LA CONGIURA DEI ROTTAMANDI SPINGE ALL’ANGOLO BERSANI

Fabrizio Rondolino per "Il Giornale"

Per capire come cadrà Bersani, può essere utile ricordare come ha costruito e, nell'ultimo anno, rafforzato la sua leadership nel Partito democratico. Dopo lo choc delle dimissioni di Veltroni (consigliate da Bersani al fondatore del Pd, come quest'ultimo ha maliziosamente ricordato in questi giorni) e dopo il breve interregno di Franceschini, l'arrivo dell'ex ministro delle «lenzuolate» fu accolto dal corpaccione del partito come un rassicurante ritorno alla tradizione.

E su questa linea ­ la famigerata linea dell'«usato sicuro » - Bersani ha costruito il suo consenso e il suo potere, cooptando in segreteria i portaborse di tutti i capicorrente- destinati poi a emanciparsi sotto il nome collettivo di «Giovani Turchi» - così da avviare quel «rinnovamento nella continuità» che fu uno dei capisaldi della governance del vecchio Pci.

L'irruzione di Matteo Renzi sulla scena non ha cambiato né la linea né i metodi del segretario: semmai, Bersani ha approfittato della richiesta montante di novità per allontanare dal Parlamento figure storiche come D'Alema e Veltroni e per rafforzare la sua presa sull'apparato.

Ma in cambio ha promesso le poltrone che era in cuor suo già sicuro di vincere: a D'Alema la Farnesina o la nomina a Commissario europeo, a Veltroni il Viminale come compensazione per la mancata (ancorché ipotetica) presidenza della Camera, alla Bindi la vicepresidenza del Consiglio, a Franceschini la segreteria del partito o la presidenza della Camera.

È grazie a questo patto di potere ­ simboleggiato dal foglietto anonimo reso noto dal Foglio la scorsa estate, dove molte caselle del futuro governo erano già state assegnate - che la segreteria di Bersani ha retto fino alle elezioni. Convinti di vincere, oligarchi e capicorrente hanno sostenuto il segretario, nonostante perplessità e dubbi sempre più profondi, con una compattezza mai vista prima nel centrosinistra.

Ma Bersani non ha vinto. E anzi ha fatto di peggio: intestardendosi nell'impossibile impresa di farsi votare dai grillini, ha avviato a sua volta una politica grillista. Franceschini e Finocchiaro, che secondo i patti avrebbero dovuto salire sullo scranno più alto di Montecitorio e di palazzo Madama, sono stati eliminati in una notte per far posto a due «volti nuovi» - Boldrini e Grasso- la cui caratteristica principale è non aver mai fatto politica in vita loro.

I due trombati hanno fatto buon viso a cattivo gioco, ma il giorno stesso sono passati dalla parte dei nemici di Bersani. Il quale ha insistito sulla linea dell'umiliazione del gruppo dirigente imponendo il fedelissimo Speranza ­ anche lui mai entrato prima in Parlamento - come capogruppo alla Camera. Un terzo dei deputati s'è rifiutato di votarlo, e conta i giorni che mancano alla sua sostituzione. E a quella del segretario.

Gli oligarchi, infatti, hanno capito due cose. La prima è che l'intero partito è ormai ostaggio (come ha detto Rosy Bindi nell'intervista poi smentita al Secolo XIX ) dell'ottusa determinazione di un uomo a prendersi ciò che nessuno gli darà mai, e che gli elettori gli hanno negato.

Ma la seconda cosa che i capi­corrente hanno capito è ancora più grave (per loro): se pure Bersani dovesse riuscire ad insediarsi a palazzo Chigi, non li porterà certo con sé. Se mai dovesse formare un governo, lo riempirebbe di Grassi e di Boldrine e per la vecchia guar­dia non ci sarebbe neanche uno strapuntino. Quanto al Quirinale, meglio non parlarne neppure.

Combattere una battaglia già perduta può essere onorevole, ma combatterla sapendo che in ogni caso non ci sarà né un premio né una ricompensa è da idioti. E così sono cominciate le grandi manovre per isolare Bersani nell'angolo in cui, peraltro, s'è cacciato da solo. Da Veltroni alla Bindi, da Letta a D'Alema,non c'è leader del Pd che non lavori in queste ore per affossare il segretario.

E la strada maestra è quella indicata da Franceschini, ex capogruppo e mancato presidente della Camera, nell'intervista al Corriere : il «governo di transizione » d'intesa con Monti e il Pdl. A questo progetto lavorano ormai esplicitamente tutti i capicorrente, molti dei quali hanno un rapporto diretto con il Pdl che prescinde da quello «ufficiale» di Errani e Migliavacca.

Quando questo governo si farà - ed è molto, molto probabile che si faccia - la segreteria Bersani sarà giunta al capolinea. Sconfitto nelle urne e annientato dalla politica, il buon Bersani finirà come ha cominciato: con una decisione consensuale degli oligarchi.

 

 

VELTRONI E DALEMA MASSIMO DALEMA E WALTER VELTRONI jpegWALTER VELTRONI E MASSIMO DALEMA jpegBersani e Franceschini BERSANI E FRANCESCHINIMENTINE DELLA FINOCCHIARO PER DALEMA Rosi Bindi MATTEO RENZI

Ultimi Dagoreport

theodore kyriakou la repubblica mario orfeo gedi

FLASH! – PROCEDE A PASSO SPEDITO L’OPERA DEI DUE EMISSARI DEL GRUPPO ANTENNA SPEDITI IN ITALIA A SPULCIARE I BILANCI DEI GIORNALI E RADIO DEL GRUPPO GEDI (IL CLOSING È PREVISTO PER FINE GENNAIO 2026) - INTANTO, CON UN PO’ DI RITARDO, IL MAGNATE GRECO KYRIAKOU HA COMMISSIONATO A UN ISTITUTO DEMOSCOPICO DI CONDURRE UN’INDAGINE SUL BUSINESS DELLA PUBBLICITÀ TRICOLORE E SULLO SPAZIO POLITICO LASCIATO ANCORA PRIVO DI COPERTURA DAI MEDIA ITALIANI – SONO ALTE LE PREVISIONI CHE DANNO, COME SEGNO DI CONTINUITÀ EDITORIALE, MARIO ORFEO SALDO SUL POSTO DI COMANDO DI ‘’REPUBBLICA’’. DEL RESTO, ALTRA VIA NON C’È PER CONTENERE IL MONTANTE ‘’NERVOSISMO’’ DEI GIORNALISTI…

john elkann lingotto fiat juventus gianni agnelli

A PROPOSITO DI… YAKI – CHI OGGI ACCUSA JOHN ELKANN DI ALTO TRADIMENTO NEL METTERE ALL’ASTA GLI ULTIMI TESORI DI FAMIGLIA (“LA STAMPA” E LA JUVENTUS), SONO GLI STESSI STRUZZI CHE, CON LA TESTA SOTTO LA SABBIA, IGNORARONO CHE NEL FEBBRAIO DEL 2019, SETTE MESI DOPO LA SCOMPARSA DI MARCHIONNE, IL NUMERO UNO DI EXOR E STELLANTIS ABBANDONÒ LA STORICA E SIMBOLICA “PALAZZINA FIAT”, LE CUI MURA RACCONTANO LA STORIA DEL GRUPPO AUTOMOBILISTICO. E SOTTO SILENZIO (O QUASI) L’ANNO DOPO C’ERA STATO LO SVUOTAMENTO DEL LINGOTTO, EX FABBRICA EMBLEMA DELLA FIAT – LA PRECISAZIONE: FONTI VICINE ALLA SOCIETÀ BIANCONERA SMENTISCONO QUALSIVOGLIA TRATTATIVA CON SAUDITI...

giorgia meloni matteo salvini

DAGOREPORT – ESSÌ, STAVOLTA BISOGNA AMMETTERLO: SULLA LEGGE DI BILANCIO MATTEO SALVINI HA PIÙ DI QUALCHE SACROSANTA RAGIONE PER IMPEGNARSI A MORTE NEL SUO RUOLO DI IRRIDUCIBILE SFASCIACARROZZE DELLA MARCHESINA DEL COLLE OPPIO (“IL GOVERNO SONO IO E VOI NON SIETE UN CAZZO!’’) - DIETRO UNA FINANZIARIA MAI COSÌ MICRAGNOSA DI 18 MILIARDI, CHE HA AFFOSSATO CONDONI E PENSIONI CARI A SALVINI, L’OBIETTIVO DELLA DUCETTA È DI USCIRE CON UN ANNO IN ANTICIPO DALLA PROCEDURA DI INFRAZIONE PER DEFICIT ECCESSIVO ATTIVATA DALL'EUROPA NEL 2024. COSÌ SARÀ LIBERA E BELLA PER TRAVESTIRSI DA BEFANA PER LA FINANZIARIA 2026 CHE SARÀ RICCA DI DEFICIT, SPESE E "MENO TASSE PER TUTTI!", PROPRIO IN PERFETTA COINCIDENZA CON LE ELEZIONI POLITICHE 2027 – OVVIAMENTE LA “BEFANA MELONI” SI PRENDERÀ TUTTO IL MERITO DELLA CUCCAGNA, ALLA FACCIA DI LEGA E FORZA ITALIA…

moravia mussolini

‘’CARO DUCE TI SCRIVO...’’, FIRMATO ALBERTO MORAVIA - “AMMIRO L'OPERA DEL REGIME IN TUTTI I VARI CAMPI IN CUI SI È ESPLICATA E IN PARTICOLARE IN QUELLO DELLA CULTURA. DEBBO SOGGIUNGERE CHE LA PERSONALITÀ INTELLETTUALE E MORALE DELLA ECCELLENZA VOSTRA, MI HA SEMPRE SINGOLARMENTE COLPITO PER IL FATTO DI AVERE NEL GIRO DI POCHI ANNI SAPUTO TRASFORMARE E IMPRONTARE DI SÉ LA VITA DEL POPOLO ITALIANO” (1938) - LE 998 PAGINE DEI “TACCUINI” DI LEONETTA CECCHI PIERACCINI SONO UNA PREZIOSISSIMA MEMORIA, PRIVA DI MORALISMO E DI SENTIMENTALISMO, PER FICCARE IL NASO NEL COSTUME DELL’ITALIA LETTERARIA E ARTISTICA FINITA SOTTO IL TALLONE DELLA DITTATURA FASCISTA - DAL DIARIO DI LEONETTA PIERACCINI, SPICCANO LA VITA E LE OPERE E LA SERVILE E UMILIANTE LETTERA A MUSSOLINI DEL “SEMI-EBREO” ALBERTO PINCHERLE, IN ARTE MORAVIA – ALTRA NOTA: “SIMPATIA DI MORAVIA PER HITLER. EGLI DICE CHE DEGLI UOMINI POLITICI DEL MOMENTO È QUELLO CHE PIÙ GLI PIACE PERCHÉ GLI PARE NON SIA MOSSO DA AMBIZIONE PERSONALE PER QUELLO CHE FA...”

leonardo maria del vecchio - gabriele benedetto - andrea riffeser monti - marco talarico - luigi giacomo mascellaro

DAGOREPORT - ELKANN NON FA IN TEMPO A USCIRE DALLA SCENA CHE, ZAC!, ENTRA DEL VECCHIO JR: DAVVERO, NON SI PUÒ MAI STARE TRANQUILLI IN QUESTO DISGRAZIATO PAESE - GIÀ L’ACQUISIZIONE DEL 30% DE ‘’IL GIORNALE’’ DA PARTE DEL VIVACISSIMO LEONARDINO DEL VECCHIO, ANTICIPATA IERI DA DAGOSPIA, HA SUSCITATO “OH” DI SORPRESA. BUM! BUM! STAMATTINA SONO SALTATI I BULBI OCULARI DELLA FINANZA E DELLA POLITICA ALL’ANNUNCIO DELL'EREDE DELL VECCHIO DI VOLER ACQUISIRE IL TERZO POLO ITALIANO DELL’INFORMAZIONE, IN MANO ALLA FAMIGLIA RIFFESER MONTI: “LA NAZIONE” (FIRENZE), “IL RESTO DEL CARLINO” (BOLOGNA) E “IL GIORNO” (MILANO) - IN POCHI ANNI DI ATTIVITÀ, LMDV DI DEL VECCHIO HA INVESTITO OLTRE 250 MILIONI IN PIÙ DI 40 OPERAZIONI, SOSTENUTE DA UN FINANZIAMENTO DI 350 MILIONI DA INDOSUEZ (GRUPPO CRÉDIT AGRICOLE) - LA LINEA POLITICA CHE FRULLA NELLA TESTA TRICOLOGICAMENTE FOLTA DELL'INDIAVOLATO LMDV, A QUANTO PARE, NON ESISTE - DEL RESTO, TRA I NUOVI IMPRENDITORI SI ASSISTE A UN RITORNO AD ALTO POTENZIALE ALLO "SPIRITO ANIMALE DEL CAPITALISMO", DOVE IL BUSINESS, ANCHE IL PIU' IRRAZIONALE, OCCUPA IL PRIMO POSTO E LA POLITICA E' SOLO UN DINOSAURO DI BUROCRAZIA…

roberto occhiuto corrente sandokan antonio tajani pier silvio e marina berlusconi 2025occhiuto roscioli

CAFONAL! FORZA ITALIA ''IN LIBERTÀ'' - DALLA CALABRIA, PASSANDO PER ARCORE, ARRIVA LO SFRATTO DEFINITIVO A TAJANI DA ROBERTO OCCHIUTO: “SONO PRONTO A GUIDARE IL PARTITO FONDATO DA SILVIO BERLUSCONI’’ - PARLA IL GOVERNATORE DELLA CALABRIA E, A PARTE L'ACCENTO CALABRO-LESO, SEMBRA DI SENTIRE MARINA & PIER SILVIO: “BASTA GALLEGGIARE INTORNO ALL'8%. MELONI NON È SUFFICIENTE AL CENTRODESTRA. BISOGNA RAFFORZARE L'ALA LIBERALE DELLA COALIZIONE" - A FAR TRABOCCARE LA PAZIENZA DELLA FAMIGLIA BERLUSCONI È STATA LA PROSPETTIVA DI UN CONGRESSO NAZIONALE CHE AVREBBE DATO A TAJANI, GASPARRI E BARELLI IL POTERE DI COMPORRE LE LISTE PER LE POLITICHE NEL 2027. A SPAZZARE VIA LE VELLEITÀ DEI TAJANEI, È ARRIVATA DA MILANO LA MINACCIA DI TOGLIERE DAL SIMBOLO DEL PARTITO IL NOME "BERLUSCONI", CHE VALE OLTRE LA METÀ DELL'8% DI FORZA ITALIA - DA LOTITO A RONZULLI, DALL’EX MELONIANO MANLIO MESSINA A NICOLA PORRO: NELLA NUTRITA TRUPPA CHE SI È PRESENTATA AL CONVEGNO DI OCCHIUTO, SPICCAVA FABIO ROSCIOLI, TESORIERE DI FORZA ITALIA ED EMISSARIO (E LEGALE PERSONALE) DI MARINA E PIER SILVIO...