1. SCOVATO UN ARSENALE DI SASSI, BASTI E OGGETTI APPUNTITI VICINO LO STADIO OLIMPICO 2. IL DERBY DELL’ODIO: LA GUERRA CIVILE CHE SCOPPIA A ROMA PER UNA PARTITA DI CALCIO 3. LA STRACITTADINA ROMANA NON È UNA PARTITA DI CALCIO, MA GUERRA CIVILE, DA SEMPRE, E IN PARTICOLARE DALLA MORTE DEL TIFOSO LAZIALE PAPARELLI, L’ESCALATION DELLA VIOLENZA HA RAGGIUNTO LIVELLI IMPRESSIONANTI. PRIMA SI SCONTRAVANO LE DUE TIFOSERIE, ORA GLI ULTRAS SI ALLEANO CONTRO LE FORZE DELL’ORDINE

1. ARSENALE VICINO LO STADIO
Ansa.it

Bastoni, sassi e qualche oggetto appuntito sono stati trovati in due sacchi nascosti sotto il Ponte Duca D'Aosta a Roma, nei pressi dello stadio Olimpico, dove stasera si giocherà la finale derby di Coppa Italia tra Roma e Lazio. Gli oggetti, una ventina, sono stati ritrovati durante le bonifiche a della polizia.

Ieri sera durante i controlli, nei pressi dello stadio Olimpico, sono stati trovati coltelli, picconi ed asce artigianali, nascosti all'interno dei sacchi sotto il ponte Della Musica. Altri sacchi, erano stati trovati sotto Ponte Duca D'Aosta con sassi e bastoni.

Tensione all'entrata dello stadio Olimpico dove un gruppo di tifosi ha esploso dei petardi, dopo aver varcato il primo cancello dal lato del Ponte duca D'Aosta, nella curva sud. Le forze dell'ordine hanno disperso il gruppo con una carica di alleggerimento.

La grande attesa sta per terminare, Roma e Lazio sono pronte ad affrontarsi a viso aperto per una finale di Coppa Italia dal sapore particolare, un derby mozzafiato che vale tutta una stagione, ma a turbare la vigilia della finale le minacce telefoniche arrivate sulle utenze private di alcuni giocatori della Lazio "per perdere".

Minacce prontamente denunciate alle autorità ma che inevitabilmente gettano un'ombra su questo derby, unico nella sua storia perché vale un trofeo. L'attenzione e le tensioni che ruotano intorno a questa finale sono tante e vanno avanti da settimane, da quando è stato anticipato l'orario d'inizio alle 18 dopo un lungo tribolare vista la concomitanza delle elezioni comunali e soprattutto gli incidenti del derby di campionato dello scorso aprile.

'Le minacce sono arrivate ieri a 3-4 giocatori. La Lazio ha già denunciato tutto, la formalizzazione avverrà però dopo la partita'. Claudio Lotito conferma all'ANSA la posizione della società biancoceleste sulla vicenda che agita la vigilia del derby. 'Sono degli scriteriati, i tifosi veri diano vita a una festa di sport', aggiunge.

Da giorni si susseguono gli inviti alla distensione perché quella di domani all'Olimpico sia soprattutto una festa, a prescindere da quale delle due squadre alzerà il trofeo. Grande spiegamento di forze, con circa 2.00 uomini delle forze dell'ordine impegnate per garantire che tutto fili liscio.

L'auspicio che quella di domani sia soprattutto una festa era già arrivato ieri dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che incontrando le delegazione delle due squadre aveva posto l'accento sulla necessità di "spazzare via dagli stadi la beceraggine", un chiaro riferimento al razzismo, soprattutto dopo gli episodi di fine campionato che hanno visto protagoniste frange di supporter giallorossi.

"Tutto quello che non riguarda lo spettacolo non deve succedere - le parole del difensore della Roma, Nicolas Burdisso che si è detto dispiaciuto per le minacce ricevute dai giocatori della Lazio - Mi auguro di vedere una grande festa prima e dopo alla partita a prescindere dal risultato".

2. IL DERBY DELL'ODIO: LA GUERRA CIVILE CHE SCOPPIA A ROMA PER UNA PARTITA DI CALCIO
Giuseppe Toti per "Corriere della Sera"

Chi non conosce Roma (calcistica ma non solo) fatica sempre a comprendere. Qui, invece, ancora ci sorprendiamo di chi si sorprende. Drammatico e deprimente, eppure vero. Quando c'è di mezzo Roma-Lazio tutto si trasforma e si slabbra. Il derby non è la sfida più attesa, la partita che sfugge alla ragione ma pure sempre una partita, la goduria massima o la delusione più atroce. Diventa «guerra civile».

Qui, quando c'è di mezzo il derby, Roma torna borgo antico, schiava di un campanilismo cieco e senza speranza. È una rivalità viscerale che nasce quando nasce la sfida. E che tragicamente scivola nell'odio violento da cui quest'evento non si è più emendato.

Il primo punto di rottura, che muta per sempre la storia degli stadi italiani è inciso nella memoria di tutti: 28 ottobre 1979. Gli anni di piombo sono arrivati anche là dentro, politicizzando le curve e connotandole in maniera sempre più estrema. Il 28 ottobre del '79, prima di un derby di campionato, Vincenzo Paparelli viene raggiunto al volto da un razzo lanciato da alcuni teppisti-ultrà della curva Sud romanista e muore all'istante.

Vincenzo Paparelli è un padre di famiglia, un tifoso della Lazio che sta mangiando un panino in curva Nord, accanto a sua moglie, in attesa che cominci la partita. Muore così. Senza motivo. Nel luogo del «divertimento» per eccellenza. Che da quell'attimo, invece, perderà per sempre la sua innocenza. L'escalation sarà inesorabile e non si arresterà più.

Impossibile registrare un derby senza scontri fra tifoserie, senza cariche agli uomini in divisa, senza feriti, senza terrore. Ogni volta è un bollettino di guerra. Che culmina nel secondo punto di rottura, il 21 marzo 2004: meno di dieci anni fa, cinque lustri dopo l'omicidio di Paparelli.

Quella sera, mentre si sta giocando il derby di campionato, lo stadio viene imprigionato dalla «notizia» della morte di un bambino, un giovane tifoso investito fuori dallo stadio da una camionetta della polizia. Un gruppo di tifosi giallorossi entra sulla pista dell'Olimpico e convoca Francesco Totti, il capitano della Roma, il quale viene invitato a parlare con l'arbitro Rosetti affinché la partita venga sospesa.

Ma la «notizia» è falsa. Non c'è nessun morto, nessun bambino investito. Il questore dell'epoca Nicola Cavaliere prende il microfono per tentare di placare l'immotivata angoscia del pubblico e far riprendere la gara. Ma non c'è niente da fare. Romanisti e laziali, tutto lo stadio, sono convinti che le forze dell'ordine intendano solo nascondere la notizia per far finire il derby. La partita verrà sospesa e recuperata un mese dopo.

È il secondo punto di rottura. Perché da quel momento prende piede un fenomeno perverso e pericolosissimo: le frange più estreme delle due tifoserie si alleano contro gli uomini in divisa. Sono loro, poliziotti e carabinieri i primi «nemici» verso cui scaricare odio e violenza.

Ciò che si scatena l'11 novembre 2007 - il giorno in cui il povero tifoso biancoceleste Gabriele Sandri, mentre sonnecchia seduto in macchina, viene colpito e ucciso da un colpo di pistola sparato da un poliziotto in un'area di servizio vicino ad Arezzo - non ha paragoni nella pur ricca follia delinquenziale del calcio italiano. È guerriglia autentica. Caserme assaltate, agenti barricati per difendersi da un torrente umano fuori controllo. È un inferno che dura ore. Un tempo infinito e che solo per caso non produce altri morti. Miracolo puro.

 

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