COREA: IL REGIME DI CICCIO-KIM INVITA GLI AMBASCIATORI A EVACUARE

1 - COREA NORD: INVITO EVACUARE AD AMB.STRANIERE PYONGYANG
(ANSA) - La Corea del Nord ha invitato tutte le ambasciate straniere a Pyonyang a preparasi a evacuare.

2 - COREA NORD A MOSCA,PREPARARSI EVACUARE AMB.A PYONGYANG
(ANSA-REUTERS) - La Corea del Nord ha chiesto alla Russia di prendere in considerazione la possibilità di evacuare il suo staff all'ambasciata a Pyongyang. Lo si apprende dal portavoce dell'ambasciata russa. Al momento Mosca non prevede di farlo.

3 - COREA NORD: GERMANIA CONVOCA AMBASCIATORE A BERLINO
(ANSA-AFP) - Il ministero degli Esteri tedesco ha annunciato di aver convocato questa mattina l'ambasciatore della Corea del Nord a Berlino per comunicargli l'"inquietudine" della Germania nei confronti dell'aggravarsi della crisi. All'ambasciatore di Pyongyang, convocato su invito del ministro Guido Westerwelle, "é stato detto chiaramente che la recente escalation da parte della Corea del Nord, sia nei toni che nei contenuti, non è assolutamente accettabile da parte del governo tedesco". "Bisogna trovare una reazione risoluta e unitaria alle minacce della Corea del nord", ha detto il ministro degli Esteri.

4 - COREA NORD: PRONTI SU RAMPA DUE MISSILI MEDIO RAGGIO
(ANSA) - La Corea del Nord ha caricato due missili a medio raggio su lanciatori mobili e li ha nascosti in un impianto non meglio identificato nei pressi della costa orientale. Lo riferisce l'agenzia Yonhap che, citando fonti militari di Seul, rilancia l'ipotesi di lancio imminente.

"All'inizio di questa settimana, il Nord ha spostato su treno due missili Musudan sulle coste orientali e li ha piazzati sulle rampe di lancio", ha detto un alto funzionario militare. Il Nord li sta nascondendo, in una mossa che fa ipotizzare un tentativo di lancio a sorpresa, ha aggiunto la fonte, che ha pure confermato quanto detto ieri dal ministro della Difesa, Kim Kwan-jin che ieri ha menzionato un solo missile, secondo cui non é chiaro l'obiettivo dell'iniziativa, se rivolta a un test o a una esercitazione militare.

All'inizio della settimana, era già emerso che la Corea del Nord aveva spostato sulla costa orientale quello che si ritiene essere un Musudan, un vettore a media gittata, spingendo gli Usa a piazzare sistemi anti-missile speciali sull'isola di Guam. In risposta alle azioni militari, la Corea del Sud aveva poi deciso di inviare due cacciatorpediniere Aegis, equipaggiati con sistemi radar di rilevazione e contrasto anti-balistici, per seguire più direttamente la situazione sia sul mar del Giappone sia sul mar Giallo.

Pyongyang, secondo i report delle agenzie di intelligence, non ha ancora provato il missile, presentato ufficialmente a ottobre 2008 nell'ambito di una delle solenni parate militari tenute sulla piazza Kim Il-sung, nella capitale nordcoreana.


5 - "IMMINENTE UN TEST MISSILISTICO" LA COREA DEL NORD SFIDA GLI USA E WASHINGTON RAFFORZA LE DIFESE
Giampaolo Visetti per "la Repubblica"

La Corea del Nord spinge al limite estremo le minacce di un «attacco nucleare definitivo » contro Corea del Sud, Giappone e Stati Uniti. Secondo il governo di Seul, Pyongyang ha spostato sulla costa orientale, affacciata sul Mar del Giappone, un missile a medio raggio capace di coprire «una distanza considerevole».

L'ordigno, forse della serie "Musudan" esibita in una parata militare nel 2010, non potrebbe raggiungere le coste americane, ma con il suo raggio di 3-4 mila chilometri sfiorerebbe la base statunitense di Guam, la più armata nel Pacifico. Il "Giovane Leader" Kim Jong-un avrebbe pianificato un test, o un'esercitazione più vasta, il 15 aprile in occasione delle celebrazioni di Stato per il compleanno del nonno Kim Il-sung, fondatore- Dio della dinastia comunista di Pyongyang.

Gli esperti assicurano che il regime non dispone della tecnologia sufficiente per armare i propri missili di testate atomiche e che la minacciata rappresaglia, in risposta alle ultime sanzioni Onu e alle esercitazioni militari congiunte di Seul e Washington, non può oltrepassare il livello di un attacco convenzionale contro il Sud, come nel 2010, o di uno scontro lungo il confine blindato sul 38° parallelo.

L'imprevedibilità del "dittatore bambino", il mistero che da oltre sessant'anni circonda il suo "regno- eremita" e l'escalation della tensione negli ultimi giorni, hanno però spinto il Pentagono ad anticipare il dispiegamento a Guam dello scudo anti-missile "Thaad" e a inviare aerei e navi idonei a garantire la protezione dell'ombrello nucleare sia a Seul che a Tokyo.

Anche la Cina in queste ore starebbe ammassando truppe lungo il confine con il Nord. L'esercito popolare è in stato di massima allerta e i piani di Pechino, che ha rifiutato di mandare un inviato a Pyongyang, considerano due scenari: la necessità di penetrare in Corea del Nord per mettere in sicurezza i siti nucleari e l'emergenza di un improvviso flusso di massa di rifugiati dal Nord.

I satellitispia americani hanno confermato che Kim Jong-un sta lavorando alla ristrutturazione e al riavvio del reattore al plutonio di Yongbyon e al vicino impianto di arricchimento dell'uranio, disattivati 2007 dopo gli accordi che avevano consentito agli aiuti internazionali di soccorrere la popolazione alla fame. Per gli esperti il reattore proibito, ammesso che Pyongyang trovi i fondi per finanziarne la riapertura, non sarà operativo prima di tre-nove mesi.

Gli ordigni atomici del Nord, stimati tra 6 e 9, non potrebbero essere utilizzati prima di un anno. La necessità di guadagnare tempo induce dunque Kim Jong-un ad attivare anche la leva economica. Per il secondo giorno consecutivo il distretto industriale misto di Kaesong è stato chiuso agli 800 operai del Sud e Pyongyang ha minacciato di richiamare i suoi 53 mila lavoratori entro una settimana.

A Kaesong, simbolo della pacificazione inaugurato nel 2000 e chiuso tre volte nel 2009, Seul ha investito oltre 500 milioni di euro. Le sue aziende valgono 2 miliardi di dollari all'anno: fonte di liquidità vitale per il Nord, ma anche per 123 multinazionali del Sud. Seul ha garantito di essere preparata ad un'»azione straordinaria» per liberare eventuali ostaggi, ma fonti della difesa americana rivelano che i sudcoreani impiegati dieci chilometri oltre il confine «sono un obiettivo estremamente esposto».

A quattro mesi dallo scoppio dell'ultima crisi nella penisola, un episodio
che faccia sfuggire di mano la situazione resta l'incubo sia di Pyongyang che della comunità internazionale.

La Cina ha chiesto ieri informalmente agli Stati Uniti di «lasciare a Kim Jong-un una via d'uscita non disonorevole che eviti un'improvvisa implosione del Nord». Ufficialmente Pechino teme un'ondata di milioni di profughi nordcoreani, ma per la nuova leadership cinese lo spettro è una riunificazione che scateni «l'effetto-domino della democrazia in Asia»: dopo la Birmania, la Corea del Nord a stringere il cerchio proprio attorno alla Cina.

La Casa Bianca ha risposto frenando l'esibizione di forza degli ultimi giorni, sia per i timori di un attacco dimostrativo di Pyongyang nel Pacifico, sia per non consegnare totalmente Kim Jong-un nelle mani dell'esercito e dei suoi generali. Per l'intelligence Usa l'obiettivo di potenziare le difese in Oriente, per contenere l'ascesa cinese, è raggiunto e sul conto »non possono essere ora caricate vittime americane, o di Paesi alleati ». Pechino, Mosca e Washington concordano con Seul e Tokyo sul fatto che «non prevalgono oggi i segnali di un attacco su larga scala » da parte di Pyongyang.

L'»emergenza nuova» innescata da uno «scenario vecchio» deriva così dall'impossibilità di andare a vedere il presunto bluff atomico di Kim Jong-un, dall'insostenibilità internazionale della minima provocazione del Nord, dalla fragilità interna del «Grande Successore » e dal rilanciato confronto Cina- Usa.

Elementi che per la prima volta spaventano i mercati finanziari, al punto da riavvicinare gli sponsor politici di Pyongyang e di Seul: convinti che i «margini di peggioramento» sono esauriti e che oltre all'opzione bellica, fatale per la «teocrazia rossa dei Kim», consumata la propaganda, al Nord non resterà che il ritorno al tavolo dei negoziati anti-proliferazione nucleare.

 

 

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