DAGOREPORT - PERCHÉ TRUMP VUOLE ESSERE IL "PACIFICATORE GLOBALE" E CHIUDERE GUERRE IN GIRO PER IL MONDO? NON PER SPIRITO CARITATEVOLE, MA PER GUADAGNARE CONSENSI E VOTI IN VISTA DELLE ELEZIONI DI MIDTERM DEL 2026: IL PRESIDENTE USA NON PUÒ PERMETTERSI DI PERDERE IL CONTROLLO DEL CONGRESSO - SISTEMATA GAZA E PRESO ATTO DELLA INDISPONIBILITÀ DI PUTIN AL COMPROMESSO IN UCRAINA, HA DECISO DI AGGIRARE "MAD VLAD" E CHIEDERE AIUTO A XI JINPING: L'OBIETTIVO È CONVINCERE PECHINO A FARE PRESSIONE SU MOSCA PER DEPORRE LE ARMI. CI RIUSCIRÀ? È DIFFICILE: LA CINA PERDEREBBE UNO DEI SUOI POCHI ALLEATI....
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La più grande preoccupazione di Donald Trump non è la pace nel mondo, ma le elezioni di medio termine del 2026. Il Caligola di Mar-a-Lago, che non può permettersi di perdere il già risicato controllo sul Congresso degli Stati Uniti, ha bisogno di rafforzare la sua posizione internazionale, pur di ottenere un dividendo in patria.
Gli Stati Uniti sono sull’orlo della guerra civile, tra scontri dei manifestanti pro-immigrazione con la polizia e l'economia Usa è immobile causa shutdown e l’unico margine di manovra che ha il tycoon è sui grandi dossier internazionali.
Per questo Trump è ossessionato dal chiudere le guerre in giro per il globo terracqueo, neanche fosse un papa laico. Ogni giorno rivendica di aver chiuso almeno otto conflitti (ma a volte sono sette, altre nove a seconda di quanto la tinta arancione gli abbia sbarellato i neuroni). Trump sogna di presentarsi il prossimo anno come pacificatore globale, nella speranza che gli americani, solitamente più interessati al portafoglio che alla politica estera, lo premino per lo sforzo.
Sistemata la guerra a Gaza, ripreso per le orecchie Benjamin Netanyahu, Trump ha allungato le sue manone sul Sud America: nella parte meridionale del Continente, può già contare sul sostegno, in Argentina, del junior partner, Javier Milei, uscito clamorosamente rafforzato dalle sue midterm (ha stravinto con il 40% dei voti), e punta a normalizzare i rapporti con il presidente brasiliano Lula, unico leader latinoamericano a mandargli un “vaffa” durante il braccio di ferro sui dazi imposti dalla Casa Bianca al mondo. I due si sono incontrati ieri in Malesia, a margine del vertice Asean, in un faccia a faccia cordiale.
Con lui, Trump userà le solite armi degli affari per stemperare le tensioni con Brasilia, acuitesi con il caso Bolsonaro: l'ex presidente, grande amico e sostenitore di Trump, è ai domiciliari dopo la condanna a 27 anni di carcere per il tentato golpe del 2023.
Nel frattempo, Donald usa la scusa della lotta al narcotraffico per mettere pressione al presidente del Venezuela, il filo-cinese Nicolas Maduro: tra raid in mare e bombardieri pronti a intervenire, Trump punta a deporre il dittatore caro alla sinistra italiana per rimpiazzarlo con un fantoccio (scalda i motori la novella Nobel per la Pace, Maria Corina Machado).
A completare il quadro manca solo l’Ucraina. Putin non è disponibile né alla pace né a una tregua. Nonostante gli abboccamenti e il faccia a faccia di Ferragosto in Alaska, "Mad Vlad" se ne frega delle minaccette della Casa bianca, e insiste nella sua offensiva in Ucraina. Non solo, rilancia continuamente: ieri ha svelato il super-missilone in grado di colpire obiettivi a 22mila km, la scorsa settimana aveva aperto le gabbie, suggerendo ai “suoi” propagandisti di prendere per il culo il presidente americano, e sul campo continua a martellare, bombardando anche gli asili. Trump, stufo delle continue umiliazioni, ha deciso di interloquire direttamente con il burattinaio dello Zar, il presidente cinese Xi Jinping.
È vero che gli Stati Uniti sono in una posizione di debolezza con la Cina nella questione delle terre rare (Pechino ha il monopolio della raffinazione dei minerali cruciali per l'industria tech Usa), e dunque Trump non può bullizzare Pechino come è abituato a fare con i suoi deboli alleati europei o canadesi, ma è indubbio che il presidente Usa stia offrendo una disponibilità insolita ai cinesi, considerati il nemico numero uno degli States.
A riprova della continua mano tesa del tycoon al Dragone sono i ripetuti elogi a Xi Jinping, sempre descritto come un leader "esperto", "saggio", "ragionevole", e via arrufianando. La ragione è ovvia: Trump è convinto che Xi Jinping sia l’unico vero grimaldello per portare a più miti consigli Putin sull’Ucraina.
La prima mossa l'ha fatta proprio il Caligola di Mar-a-Lago, che ha varato nuove sanzioni ai colossi russi del petrolio, Rosneft e Lukoil. Nel pacchetto, viene imposto lo stop immediato a qualsiasi scambio commerciale con questi due gruppi (che valgono l’80% dell’export russo). Inoltre, gli Usa minacciano sanzioni secondarie per chiunque compri gas e petrolio russo.
L’eventuale azzeramento dei rapporti commerciali è una minaccia da fine del mondo: ha già spinto l’india a dirottare le proprie forniture verso Kuwait e Arabia saudita, ma basterà a convincere Xi Jinping a disinteressarsi del suo amico “senza limiti” Putin?
È difficile. Sono molti gli analisti dubitano che il presidente cinese voglia mollare “Mad Vlad”. Come dice Ian Bremmer, “la Cina ha meno alleati degli Usa e se li tiene stretti. Se abbandonasse Mosca manderebbe un pessimo segnale agli altri amici. E continuerà a rifornirsi in Russia”
Ps. E l’Europa? Come al solito, resta poco più di una costruzione geografica. Dopo decenni a fare il pendolo tra Washington e Pechino, non ha grossi margini di trattativa. Trump continua a essere molto infastidito dall’Ue per via del deficit commerciale (sono i soliti “scrocconi”), anche perché Putin non fa altro che ripetergli che l’unico grande avversario degli Usa è il Vecchio continente...
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