cossiga moro dago

COSSIGA, DAGO E PERCHE’ IL GATTOSARDO DOVETTE PIEGARE LA TESTA ALLA DECISIONE DI SACRIFICARE LA VITA DEL SUO MAESTRO POLITICO, ALDO MORO – LA DESOVRANIZZAZIONE DELL'ITALIA SCONFITTA, TRA NATO E GUERRA FREDDA – PER L’FBI NON SI DOVEVA COLPIRE UNA CELLULA MA ESTIRPARE LA RETE DELLE BRIGATE ROSSE. INTERVENIRE IN VIA GRADOLI AVREBBE INFIAMMATO ANCOR DI PIÙ IL TERRORISMO DELLE BR – “IL POTERE NON E’ QUELLO CHE SI LEGGE SUL GIORNALE O SI VEDE IN TELEVISIONE. IL POTERE E' INVISIBILE…” - VIDEO

DAGONOTA

 

francesco cossiga 2

Il decennale della morte di Cossiga non poteva non riaprire la botola dei misteri d’Italia. Ma c’è poco da chiarire se si analizza la politica al di là del proprio ombelico. Per anni ho frequentato Cossiga, che intervenne frequentemente su Dagospia allorché non solo i giornali ma perfino le agenzie di stampa decisero che era un “pazzo con piccone” e non andava più pubblicato.

 

dago e cossiga

Correvano i primi anni Duemila e il Gattosardo mi venne a trovare accompagnato da Barbara Palombelli. Francamente io non avevo mai avuto in testa la politica, né mi interessava averla. Anzi, da sempre curavo rubriche di costume ed ero intenzionato a continuare a coltivare il mio orticello di ficcanaso. E invece, dopo i primi contatti con lui, capii che erano gli altri ad avere bisogno di un prodotto editoriale come Dagospia.

francesco cossiga henry kissinger

 

In quei primi tempi mi facevo tradurre i suoi pezzi scritti in ‘cossighese’ dall’amico Fernando Proietti, giornalista del Corriere, per decifrarli. Finché un bel giorno mi trovai “promosso” nel suo salotto di via Quirino Visconti, tra Zanda e Savona, Naccarato e Ciccio Bongarà, generali e barbefinte, che per me si trasformò in un corso accelerato di formazione politica.

 

Cossiga mi spiegò che la vera anima della politica italiana non è quella che si vede sui giornali e in televisione. I processi decisionali che stanno alla base di molte scelte che condizionano e coinvolgono il Paese hanno origini e iter diversi. Insomma la parte che non emerge, silente e potente, quello che oggi chiamiamo “Deep state”.

francesco cossiga e aldo moro

 

Dai servizi segreti (a cui Cossiga in un certo senso era legato storicamente) agli apparati militari, passando per il Viminale e la Consulta e ambasciate varie, massoneria e Vaticano compresi. Di qui l’insegnamento metodologico: appresi che le informazioni non andavano mai chieste ai politici, bensì ai funzionari, agli uomini dell’apparato.

aldo moro brigate rosse

 

E ciò che ho imparato dal Gattosardo è che la politica non si esaurisce nella semplice lettura degli interessi nazionali. E’ geopolitica perché occorre mettere sempre in gioco il posto dell'Italia in Europa e nel mondo.

renato rascel, francesco cossiga e aldo moro

 

Il mistero della non trattativa e della morte di Aldo Moro sta tutto lì: geopolitica.

 

Il Bel Paese nell’anno 1978 non era un'oasi; non viveva in dorato isolamento; l’Italia aveva perso la seconda guerra mondiale, il patto di Yalta sanciva una separazione netta tra le zone di competenza di Occidente e Oriente, a Berlino per saldare lo stato della Guerra Fredda l’Unione Sovietica tirò su un minaccioso muro. I governi delle nazioni sconfitte, Italia e Germania, non potevano illudersi d'improvvisare senza pagare un prezzo salato. La Nato, all’epoca, non era la tigre di carta di oggi.

 

Francesco Cossiga in via Caetani, davanti alla R4 con il cadavere di Aldo Moro

Il rapimento di Moro vide il duello tra chi era favorevole a una trattativa con le Brigate Rosse (socialisti e democristiani) e chi si opponeva (comunisti di Berlinguer e il nascente partito di “Repubblica” con in testa Scalfari. Fino a quel momento nel mondo l’unico terrorismo era incarnato dal fronte palestinese di Arafat che in Italia godeva, anche economicamente, del supporto di Craxi e Andreotti. Cosa che irritava profondamente Washington (con l’assassinio di un cittadino statunitense ebreo sulla nave da crociera Achille Lauro e il fattaccio di Sigonella, il rapporto con gli Stati Uniti si trasformò poi in piena ostilità).

cossiga

 

Veniamo al punto dolens. Sul terrorismo all’italiana l’intelligence americana aveva idee dure e ben chiare: non si colpisce una cellula ma si deve estirpare tutta la rete. Intervenire in via Gradoli – dove erano asserragliati Moretti e Balzarani, come suggerito dal ‘’medium’’ di Prodi – avrebbe innescato secondo i cervelli dell’FBI una reazione: quella di fortificare le altre cellule, infiammando ancor di più il terrorismo delle BR. Occorreva sacrificare la vita di Aldo Moro per un piano più articolato e definitivo.

ALDO MORO IL COVO BR DI VIA GRADOLI

 

(Ancora oggi alcuni apparati dell’intelligence americana non perdonano la decisione di Obama e di Hillary Clinton di far fuori Bin Laden, avendo ottenuto poi come risultato la fine di Al Qaeda e la nascita di un terrorismo globalizzato chiamato Isis, con le conseguenze per l’Occidente di una vita a rischio bomba).

mattarella e cossiga

 

Ecco perché la figlia Annamaria, nella sua bellissima intervista di oggi sul “Corriere”, racconta che ‘’il suo dolore era visibilmente somatizzato: i capelli gli diventarono bianchi, la pelle macchiata dalla vitiligine. Si sentiva responsabile di quella morte. E sì, capitava che di notte si svegliasse dicendo: “L’ho ucciso io”.

 

ANNA MARIA E FRANCESCO COSSIGA

All’epoca ministro degli Interni, Cossiga era a conoscenza di tutto e ben consapevole, come racconta meglio di me Paolo Guzzanti nel pezzo che segue, che l’Italia fascista uscita sconfitta dalla Seconda guerra Mondiale, alleata per vent’anni con il nazismo, non era e non poteva essere un paese sovrano, tant’è che la Nato riempì di basi militari la penisola, da Aviano a Bagnoli, dalla Maddalena fino a Sigonella.

 

E il Gattosardo divenne il Gattoperdo quando si dovette rassegnare alla decisione dei vincitori della guerra e lasciare al suo terribile destino il suo compagno di partito e maestro politico.

 

 

2. DIECI ANNI SENZA PICCONATE TUTTI ORFANI DI COSSIGA

Paolo Guzzanti per “il Giornale”

cossiga e guzzanti

 

Dieci anni fa Francesco Cossiga se ne andò in silenzio, solo e malato, lasciando per sempre la scena che aveva occupato con una personalità spropositata ed eccezionale, che stupì tutti. Indignò molti ma che scaturiva da una personalità straordinaria, in grado di prevedere e anticipare le conseguenze che avrebbe avuto in Italia la dissoluzione dell'impero sovietico.

 

Quella dissoluzione avrebbe spodestato il nostro Paese dalla comoda posizione di «cerniera» fra Est e Ovest, che era stata la sua rendita per quasi mezzo secolo. I due grandi protagonisti - la Democrazia cristiana e il Partito comunista - si sarebbero estinti come dinosauri se non si fossero brutalmente modificati anticipando i tempi, o sarebbero stati travolti.

 

cossiga

 

Il Pci si trasformò in corso nel Pds, pronto a ricevere l'eredità di un potere ormai disfatto, mentre la Dc tendeva a disperdersi o a congiungersi con la sinistra. Cossiga aveva visto in tempo questa bufera e cominciò a dare segnali di insofferenza e altri di raccomandazione per evitare la catastrofe.

francesco cossiga

 

Ma poiché nessuno è amato se tenta di essere un profeta in patria, Cossiga fu attaccato specialmente da tutta la sinistra - politica ed editoriale - inventando la bestia nera da uccidere o almeno da imbavagliare ed estromettere. Cossiga aveva un temperamento bizzarro noto a tutti, ma assolutamente non era «matto».

moro cossiga

 

La nostra amicizia iniziò quando La Stampa mi mandò a Gela per l'inaugurazione dell'anno giudiziario, per vedere quale altro show il presidente avrebbe messo in scena, come aveva già fatto diverse volte in quei giorni. Io andai un po' di malavoglia e ignoravo che la sera precedente fosse andata in onda una mia intervista con Catherine Spaak nel suo programma settimanale.

 

Pollari e Cossiga

Cossiga mi prelevò dalla selva dei cronisti confinati dietro le transenne e mi portò con sé nella sala in cui pronunciò un'invettiva contro il giornalista Giorgio Bocca che aveva attaccato i carabinieri coinvolti nei delitti della Uno Bianca. Io pensai che era molto fervente e aggressivo, ma non matto.

 

E lo scrissi senza rendermi conto di avere infranto un tabù, anzi un tacito patto fra giornalisti e politici secondo il quale tutti dovevano dire scrivere e denunciare scandalizzati che il presidente della Repubblica era impazzito per indurlo alle dimissioni o dichiararlo mentalmente inadatto a svolgere il suo ruolo.

 

francesco cossiga e silvio berlusconi

La giornalista dell'Economist Tana de Zulueta fu portata in trionfo per avere scritto che Cossiga era matto come la lepre marzolina di Alice nel Paese delle meraviglie e l'Italia diventò un Paese molto più matto di quanto lo fosse Cossiga, che non era matto affatto.

 

LE PAROLE DI FRANCESCO COSSIGA SU MARIO DRAGHI

Cossiga era stato in silenzio per alcuni anni duranti i quali aveva assistito dalle finestre del Quirinale al disfacimento della Repubblica e aveva visto con molta lucidità il piano che prevedeva, con il tifone di Mani Pulite che tagliò la testa a tutti i partiti tranne che al Pci, la sostituzione per via rivoluzionaria della vecchia classe dirigente democristiana, socialista e laica.

 

cossiga berlinguer

Fu a quel punto che l'imprenditore Silvio Berlusconi - dopo avere vanamente fatto il tifo per Mario Segni che non fu sostenuto dal segretario democristiano Mino Martinazzoli, che aveva raccolto moltissimi consensi sulla sua linea di rinnovamento - decise di tagliare il nodo gordiano scendendo in campo lui stesso con un partito nuovo di zecca strutturato sull'organizzazione di Publitalia, che raccoglieva la pubblicità per le sue televisioni.

ANNA MARIA E FRANCESCO COSSIGA

 

Il resto è noto: nacque una coalizione di centrodestra che metteva insieme leghisti ed ex missini, senza farli incontrare, poi la vittoria e l'immediata guerra delle procure e degli avvisi di garanzia. Cossiga non fu neutrale in questa guerra e si schierò sempre contro lo strapotere politico dei magistrati, attirandosi l'odio crescente della sinistra.

 

moro cossiga

Ma per la sinistra istituzionale («quei signori comunisti di una volta») cercò sempre di mantenere rapporti personali stretti e rispettosi. Questa fu per lui la maggiore delusione perché tutti coloro che da sinistra, lo avevano eletto e lodato, adesso erano i suoi nemici più feroci.

moro cossiga

 

 

cossiga e craxi

Cossiga era stato per molti anni l'uomo di Aldo Moro che lo aveva voluto con sé per occuparsi dell'intelligence e dei rapporti in particolare con gli americani e gli inglesi e per valutare in maniera intelligente le mosse del Partito comunista, eternamente in mezzo al guado perché non riusciva mai a compiere il passo conclusivo per l'atteso ma mai arrivato «strappo» dall'Unione Sovietica.

 

Si sentì profondamente ferito dall'atteggiamento di suo cugino Enrico Berlinguer, segretario del Pci e autore del progetto di «compromesso storico», il quale rispose alle sue manifestazioni di affetto dichiarando che con i cugini al massimo «si mangia l'agnello a Pasqua».

 

francesco cossiga 2

Berlinguer non esitò a metterlo in stato d'accusa davanti al Parlamento quando aiutò Carlo Donat Cattin, capo della corrente sindacale democristiana, a rintracciare suo figlio che era un militante terrorista di Prima Linea. Diventò ben presto un uomo solo, abbandonato da tutti, democristiani e comunisti in particolare.

 

Io scrissi un libro, Cossiga uomo solo per Mondadori e lui venne alla presentazione in via Sicilia a Roma dove inaugurò un termine del tutto nuovo per la politica: il verbo «picconare». Disse di avere svolto il duro mestiere del picconatore per rimuovere gli ingombri della vecchia repubblica e dei suoi parassiti e che stava pagando il prezzo per questa opera di bonifica o, come si direbbe oggi, di sanificazione.

ratzinger cossiga 2

 

Divenne così «il Picconatore», il suo soprannome e la sua funzione repubblicana: colui che abbatteva edifici fatiscenti e pericolosi. Si rivolse con grande dignità alla nazione in uno dei suoi rari messaggi presidenziali, spiegando con competenza e cultura costituzionale i rischi che stava correndo il Paese.

 

Poi venne la stagione delle stragi di mafia e delle strategie politiche a esse connesse. Incaricò, d'accordo con Andreotti presidente del Consiglio, Giovanni Falcone di indagare, con credenziali diplomatiche (Falcone non era più un procuratore ma dirigeva le carceri) sulla fuga del tesoro dell'Unione Sovietica che secondo l'ambasciatore Yuri Adamishin veniva riciclato in Italia con tangenti di entità mostruosa.

 

cossiga

La fine di Falcone è nota e anche dell'inchiesta. Io accompagnai Cossiga nel suo esilio in Irlanda quando decise di dimettersi con qualche giorno d'anticipo sulla data di scadenza prevista. Mi portò con sé a Dublino e fu un viaggio piuttosto mesto. Ci siamo poi rivisti molte volte, anche come senatori della Repubblica.

 

cossiga e andreotti

Quando lo andai a trovare l'ultima volta per prima cosa mi disse: «Guarda che il tuo telefonino è di un modello vecchio. Io ho appena ricevuto il nuovo». Poi mi portò nello studio che era il sancta sanctorum dei suoi oggetti tecnologici e bandiere del regno di Sardegna.

Cossiga Reagancossiga siouxcossiga congresso_dccossiga e adriana faranda cossiga MORO BRIGATE ROSSEL AGGUATO DI VIA FANI DELLE BRIGATE ROSSE PER RAPIRE ALDO MOROaldo moro enrico berlinguer compromesso storicocossiga e pertinicossiga cossiga e zaccagninicossiga cossiga palombelli cossiga Cossiga Craxi 1986

MASTELLA COSSIGAGIUSEPPA SIGURANI - EX MOGLIE DI COSSIGANAPOLITANO ANDREOTTI COSSIGA PRODI COSSIGA E NAPOLITANO CIAMPI SCALFARO COSSIGA E NAPOLITANO roberto d agostino e ferdinando proietticossiga e andreotti 6

Ultimi Dagoreport

xi jinping donald trump vladimir putin

DAGOREPORT - LA CERTIFICAZIONE DELL'ENNESIMO FALLIMENTO DI DONALD TRUMP SARÀ LA FOTO DI XI JINPING E VLADIMIR PUTIN A BRACCETTO SULLA PIAZZA ROSSA, VENERDÌ 9 MAGGIO ALLA PARATA PER IL GIORNO DELLA VITTORIA - IL PRIMO MENTECATTO DELLA CASA BIANCA AVEVA PUNTATO TUTTO SULLO "SGANCIAMENTO" DELLA RUSSIA DAL NEMICO NUMERO UNO DEGLI USA: LA CINA - E PER ISOLARE IL DRAGONE HA CONCESSO A "MAD VLAD" TUTTO E DI PIU' NEI NEGOZIATI SULL'UCRAINA (COMPRESO IL PESTAGGIO DEL "DITTATORE" ZELENSKY) - ANCHE SUI DAZI, L'IDIOTA SI È DOVUTO RIMANGIARE LE PROMESSE DI UNA NUOVA "ETA' DELL'ORO" PER L'AMERICA - IL TRUMPISMO SENZA LIMITISMO HA COMPIUTO COSI' UN MIRACOLO GEOPOLITICO: IL REGIME COMUNISTA DI PECHINO NON È PIÙ IL DIAVOLO DI IERI DA SANZIONARE E COMBATTERE: OGGI LA CINA RISCHIA DI DIVENTARE LA FORZA “STABILIZZATRICE” DEL NUOVO ORDINE GLOBALE...

alfredo mantovano gianni de gennaro luciano violante guido crosetto carlo nordio alessandro monteduro

DAGOREPORT – LA “CONVERSIONE” DI ALFREDO MANTOVANO: IL SOTTOSEGRETARIO CHE DOVEVA ESSERE L’UOMO DI DIALOGO E DI RACCORDO DI GIORGIA MELONI CON QUIRINALE, VATICANO E APPARATI ISTITUZIONALI (MAGISTRATURA, CORTE DEI CONTI, CONSULTA, SERVIZI. ETC.), SI È VIA VIA TRASFORMATO IN UN FAZZOLARI NUMERO 2: DOPO IL ''COMMISSARIAMENTO'' DI PIANTEDOSI (DOSSIER IMMIGRAZIONE) E ORA ANCHE DI NORDIO (GIUSTIZIA), L’ARALDO DELLA CATTO-DESTRA PIÙ CONSERVATRICE, IN MODALITA' OPUS DEI, SI E' DISTINTO PER I TANTI CONFLITTI CON CROSETTO (DALL'AISE AI CARABINIERI), L'INNER CIRCLE CON VIOLANTE E GIANNI DE GENNARO, LA SCELTA INFAUSTA DI FRATTASI ALL'AGENZIA DI CYBERSICUREZZA E, IN DUPLEX COL SUO BRACCIO DESTRO, IL PIO ALESSANDRO MONTEDURO, PER “TIFO” PER IL “RUINIANO” BETORI AL CONCLAVE...

francesco milleri andrea orcel carlo messina nagel donnet generali caltagirone

DAGOREPORT - COSA FRULLA NELLA TESTA DI FRANCESCO MILLERI, GRAN TIMONIERE DEGLI AFFARI DELLA LITIGIOSA DINASTIA DEL VECCHIO? RISPETTO ALLO SPARTITO CHE LO VEDE DA ANNI AL GUINZAGLIO DI UN CALTAGIRONE SEMPRE PIÙ POSSEDUTO DAL SOGNO ALLUCINATORIO DI CONQUISTARE GENERALI, IL CEO DI DELFIN HA CAMBIATO PAROLE E MUSICA - INTERPELLATO SULL’OPS LANCIATA DA MEDIOBANCA SU BANCA GENERALI, MILLERI HA SORPRESO TUTTI RILASCIANDO ESPLICITI SEGNALI DI APERTURA AL “NEMICO” ALBERTO NAGEL: “ALCUNE COSE LE HA FATTE… LUI STA CERCANDO DI CAMBIARE IL RUOLO DI MEDIOBANCA, C’È DA APPREZZARLO… SE QUESTA È UN’OPERAZIONE CHE PORTA VALORE, ALLORA CI VEDRÀ SICURAMENTE A FAVORE” – UN SEGNALE DI DISPONIBILITÀ, QUELLO DI MILLERI, CHE SI AGGIUNGE AGLI APPLAUSI DELL’ALTRO ALLEATO DI CALTARICCONE, IL CEO DI MPS, FRANCESCO LOVAGLIO - AL PARI DELLA DIVERSITÀ DI INTERESSI BANCARI CHE DIVIDE LEGA E FRATELLI D’ITALIA (SI VEDA L’OPS DI UNICREDIT SU BPM), UNA DIFFORMITÀ DI OBIETTIVI ECONOMICI POTREBBE BENISSIMO STARCI ANCHE TRA GLI EREDI DELLA FAMIGLIA DEL VECCHIO RISPETTO AL PIANO DEI “CALTAGIRONESI’’ DEI PALAZZI ROMANI…

sergio mattarella quirinale

DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È IMBUFALITO PER I ‘’COLPI DI FEZ’’ DEL GOVERNO MELONI. A FAR SOBBALZARE LA PRESSIONE ARTERIOSA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA SONO STATI I SUOI CONSIGLIERI QUIRINALIZI - QUANDO HA LETTO SUI GIORNALI IL SUO INTERVENTO A LATINA IN OCCASIONE DEL PRIMO MAGGIO, CON LA SEGUENTE FRASE: “TANTE FAMIGLIE NON REGGONO L'AUMENTO DEL COSTO DELLA VITA. SALARI INSUFFICIENTI SONO UNA GRANDE QUESTIONE PER L'ITALIA”, A SERGIONE È PARTITO L’EMBOLO, NON AVENDOLE MAI PRONUNCIATE – PER EVITARE L’ENNESIMO SCONTRO CON IL GOVERNO DUCIONI, MATTARELLA AVEVA SOSTITUITO AL VOLO ALCUNI PASSI. PECCATO CHE IL TESTO DELL’INTERVENTO DIFFUSO ALLA STAMPA NON FOSSE STATO CORRETTO DALLO STAFF DEL COLLE, COMPOSTO DA CONSIGLIERI TUTTI DI AREA DEM CHE NON RICORDANO PIU’ L’IRA DI MATTARELLA PER LA LINEA POLITICA DI ELLY SCHLEIN… - VIDEO

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE AMERIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)