davide vecchi denis verdini

''SE AVESSERO FATTO CON MPS QUELLO CHE HANNO FATTO CON VERDINI, SAREBBE IN CARCERE MEZZO PARLAMENTO'' - DAVIDE VECCHI, CHE PER UN BREVE PERIODO HA LAVORATO PER VERDINI (MA NELL'ARTICOLO IL DETTAGLIO È OMESSO) RICOSTRUISCE LA CONDANNA PER IL CREDITO COOPERATIVO FIORENTINO E LE DIFFERENZE CON L'INCHIESTA DI SIENA (E BANCA ETRURIA): ''MAI VISTO INDAGINI FATTE COSÌ MALE. A QUEST'ORA I NOMI DEI POLITICI…''

 

VERDINI RIMASTO FUORI DALLE LISTE DELLE POLITICHE TROVA LAVORO CON ANGELUCCI: SI OCCUPERÀ DEI SUOI GIORNALI: LIBERO, IL TEMPO, IL CORRIERE DELL’UMBRIA, DI SIENA, DI AREZZO, DI VITERBO E DI RIETI

13 febbraio 2018

 

https://notizie.tiscali.it/cronaca/articoli/verdini-presidente-tosinvest-angelucci/

 

 

EDITORIA, NUOVO DIRETTORE AL CORRIERE DELL’UMBRIA: ECCO DAVIDE VECCHI

19 novembre 2018

http://www.umbriadomani.it/politica-umbria/editoria-nuovo-direttore-al-corriere-dellumbria-ecco-davide-vecchi-215732/

 

 

 

 

DENIS VERDINI ANTONIO ANGELUCCI

DAGONOTA - Davide Vecchi è un bravissimo giornalista con una lunga esperienza, che ha seguito per anni la politica toscana e non solo. Non ha mai fatto sconti a Renzi né a Verdini. Però nell'intervista che segue sia lui che l'autrice dimenticano di precisare che quando è stato ingaggiato dalla famiglia Angelucci per dirigere il gruppo ''Corriere'' (dell'Umbria, Siena, Arezzo, Viterbo, Rieti), a guidare i quotidiani come amministratore c'era proprio Verdini.

 

Verdini era a capo delle attività editoriali del gruppo Tosinvest dal 13 febbraio 2018, Vecchi è stato nominato il 18 novembre. La carica di Verdini era probabilmente ''amicale'': Angelucci dopo la mancata rielezione in Parlamento gli aveva offerto ruolo e stipendio per non farlo stare a spasso. Tanto che ad aprile 2019 lascerà la poltrona. Però diciamo che un dato simile non può essere omesso quando si vuole ''difendere'' il vecchio macellaio fiorentino. Non l'hanno fatto Mattia Feltri, Giuliano Ferrara, Adriano Sofri, non capiamo perché lo debba fare Vecchi…

MATTEO RENZI E DENIS VERDINI

 

 

 

“Io non sono mai stato tenero con Verdini, anzi. Ho seguito la sua storia giudiziaria, tutti i suoi processi, nello specifico la vicenda del Credito Cooperativo Fiorentino sin da quando è iniziata, nel 2011. Ed è apparsa a dir poco particolare”. Davide Vecchi, per dieci anni cronista di giudiziaria inviato del Fatto Quotidiano e oggi direttore del Gruppo Corriere (Corriere dell’Umbria, Corriere di Siena, di Arezzo, Rieti e Viterbo), parla all’HuffPost all’indomani della sentenza della Cassazione su Denis Verdini. L’ex senatore di Forza Italia e fondatore di Ala è stato condannato a 6 anni e mezzo per il crac della banca di Credito Cooperativo Fiorentino, di cui era presidente. Il procuratore generale della Suprema corte aveva chiesto l’annullamento con rinvio per una parte delle accuse, ma il collegio ha confermato la sentenza d’appello.

nicola latorre, denis verdini luca lotti

 

La parola fine sul caso è stata scritta, ma il giornalista, che conosce bene la vicenda, non può non fare alcune riflessioni. “L’inchiesta della procura di Firenze era approfondita, un lavoro certosino - ricorda Vecchi – un fascicolo pieno di materiale, molto estraneo al Ccf. Quando anni dopo mi sono occupato di Mps e Banca Etruria non ho riscontrato la medesima attenzione ma l’esatto opposto. Se si fosse operato nel medesimo modo anche in questi ultimi due casi le conseguenze sarebbero state ben diverse”. Ma per il giornalista c’è anche un’altra differenza tra la vicenda di Verdini e quella delle altre banche toscane: le conseguenze sui risparmiatori.

davide vecchi il suicidio imperfetto di david rossi

 

Subito dopo la condanna di Verdini, su Twitter lei ha scritto che nel crac della banca di Verdini nessuno ha perso un euro. Eppure la condanna è per bancarotta. Ci può spiegare questo passaggio?

Il fascicolo sul Ccf di Verdini è molto complesso e ha avuto numerose diramazioni, molte finite in nulla. La dichiarazione di bancarotta è stata generata dalle svalutazioni compiute dalla vigilanza di Banca d’Italia ma nessuno dei risparmiatori, nessuno di quanti avevano depositi o investimenti, nessuno ha perso un euro. E infatti nessuno infatti si è mai ritenuto truffato. Per assurdo la banca era sostanzialmente sana, aveva un patrimonio, immobili propri, sportelli e nulla era gravato da debiti o altro. Tutto acquisito poi da ChiantiBanca. 

 

Lei ha seguito l’inchiesta dall’inizio, cosa ricorda?

LIBRO DAVIDE VECCHI

La sterminata mole di atti. Una quantità di materiale incredibile. Con vicende anche estranee alla banca. Tanti personaggi, all’epoca di primo piano, comparivano tra una carta e l’altra. Tra questi c’erano Silvio Berlusconi e Marcello Dell’Utri al quale la banca aveva concesso un’ipoteca. L’attenzione degli inquirenti, insomma, non riguardava solo la banca in sé, ma anche i creditori e i debitori. Un lavoro approfondito. Erano gli anni del governo Berlusconi e Verdini era un esponente di spicco di Forza Italia. Posto all’attenzione di tutti, anche della stampa. Io, in primis, non sono mai stato tenero con lui. In alcuni casi l’ho fatto nero. Ma questo non vuol dire che non abbia poi notato la differenza tra questo procedimento e altri che riguardavano le banche.

 

A quali si riferisce?

Alla vicenda di Monte dei Paschi. Ho iniziato a occuparmene sin da subito, nel 2013. E ho notato uno scenario completamente diverso rispetto a quello di Firenze.

 

 

davide vecchi col suo libro

A proposito dell’istituto di credito senese, nel tweet con cui commenta la condanna di Verdini lei scrive “ripeto da anni che se avessero fatto lo stesso con Mps in carcere ci sarebbe mezzo Parlamento”. Perché ritiene che sia così?

Nel fascicolo su Mps non c’era nulla, o quasi. Con aspetti anche comici a volte. Come un contratto secondo gli inquirenti rimasto ‘segreto’ per sei mesi e nascosto in una cassaforte seppure avessero un atto in cui era chiaramente scritto e indicato dove si trovasse. A Siena ho assistito al peggior spettacolo offerto dalla magistratura. Errori, superficialità, spesso evidente incapacità, per non voler dire altro. Un esempio? I pm avevano intercettato Giuseppe Mussari nel corso di una precedente inchiesta e quegli ascolti invece di essere acquisiti perché utili nel fascicolo Mps sono stati distrutti. Se ne sono salvate tre per caso e in tutte le tre l’interlocutore era un esponente politico di rilievo che chiedeva fondi all’allora presidente della Fondazione Mps.

 

Ora mi pare legittimo chiedersi cosa sarebbe saltato fuori se avessero conservato anche solo una parte delle altre conversazioni. Per questo dico: se la procura di Siena avesse operato con lo stesso livello di approfondimento di quella di Firenze molto probabilmente le conseguenze sarebbero state diverse. E, appunto, mezzo Parlamento potrebbe essere in carcere. Un ragionamento non dissimile si può fare per la vicenda di Banca Etruria. E va considerato che sia Mps sia Etruria sono state pagate dai cittadini: il Monte è oggi dello Stato, la banca di Arezzo ha prosciugato e fatto perdere i risparmi di una vita a migliaia di risparmiatori. 

 

carlo freccero marco lillo davide vecchi antonio padellaro augusto minzolini

Parliamo di tre storie diverse, e di tre procure diverse. Si è fatto un’idea di cosa possa essere successo?

Nessuno vuole mettere in discussione le sentenze definitive, e quella su Verdini ormai è tale. È singolare però che i procedimenti prendano strade diverse in base al posto dove vengono aperti. Forse non è poi così sbagliata l’idea di istituire una procura nazionale per i reati finanziari, così che il fascicolo si sviluppi lontano dal territorio dove il presunto illecito è avvenuto.

Il processo a carico di Verdini ha avuto un percorso lungo. E i dubbi sui confini della sua responsabilità sono stati avanzati fino alla fine. Il collegio ha confermato la condanna, ma il procuratore generale della Cassazione, che rappresenta l’accusa, aveva chiesto un annullamento con rinvio. Un elemento interessante, non trova?

 

La sentenza è definitiva, è andata così e bisogna dare atto alla procura di Firenze di aver istruito un impianto accusatorio che ha retto ai tre gradi di giudizio. Nessuno mette in dubbio quanto è stato deciso in Cassazione. Certamente, però, il fatto che il procuratore generale abbia chiesto il rinvio in appello per 9 dei 32 fatti contestati, anche se il Collegio ha ritenuto diversamente, fa pensare che i dubbi avanzati da noi comuni mortali non siano del tutto immotivati.

 

MANIFESTAZIONE PDL A VIA DEL PLEBISCITO AGOSTO DENIS VERDINI DANIELA SANTANCHE

Quindi se addirittura l’accusa ha chiesto di far celebrare un nuovo processo d’appello è legittimo chiedersi quanto anche solo in uno specifico periodo ci sia stata maggior attenzione per ciò che Verdini rappresentava politicamente piuttosto per il suo operato da presidente del Ccf. Fra l’altro il Credito era una banca piccola e non di sistema come Mps. E forse anche questo potrebbe dar adito a dubbi su determinati comportamenti, a cominciare da quelli della vigilanza di Banca d’Italia.

 

Ma il discorso è complesso e purtroppo rientra negli argomenti tabù del nostro Paese. Basti vedere gli esiti della commissione parlamentare sulle banche. Verdini è in carcere, molti ne gioiscono come fosse una vittoria politica, M5S su tutti. Io ho seri dubbi che se lo sia meritato. Ripetere il processo d’appello avrebbe potuto fugarli. Ora però che almeno si riconosca la necessità di creare un pool di magistrati adeguati ad affrontare le inchieste sugli istituti di credito in maniera omogenea. 

 

 

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