corriere, ha puntato tutto sulla riforma elettorale il giorno in cui si è capito che il confronto è un'ammuina, visto che i capigruppo al Senato non si sono messi d'accordo nemmeno sulla road map delle riforme. E dall'incontro tra la delazione di Pdl e Udc è uscito solo un comunicato di circostanza.

Tramonto sfortunato e triste, per l'uomo folgorato dal «sole in tasca» del Cavaliere. I suoi ammiratori sono sempre più taciturni, gli oppositori - ex An, falchi alla Verdini e Santanchè, malpancisti alla Scajola, governatori come Formigoni - agguerriti. E sconcertati dall'andazzo nel partito: i congressi del Pdl vanno a rilento, e quando si fanno sono delle vere e proprie risse. Per non parlare del tesseramento.

Raccontano a via dell'Umiltà che parecchi dirigenti, sul territorio, quando si sono accorti che è gonfiato in molte zone ad alta concentrazione di criminalità, si sono presentati in questura per separare la propria faccia da quella del partito: «Sono numeri anomali, noi non ne sappiamo niente».

Alfano moderato senza accordo coi moderati, leader del «partito degli onesti» con le tessere gonfiate dove l'onestà non abita molto, Alfano che dopo diversi lustri di fotocopie poggiate sulla scrivania del Cavaliere continua a dargli del lei e gli altri non lo sentono capo, lui però continua a far finta di niente, mentre gira l'Italia presentando il suo libro La mafia uccide d'estate. Su facebook ha chiesto ai suoi amici: «Mi suggerisci la tua canzone, voglio comporre la mia nuova playlist solo con le canzoni del cuore».

Casi del destino, tra i parlamentari inizia a circolare un irriverente remake di un celebre motivo dei Ricchi e poveri. Da Sarà perché ti amo a Sarà perché c'è Alfano. Fa più o meno così: «Che confusione, sarà perché c'è Alfano/una confusione che cresce piano piano/del Pdl che cosa ne facciamo...». Fotografia di un partito in preda a una crisi di nervi. Col paradosso che i guai per il Cavaliere sono aumentati, e non diminuiti.

Quando il delfino gli ha sottoposto il suo organigramma del Pdl, sul telefono di Arcore si sono rovesciate le lamentale di tutti i big del Pdl. Come è andata a finire? Tutto fermo, sennò, come ripete Cicchitto, «non tiene il partito». Chissà quanto può durare così. Adesso che nelle stanze che contano in molti si chiedono: «Ma Alfano, di fronte a uno del calibro di Monti, che cosa gli va a dire?».

Per ora il Cavaliere lo protegge, ma parla quasi quotidianamente con Passera, dice a tutti che il ragazzo è bravo e va fatto lavorare, ma i sondaggi suggeriscono di cambiare cavallo. È presto, ora ci sono le amministrative. Poi si vedrà. Una volta, quella vecchia volpe di Massimo D'Alema sentenziò: «Il delfino di un pescecane rischia grosso». Profetico, forse.

 

 

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