DE MAGISTRIS, IL “PUBBLICO MISTERO” CHE HA FALLITO SEMPRE, COMUNQUE E DOVUNQUE

Stefano Zurlo per "Il Giornale"

Galleggia ancora sulla propria fama. Ma la sua stagione pare ormai avviata al tramonto. Luigi de Magistris ha vissuto almeno due vite: la prima come pm d'assalto, la seconda come leader del movimento Arancione e sindaco di Napoli.

Non è stato così: ai titoli di giornale, mirabolanti come fuochi d'artificio, hanno corrisposto inchieste sgarrupate, mai all'altezza delle promesse. E la sua esperienza di primo cittadino prosegue accompagnata dal rumore di fondo di critiche sempre più aspre e definitive. No, Luigi de Magistris, da molti osannato come una delle poche novità nella grande palude degli ultimi anni, è un flop. Anzi, un doppio flop. Prima con la toga. E poi in abiti civili. Le indagini in gran parte si sono perse per strada. E allora la rivoluzione tanto attesa si è trasformata in un lungo e polemico commiato. Fra scandali, dicerie e proclami.

Qualcuno forse immagina ancora in un de Magistris salvifico, ma il personaggio non coincide con la persona in carne e ossa: quella ha deluso le aspettative. E non arriva al basamento del monumento venerato da molti fan e supporter. Ora Gian Marco Chiocci, ex inviato del Giornale oggi direttore del Tempo, e Simone Di Meo tratteggiano per oltre quattrocento pagine la storia di questo colossale fallimento, soffermandosi naturalmente a lungo sulle pagine di cronaca giudiziaria.

Il libro, pubblicato da Rubbettino, è critico fin dal titolo: de Magistris il pubblico mistero. Dove il mistero è lo spazio che separa quei titoli così roboanti da una realtà molto più prosaica. Anzi, modesta. Una specie di sconfinato pantano in cui tutta la grandeur del pm-sindaco è affondata e affonda in modo malinconico.

Dunque, de Magistris è un prodotto di quella cultura giacobina e giustizialista che l'Italia ha coltivato dopo l'esplosione di Mani pulite. Un esperimento disastroso e inconcludente che non a caso perde forza negli stessi mesi in cui si è spenta la stella di Antonio Di Pietro e rischia di scomparire anche quella spumeggiante di Antonio Ingroia, passato in breve dal ruolo di pm di mafia sulla frontiera di Cosa nostra a quello di collezionista di gaffe e figure imbarazzanti.

Parevano invincibili i Di Pietro, gli Ingroia e i de Magistris. Ora Di Pietro, che del terzetto era il più roccioso, ha perso il feeling con la pancia del Paese. E de Magistris annaspa e inciampa dentro il recinto di un presente sempre più stretto. Lui si difende sempre allo stesso modo: evocando l'albero diabolico dei poteri forti che come magistrato e come politico ha provato a scuotere, con dubbi risultati.

Se le cose non vanno come dovrebbero è perché in agguato ci sono loro: «Grandi vecchi e burattinai, massoneria coperta, magistrati collusi - ecco l'interminabile, elenco dei nemici compilato dagli autori - gli immancabili servizi segreti deviati, consorterie affaristico-criminali e via discorrendo». L'alibi è sempre pronto. E l'alibi è un trattato di dietrologia tutta italiana. La realtà è fatta di errori, svarioni, approssimazione, coriandoli di un'ideologia colorata e leggera leggera.

La realtà ce la a raccontano le tantissime persone finite ingiustamente negli ingranaggi del sistema de Magistris e incontrate dalla coppia Chiocci-Di Meo. Come Rosa Felicetti, insegnante di Catanzaro, fermata il 21 giugno 2005, ammanettata e portata in un carcere di massima sicurezza a Reggio Calabria sotto il peso di accuse infamanti: dall'associazione per delinquere al traffico di esseri umani. Peccato che dietro queste presunte trame sinistre ci fosse un proposito terra terra: la signora intercettata stava solo cercando una badante.

 

I FRATELLI DE MAGISTRIS LIBRO DI CHIOCCI E DI MEO SU DE MAGISTRIS PUBBLICO MISTEROGIAN MARCO CHIOCCIDE MAGISTRIS SEVERINO Luigi De Magistris e Paolo Ferrero De Magistris Orlando e Di Pietro ingroia nel durante il processo contrada De Magistris e Orlando

Ultimi Dagoreport

osnato fazzolari savona banco bpm

FLASH! – NONOSTANTE SIA FINITO NEL MIRINO DI FAZZOLARI (TRAMITE IL BRACCIO ARMATO, MARCO OSNATO), IL PRESIDENTE DELLA CONSOB, PAOLO SAVONA, NON È UN TIPINO FACILE DA “PIEGARE”, VISTA ANCHE LA SUA “SARDITUDINE”: SA CHE SE DOVESSE PARTIRE DA PALAZZO CHIGI L’ORDINE DI RASSEGNARE LE SUE DIMISSIONI, SI REGISTREREBBE UN PESANTISSIMO CONTRACCOLPO SULLA BORSA DI MILANO – COSE MAI VISTE NELLA GUERRA IN CORSO TRA LA FINANZA MILANESE E IL GOVERNO DI ROMA: IERI E' APPARSA UNA PAGINA DI PUBBLICITÀ SUL “GIORNALE” DI ANGELUCCI, CON CUI BANCO BPM, CARO ALLA LEGA DEL MINISTRO GIORGETTI, SPARA UN GIGANTESCO "NO" ALL’OPS DI UNICREDIT...

simone inzaghi arabia saudita massimiliano allegri antonio conte vincenzo italiano

DAGOREPORT - QUEL DEMONE DI SIMONE INZAGHI, ALLA VIGILIA DELLE DUE PARTITE PIÙ IMPORTANTI DELLA STAGIONE CON IL COMO IN CAMPIONATO E CON IL PSG IN CHAMPIONS, SAREBBE FORTEMENTE TENTATO DALL’OFFERTA DA 20 MILIONI DI PETRO-DOLLARI ANNUI DELL’AL HILAL - L'INTER, CON LA REGIA DI MAROTTA, STAREBBE GIÀ CERCANDO DI BLOCCARE IL CONTE MAX ALLEGRI, CHE AVREBBE RICEVUTO UN’OFFERTA DA 6 MILIONI DI EURO DAL NAPOLI DI AURELIONE DE LAURENTIIS CHE SI STA CAUTELANDO DAL PROBABILE ADDIO DI ANTONIO CONTE, CORTEGGIATO DALLA JUVENTUS – E IL MILAN, SFUMATO VINCENZO ITALIANO, CHE RESTA A BOLOGNA, STAREBBE VIRANDO SU…

rai giampaolo rossi giancarlo giorgetti silvia calandrelli antonio marano felice ventura

DAGOREPORT – COME MAI LA LEGA HA DATO L’OK A FELICE VENTURA, IN QUOTA FDI, E GIA' CAPO DEL PERSONALE RAI, AL DOPPIO INCARICO CON LA PRESIDENZA DI RAI PUBBLICITÀ? - DOPO LO SHAMPOO DI GIORGETTI ALL'AD ROSSI CHE VOLEVA LA DEM CALANDRELLI (IL MEF E' L'AZIONISTA AL 99,56% DELLA RAI), È ANDATA IN SCENA LA PIÙ CLASSICA DELLE SPARTIZIONI DI POTERE, SOTTO L'ABILE REGIA DI MARANO, PRESIDENTE PRO-TEMPORE DI VIALE MAZZINI, IN QUOTA LEGA: IL CARROCCIO, IN CAMBIO DELL’OK A VENTURA, OTTIENE DUE VICEDIREZIONI A RAISPORT (CON BULBARELLI E DE LUCA) - UN COLPO IMPORTANTE PER LA LEGA IN VISTA DELLE "SUE" OLIMPIADI INVERNALI MILANO-CORTINA (RAISPORT HA UNA SEDE A MILANO)...

il patriarca kirill con vladimir putin alla veglia pasquale

FLASH – QUANDO IL MINISTRO DEGLI ESTERI RUSSO, SERGEI LAVROV, CHIUDE LA PORTA ALNEGOZIATO IN VATICANO SOSTENENDO CHE NON SIA “ELEGANTE CHE PAESI ORTODOSSI (RUSSIA E UCRAINA) DISCUTANO IN UNA SEDE CATTOLICA” DELLA PACE, UTILIZZA UN ARGOMENTO PRETESTUOSO. INNANZITUTTO PERCHÉ L’UNITÀ ORTODOSSA SI È ROTTA CON L’INVASIONE DELL’UCRAINA DEL 2022 (LA CHIESA DI KIEV HA PRESO LE DISTANZE DA QUELLA DI MOSCA). E POI PERCHÉ RIVOLGERSI AL PAPA FAREBBE OMBRA AL PATRIARCA DI MOSCA, KIRILL, CHE HA BENEDETTO PUTIN E LA SUA “OPERAZIONE SPECIALE” PARLANDO DI “GUERRA SANTA…”