matteo salvini giancarlo giorgetti giorgia meloni

FERMI TUTTI! - LA MAGGIORANZA PROPONE UN PARERE CONTRARIO ALLA RATIFICA DEL MES - E’ STATO PROPOSTO DALLA RELATRICE DI FRATELLI D’ITALIA, YLENJA LUCASELLI, IN COMMISSIONE BILANCIO DELLA CAMERA - L'ORIENTAMENTO DI FDI E LEGA È VOTARE A FAVORE DI QUESTO PARERE E DUNQUE CONTRO IL MES, MENTRE FORZA ITALIA SI ASTERRÀ - CHE FARA' GIORGIA MELONI? “TRADIRA'” LE PROMESSE FATTE QUANDO ERA ALL’OPPOSIZIONE E FARA' APPROVARE IL MES? - CIRCOLA L’IDEA DI VOTARE IL TESTO IN AULA CON UNA MODIFICA: SI POTRÀ ACCEDERE AL FONDO SALVA-STATI SOLO CON UNA MAGGIORANZA PARLAMENTARE QUALIFICATA…

giorgia meloni matteo salvini atreju

MES: MAGGIORANZA PROPONE PARERE CONTRARIO ALLA RATIFICA
FDI E LEGA PER IL NO A RATIFICA, FI INVECE SI ASTIENE 

 

(ANSA) - ROMA, 21 DIC - Il parere sulla ratifica dell'accordo che modifica il Mes proposto dalla relatrice di FdI, Ylenja Lucaselli, in commissione Bilancio della Camera, a quanto si apprende, è contrario. L'orientamento di FdI e Lega è votare a favore di questo parere e dunque contro il Mes, mentre FI si asterrà.

 

 (di Paolo Cappelleri) (ANSA) Chiusa la partita del Patto di stabilità entra nel vivo quella del Mes, un braccio di ferro delicato nel governo e nella maggioranza. L'epilogo è incerto, fra indiscrezioni su un possibile voto dietro l'angolo e quelle di un rinvio a gennaio.

 

Le pulsioni di chi fa resistenza su un accordo da sempre tabù per il centrodestra (FdI e Lega soprattutto) fanno i conti con i ragionamenti di chi, come Giancarlo Giorgetti in primis, mette in guardia dagli effetti che una mancata ratifica del cosiddetto Salva-banche avrebbe sui titoli di Stato italiani. E in generale sulla credibilità di un Paese che si è impegnato a ratificarlo con il governo Conte ed è rimasto l'unico a non averlo fatto. Ancor più rischiosa, però, secondo questa corrente, sarebbe una bocciatura in Parlamento. Per questo si sottolinea come il termine del 31 dicembre è sì significativo, ma non perentorio.

 

GIORGIA MELONI E MATTEO SALVINI

Ora il partito di Matteo Salvini pare il più irremovibile, e in quello di Giorgia Meloni non c'è né la volontà di aprire crepe, né di intestarsi in solitaria un'inversione a U. Per questo, salvo svolte nelle prossime ore, non sembrerebbero ancora esserci le condizioni per un voto in Aula, dove il provvedimento è al terzo punto dell'ordine del giorno della Camera.

 

Un primo rinvio è arrivato in commissione Bilancio, chiamata ad esprimere l'ultimo parere sul disegno di legge di ratifica della modifica del Mes. "Una scelta indecente", l'ha definita Luigi Marattin (Iv), sottolineando che alla seconda richiesta di chiarimenti della maggioranza, il Ministero dell'economia risposto che "nel caso assai remoto in cui venisse attivato il prestito dal Mes al Fondo Unico di Risoluzione non vi sarebbe un incremento apprezzabile delle probabilità che l'Italia debba versare quote di capitale". La nota per il Pd "sconfessa il bluff della maggioranza". Una telefonata fra Meloni e Salvini, raccontano fonti parlamentari, avrebbe aperto una giornata in cui la premier, dopo aver assistito in mattinata alla recita scolastica della figlia, non si è sentita bene.

MATTEO SALVINI GIORGIA MELONI - MEME BY OSHO

 

Tampone negativo, ma impegni annullati: conferenza stampa di fine anno slittata al 28 e telefonata al presidente della Repubblica Mattarella per fargli gli auguri e annunciargli l'assenza alla cerimonia con le alte cariche dello Stato nel pomeriggio al Quirinale. Sul fronte italiano ha regnato il silenzio sul Patto nelle ore precedenti all'Ecofin, con la modalità della videoconferenza che era fra i motivi dello scetticismo del governo in questi giorni.

 

"Si parla solo quando c'è l'intesa, certe uscite pubbliche non aiutano", l'osservazione con cui fonti dell'esecutivo confermavano il fastidio per la fuga in avanti di Francia e Germania prima del faccia a faccia fra i loro ministri delle finanze alla vigilia della riunione decisiva. Una volta trovato l'accordo, il commento positivo di Giorgetti è arrivato dopo quelli rimbalzati da Madrid, Berlino e Parigi. La Lega esprime "soddisfazione per il compromesso" all'insegna del "niente più austerity".

giorgia meloni e matteo salvini.

 

Ma l'idea di procedere a stretto giro alla ratifica del Mes non fa breccia fra i leghisti. Nessuno può sconfessare nessuno, è la sintesi dello stallo. Così sembra prevalere la strategia di prendere altro tempo. Si fanno già previsioni di tempi lunghi per la dichiarazione d'urgenza della ratifica del Protocollo Italia-Albania e la discussione della proposta di legge sugli illeciti agro-alimentari. Poi ci sarebbe il Mes. Resta l'ipotesi del rinvio in commissione, perché senza il parere della Bilancio (alle 8.30 si riuniscono i capigruppo di maggioranza) comunque non si può procedere con il voto.

 

(...) La via d'uscita potrebbe essere appunto una clausola che vincola l'utilizzo del Meccanismo da parte dell'Italia a un voto a maggioranza qualificata in Parlamento.

 

 

PATTO DI STABILITA'

Tommaso Ciriaco per la Repubblica - Estratti

 

 

matteo salvini giorgia meloni

Per raccontare la partita del Patto di stabilità, conviene cominciare dalla coda. Ieri pomeriggio, nel salone del Quirinale. I ministri del governo Meloni passeggiano, in attesa di Sergio Mattarella. Ci sono Matteo PiantedosiGilberto Pichetto FratinDaniela SantanchèGuido CrosettoRaffaele FittoMaria Elisabetta CasellatiAndrea Abodi. Si creano capannelli. Le voci si accavallano. «Chiederemo il rinvio del Patto a gennaio», assicura uno. «Sì - dice un altro - Giancarlo mi ha detto che non possiamo votarlo subito, faremo un po’ di scena, poi chiuderemo con un nuovo Ecofin straordinario».

 

GIANCARLO GIORGETTI - GIORGIA MELONI

Novanta minuti dopo, il colpo di scena: «Accordo fatto, c’è l’ok di Roma alla riforma». Cosa è successo? Di tutto. Ma soprattutto, è accaduto che Giorgia Meloni Giancarlo Giorgetti, nell’ultimo di mille contatti, prendono atto che l’Italia è rimasta sola, immobilizzata nella morsa franco-tedesca: «Se mettiamo il veto – è il senso del ragionamento su cui concordano - rischiamo il ritorno alle vecchie regole. E i mercati potrebbero colpirci».

 

GIANCARLO GIORGETTI - GIORGIA MELONI

Fin dalla notte di martedì, d’altra parte, realismo e rabbia si fondono in un inestricabile groviglio di sensazioni che la premier deve governare. Ha di fronte un bivio, ineluttabile: rompere, denunciando la mortificazione subita dall’annuncio unilaterale dei ministri di Parigi e Berlino sul Patto, oppure accettare il compromesso e pagare un prezzo in termini di reputazione. Per prendere tempo, lanciano la palla un po’ più avanti: «Trattiamo ancora fino all’Ecofin, l’accordo non è chiuso». In realtà, i margini per migliorare quel testo sono residuali. E c’è soprattutto da costruire una ritirata.

Mentre Palazzo Chigi studia la strategia – e mentre Meloni sente Emmanuel Macron, ma anche Matteo Salvini – la maggioranza sbanda. In Parlamento, dove la linea della premier si confonde nei duelli tra alleati. Succede al mattino: FdI e Forza Italia sono pronti a far votare in commissione Bilancio il parere sul Mes. È l’ultimo passo prima del passaggio in Aula. Il via libera arriverebbe dalle opposizioni, la maggioranza si asterrebbe. Eppure, qualcosa si incaglia: la Lega fa sapere che si opporrà. In fretta e furia, si decide per un rinvio.

 

Passa qualche ora. In videocollegamento, Giorgetti offre il via libera italiano al Patto. I ministri non se lo aspettano. A dire la verità, sono anche convinti che il Mes sarà votato soltanto a febbraio, dopo il Consiglio europeo straordinario sul bilancio comunitario. E invece, il titolare del Tesoro – rinnegando lo scetticismo con cui soltanto quattro giorni prima aveva sostenuto che non è consigliabile varare una riforma epocale in streaming – accetta la proposta franco-tedesca. È la svolta.

 

(...) 

 

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