funerale vittorio casamonica funerali

IL DAY-AFTER È PIÙ TRASH DEL FUNERALE CASAMONICA! DAL VATICANO AL COMUNE, DAL VIMINALE ALL'ENTE PER L'AVIAZIONE, È GARA PER LA FIGURA DI MERDA PEGGIORE - IL PARROCO: 'NON SAPEVO NULLA, HANNO FATTO TUTTO ALL'ESTERNO'. SÌ, HANNO APPESO GIGANTOGRAFIE SULLE MURA DELLA CHIESA! 'NON AVEVO CONTROLLATO LA FACCIATA' - MARINO DALL'AMERICA PARLA DI 'MESSAGGI MAFIOSI', ALFANO SCARICA SUL PREFETTO, CHE CON LA QUESTURA PARLA DI 'ERRORI DI COMUNICAZIONE'

1. ROMA, FUNERALE DA BOSS L'IRA DEL VIMINALE MARINO: "INACCETTABILE"

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Mauro Favale per “la Repubblica

 

Sarà anche stato un elemento «ai margini degli ambienti criminali», come specifica adesso la Questura di Roma, «una brava persona», come raccontavano i suoi conoscenti all' uscita della chiesa. Sta di fatto che ieri, i funerali- show (musiche de "Il Padrino" suonate dal vivo, carrozze, cavalli, petali di rosa lanciati da un elicottero) di Vittorio Casamonica, morto a 65 anni, esponente dell' omonimo clan attivo a Roma sud, diventano un caso politico.

 

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Con il ministro dell' Interno Angelino Alfano che chiede una relazione al prefetto della capitale Franco Gabrielli, con il sindaco Ignazio Marino (in ferie negli States) che parla di «messaggio mafioso intollerabile» e con la città di nuovo al centro della bufera dopo le inchieste su "Mafia capitale".

 

Questa volta c' è un vero e proprio show e anche un set, il piazzale della parrocchia di Don Bosco al Tuscolano, due passi da Cinecittà, regno incontrastato dei Casamonica che lì si muovono a loro agio controllando spaccio, usura, prostituzione ed estorsioni. La conferma, semmai ce ne fosse bisogno, è arrivata ieri mattina con una folla riunita per l' ultimo saluto al "Re di Roma", ritratto sui manifesti con il Colosseo a fare da sfondo.

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Un' ostentazione a due mesi dall' inizio del maxiprocesso per Mafia capitale del 5 novembre (alla sbarra 59 persone). Con due coincidenze "storiche" ad avvelenare il clima: la chiesa di Don Bosco è la stessa che nel febbraio del 1990 celebrò i funerali di Renatino De Pedis, boss della Magliana, ed è la stessa negata, nel dicembre 2006, per le esequie di Piergiorgio Welby.

 

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Mina, la moglie del militante Radicale (malato di Sla e morto grazie all' aiuto di alcuni sanitari che raccolsero il suo appello a favore dell' eutanasia) ricorda oggi: «Quel no di Ruini non l' ho mai digerito».

 

Ieri, invece, lo sfarzo per i Casamonica ha provocato «l' imbarazzo » del Vicariato («Ma il parroco, in base alle norme del diritto canonico non si poteva rifiutare», dicono fonti del Laterano) e le giustificazioni del prefetto Franco Gabrielli: «Non avevamo contezza c' è stato un difetto di comunicazione ».

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Dagli Usa, Marino scrive: «È intollerabile che i funerali siano strumenti per inviare messaggi mafiosi». Al di là di tutto, infatti, così è stata vissuta la cerimonia di ieri: una «sfida allo Stato», uno «sfregio alla città», come l' ha definito il presidente del Pd, Matteo Orfini. Protagonista, poi, di una polemica col governatore della Lombardia Roberto Maroni: «Con il Pd al governo, Roma è proprio Mafia capitale», il tweet dell' ex ministro. «La mafia a Roma ha dilagato quando c' era il tuo amico Alemanno e tu governavi. Abbi la decenza di tacere», la risposta di Orfini.

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La questura, da parte sua, precisa che «non ci è stata data nessuna comunicazione». Accertamenti con l' Enac sono in corso sull' elicottero che ha sorvolato i cieli lanciando petali. Sembra che per questa scenografia non fossero necessarie autorizzazioni speciali.

 

 

2. IL PARROCO: "NON SAPEVO, MA NON AVREI POTUTO PROIBIRLO"

Andrea Gualtieri per "la Repubblica - Roma"

 

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Petali di rosa lanciati dall'elicottero, carrozza con cavalli, Rolls Royce, gigantografie e musiche del "Padrino" suonate dalla banda. "Non ne sapevo nulla, non ne ero stato informato. E comunque si è svolto tutto fuori dalla chiesa", dice don Giancarlo Manieri, salesiano delle Marche e da tre anni parroco di San Giovanni Bosco, nei pressi di Cinecittà, dove è stato celebrato il rito funebre di Vittorio Casamonica, l'uomo che si definiva il "re di Roma", capo dell'omonimo clan all'interno del quale numerose persone sono state coinvolte in fatti criminali romani.

SALVATORE BUZZI - LUCIANO CASAMONICA - GIANNI ALEMANNOSALVATORE BUZZI - LUCIANO CASAMONICA - GIANNI ALEMANNO

 

Padre, com'è possibile che non si sia accorto di nulla?

"In chiesa si sono comportati in modo impeccabile. Nessun gesto fuori posto o segno di sfarzo particolare. La cerimonia è stata composta, hanno anche partecipato alle preghiere. Tutto il resto è avvenuto fuori".

 

Non sapeva nemmeno delle gigantografie appese davanti alla chiesa?

"No, non ne ero al corrente. Non ci hanno chiesto il permesso e la mattina quando ho aperto le porte non ho controllato la facciata. Tenga presente che io ho ricevuto solo la richiesta di celebrare il rito".

 

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Ma se l'avessero informata del programma del funerale cosa avrebbe detto?

"Nulla, ciò che avviene fuori dalla chiesa non è di mia competenza. Io non sono un vigile urbano e ci tengo a precisarlo".

 

Come parroci non avete direttive precise sulla celebrazione dei riti?

"Non per questi casi. Mi risulta tra l'altro sia la prima volta che capiti una cosa del genere. Poi per questa famiglia i cavalli, ad esempio, credo siano un aspetto che appartiene alla tradizione".

 

E nell'omelia ha fatto qualche riferimento particolare?

"Assolutamente no. Ho parlato di speranza e di come ci si debba preparare alla morte. Ma credo siano da evitare le omelie ad personam".

MARINO ORFINIMARINO ORFINI

 

 

3. QUEL RITO CHE DIVENTA UNAPROVA DI FORZA

Attilio Bolzoni per “la Repubblica

 

Devono vivere per sempre, per l' eternità. E devono essere ricordati onnipotenti come lo erano in terra. Perché, loro, si sentono eletti di Dio. E non uomini "qualunque", come tutti gli altri. Quelli che non fanno parte della speciale razza mafiosa. Ci vogliono i cavalli neri e ci vuole la carrozza anch' essa nera.

 

Ci vuole la croce che manifesta la religiosità del caro estinto. Più forte di tutto e di tutti, più della giustizia terrena c' è solo quella divina. I Casamonica - zingari di origine abruzzese e senza grandi quarti di nobiltà mafiosa - hanno imparato la lezione non tanto dai padrini hollywoodiani ma dai "patriarchi" che infestavano la Sicilia fin dal secondo dopoguerra.

 

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Più il funerale era solenne e più il popolo avrebbe ricordato colui che se andava come il più amato, l' avrebbero rispettato anche oltre la vita. Un funerale con sei cavalli neri e con una carrozza nera l' avevamo visto quasi quarant' anni fa davanti alla cattedrale di Caltanissetta, l' ultimo saluto al capostipite dei Pirrello della Valle del Besaro.

 

Erano pastori quei Pirrello, non aristocrazia mafiosa. E avevano bisogno di celebrare e celebrarsi con uno sfarzoso rito funebre per prendersi una rivincita davanti a tutti. Ma questo di Vittorio Casamonica ricorda di più - per la partecipazione di pubblico, per l'"ignaro" sacerdote che ha officiato la cerimonia - un altro funerale mafioso.

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Più vero, più di sostanza. Quello di Giuseppe Di Cristina, boss di Riesi ucciso il 30 maggio del' 78. Il giorno dopo il suo paese si fermò. Scuole chiuse, gli impiegati dell' ufficio postale postali inginocchiati nelle prime panche della chiesa madre di Riesi, le saracinesche dei bar calate. Sul balcone della sezione della Dc sventolava una bandiera tricolore listata a lutto.

 

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"La mafia sua non fu delinquenza: fu amore", era scritto sul santino che i familiari dei Di Cristina distribuirono a una folla commossa proprio come quella che è arrivata ieri davanti alla chiesa di Don Bosco a Cinecittà. È il rapporto diretto con Dio che impone a piccoli e a grandi boss funerali sempre solenni. Lo sono stati quelli nel 1962 a Napoli di Lucky Luciano, trasportato al cimitero su una bara barocca ricca di fregi. Lo sono stati quelli di Carlo Gambino, il capo dei capi delle 5 "famiglie" di New York, con corone di fiori e migliaia di siciliani a riverire il vecchio Charles.

 

Questa di Vittorio Casamonica sembra una storia riaffiorata da un misterioso passato ma è invece una vicenda di oggi è una testimonianza implacabile dell' esistenza in vita (pensate, in occasione di un funerale) della mafia a Roma.

 

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Non sono stati molto furbi i congiunti di Vittorio Casamonica ad esibirsi - di questi tempi - con tutte le indagini in corso su Mafia capitale - e a ricordare pubblicamente il loro caro con tale arroganza e tracotanza. Ma non potevano farne a meno. Il loro Vittorio questo meritava, in terra e in cielo. Che è qualcosa di apparentemente incomprensibile nei pensieri criminali dei mafiosi, ma una logica c' è sempre: Vittorio Casamonica sarà ricordato dai suoi - e dai quei romani che sono accorsi ad ossequiarlo sulla carrozza nera trainata dai sei cavalli - come "re di Roma".

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