DONNE IN CERCA DI GUAI: SPOSARSI UN DITTATORE ARABO

Francesca Paci per "La Stampa"

C'erano una volta le first lady arabe, croce e delizia del popolo oppresso, eterno femminino orientalista capace di attrarre l'adorazione ma anche l'insofferenza di una piazza costretta al silenzio che addebitava alla loro cupidigia le malefatte degli intoccabili consorti.

Poi venne la rivoluzione, s'infransero i tabù, caddero i tiranni e le «tirannesse» restarono in scena sole, maschere tragiche chiamate a tenere in vita un mondo esangue come Asma Assad che, approfittando della festa della mamma, appare sorridente in tv circondata dai figli dei «martiri» mentre le vittime della guerra civile siriana oltrepassano quota 70 mila.

Se non è riuscito a spazzar via la vocazione autoritaria dei politici, il vento della primavera araba ha però segnato pesantemente i volti delle potenti signore di ieri. Aisha Gheddafi, l'unica e amatissima figlia del defunto Colonnello, sembra il fantasma della affascinante e battagliera leonessa ribattezzata la Claudia Schiffer libica.

Il governo di Tripoli ripete che vive da tempo in Oman ma, secondo l'emittente al Arabiya, prima di lasciare la non più ospitale Algeria l'ex avvocatessa di Saddam Hussein nonché paladina della feroce Jamahiriya avrebbe dato istericamente alle fiamme parte del palazzo presidenziale in cui risiedeva esule dall'agosto 2011.

«Dotata mulier virum regit» dicevano i latini tradotti alla buona a posteriori con la massima «dietro un grande uomo c'è sempre una grande donna». Ma la grandezza può anche essere di segno negativo, suggerisce Shakespeare che proprio a una donna, Lady Macbeth, assegna il ruolo più feroce e spregiudicato.

Così, se qualche tunisino spaventato dalla deriva islamista del Paese ripensa nostalgico al despotico ma laico Ben Ali, nessuno rimpiange la presidentessa Laila Trabelsi, l'ex parrucchiera nota tra gli oppositori come «la rovina di Cartagine» per la sua vocazione alla corruzione, colei che dall'esilio saudita ha pubblicato un libro per spiegare il colpo di stato di cui è stato vittima il marito ma non ha mai reso conto della sottrazione di 1,5 tonnellate di lingotti d'oro dai forzieri della Banca di Tunisia (circa 45 milioni di euro).

La mitologica piazza araba può alla lunga essere indulgente con i dittatori, padri padroni che in fondo non si discostano troppo dall'iconografia tradizionalista di un certo islam, ma sembra assai meno generosa con le loro donne. I palestinesi non hanno mai digerito il matrimonio tra l'allora 27enne Suha Daoud Tawil e il 61enne Arafat, tanto che lei, consapevole delle accuse di opportunismo e avidità, non si fa scrupolo di rivelare ora al giornale turco Sabah il rammarico per quelle nozze e i mille tentativi di annullarle.

E pazienza per la pensione di circa 9 mila dollari versatale mensilmente da quella Autorità Palestinese che non riesce a pagare i miseri stipendi dei suoi connazionali: Suha, stabilitasi con tutti i confort a Malta, rivendica il destino di erede (anche finanziario) del capo, ne detiene le spoglie, nega l'autopsia o chiede la quarta grottesca esumazione quasi per non smentire il suo ormai fosco personaggio.

Asma Assad, che mentre Homs assediata moriva acquistava online 11 ottomane da oltre 23 mila euro e a un tratto pareva attendesse felicemente un altro figlio per l'estate, è senza dubbio la protagonista del giorno in virtù della crisi che da Damasco rischia di divampare nella regione. Ma, prima di lei, è toccato a Suzanne Mubarak, la zarina d'Egitto messa alla gogna con l'accusa d'aver «irretito» l'un tempo valoroso generale portandolo ad accumulare un patrimonio tra i 40 e il 70 miliardi di dollari.

La rabbia popolare è cieca e se l'ex Faraona ha ammesso poi di aver tentato quel suicidio riuscito invece a Lady Macbeth onde evitare l'arresto altre, pur sedute ancora saldamente sul trono, sentono sul collo l'alito gelido del destino shakespeariano. La regina Rania, per esempio. Bellissima, fascinosa, un tempo beniamina delle folle, la palestinese più potente del mondo incarna oggi la sfida su cui si gioca il futuro del regno hasemita.

La sua gente non la ama più: troppo glamour e «occidentale» per un tasso di disoccupazione che sfiora il 22% e accende rigurgiti conservatori. Lei, che ha 2,5 milioni di «seguaci» su Twitter, ha annusato l'aria pesante e si è affrettata a scrivere solo in arabo, indossare abiti più islamici e castigati, far sparire dal web le foto del suo 40esimo compleanno quando in brindisi e fuochi d'artificio se ne andò un bel pezzo di Pil del Paese.

L'insegnamento della primavera araba alle first lady old fashion è probabilmente che le donne pagano di più, alla base come al vertice della piramide sociale. Ma il loro potere è letterariamente spaventoso. Se domani la Turchia sconfesserà il secolarismo di Atatürk sdoganando l'hijab, non sarà grazie al premier Erdogan ma a sua moglie Emine, invisibile e dimessa come oggi l'egiziana lady Morsi fino al 23 aprile 2012, quando si presentò all'anniversario della Grande Assemblea Nazionale con il capo velato e gli occhi fieri da guerriera puntati sui generali allibiti.

 

ASMA E ASSAD laila ben ali simbolo della dittatura tunisina la regina Rania di Giordania aisha la figlia di gheddafi asma assad simbolo per i ribelli siriani di un regime cinico e spietato la moglie del faraone mubarak RANIA DI GIORDANIA jpegASMA ASSAD ASMA ASSAD RANIA DI GIORDANIAAisha Gheddafi sui tank contro i ribelli

Ultimi Dagoreport

beppe sala manfredi catella giancarlo tancredi stefano boeri

MILANO TREMA: L’INCHIESTA SU “PALAZZOPOLI” POTREBBE INGROSSARSI – NELLA CAPITALE A-MORALE DEL PAESE, IMPRENDITORI, POLITICI E BUSINESSMAN SONO AMMUTOLITI E TERRORIZZATI DALLE POSSIBILI INDAGINI – SE IL GIP, DOPO GLI INTERROGATORI DI OGGI, DOVESSE CONFERMARE LE MISURE CAUTELARI RICHIESTE DALLA PROCURA, L’INCHIESTA TROVEREBBE NUOVO VIGORE, E LO SCANDALO ESPLODEREBBE IN MODO ANCORA PIÙ DECISO. A QUEL PUNTO IN TANTI, DI FRONTE AL RISCHIO DI FINIRE INDAGATI E INGUAIATI, POTREBBERO INIZIARE A PARLARE…

luigi lovaglio giorgia meloni giancarlo giorgetti alberto nagel milleri caltagirone

FLASH! – ENTRO LA FINE DI LUGLIO, AL MASSIMO ENTRO L’8 SETTEMBRE, ARRIVERÀ IL VERDETTO DELLA PROCURA DI MILANO SULL’OPERAZIONE CHE HA PORTATO BPM, ANIMA SGR, LA DELFIN DELLA FAMIGLIA DEL VECCHIO E CALTAGIRONE AD ACQUISTARE IL 15% DI AZIONI MPS ATTRAVERSO BANCA AKROS, MERCHANT BANK DEL BPM SU SPECIFICO MANDATO DEL MINISTERO DEL TESORO DI GIORGETTI – UN VERDETTO CONTRO L’OPERAZIONE MPS È RIMASTO L’ULTIMA SPERANZA PER MEDIOBANCA E GENERALI DI NON FINIRE NELLE FAUCI DI CALTARICCONE…

donald trump tulsi gabbard vladimir putin

DAGOREPORT - A CHE SERVONO LE AGENZIE DI SPIONAGGIO A TRUMP E PUTIN? - ANZICHÉ PROTEGGERE LA SICUREZZA DELLO STATO, ANTICIPANDO RISCHI E CRISI, OGGI LA MISSIONE DI CIA E FBI IN AMERICA E DI FSB, SVR, GRU IN RUSSIA, È DI REPRIMERE IL DISSENSO CONFERMANDO IL POTERE - CIRO SBAILÒ: ‘’PER LA PRIMA VOLTA, IL VERTICE POLITICO NON SI LIMITA A INDIRIZZARE: PUNTA A SVUOTARE LA FUNZIONE DELL’INTELLIGENCE, RIDUCENDOLA A UNA MACCHINA DI STABILIZZAZIONE POLITICA AD USO PERSONALE...’’

ali larijani khamenei vladimir putin xi jinping

A TEHERAN QUALCOSA STA CAMBIANDO – SI NOTANO CURIOSI MOVIMENTI NEL SISTEMA DI POTERE IRANIANO: MENTRE RICOMPAIONO VECCHI VOLPONI COME ALI LARIJANI, STA NASCENDO UN NUOVO CENTRO DECISIONALE NON UFFICIALE, A GUIDARE LE MOSSE PIÙ DELICATE DEL REGIME. I PASDARAN PERDONO QUOTA (LA LORO STRATEGIA È FALLITA DI FRONTE ALL’ANNIENTAMENTO DI HEZBOLLAH, HAMAS E ASSAD), AVANZA UN “CONSIGLIO OMBRA” DI TRANSIZIONE, CON IL CONSENSO DI KHAMENEI – “L’ASSE DEL MALE” CON RUSSIA E CINA PROSPERA: TEHERAN HA BISOGNO DELLE ARMI DI PUTIN E DEI SOLDI DI XI JINPING. ALLA FACCIA DI TRUMP, CHE VOLEVA RIAPRIRE IL NEGOZIATO SUL NUCLEARE…

matteo salvini luca zaia giorgia meloni

DAGOREPORT – COSA SI SONO DETTI GIORGIA MELONI E LUCA ZAIA NELL'INCONTRO A PALAZZO CHIGI, TRE SETTIMANE FA? - TOLTA SUBITO DI MEZZO L'IDEA (DI SALVINI) DI UN POSTO DI MINISTRO, LA DUCETTA HA PROVATO A CONVINCERE IL “DOGE” A PRESENTARE UNA SUA LISTA ALLE REGIONALI IN VENETO MA APPOGGIANDO IL CANDIDATO DEL CENTRODESTRA (ANCORA DA INDIVIDUARE) - MA TRA UNA CHIACCHIERA E L'ALTRA, MELONI HA FATTO CAPIRE CHE CONSIDERA ZAIA IL MIGLIOR LEADER POSSIBILE DELLA LEGA, AL POSTO DI UN SALVINI OSTAGGIO DELLE MATTANE DI VANNACCI – UN CAMBIO DI VERTICE NEL CARROCCIO EVOCATO NELLA SPERANZA CHE IL GOVERNATORE ABBOCCHI ALL’AMO...

elly schlein giorgia meloni beppe sala ignazio la russa maurizio lupi marcello viola

DAGOREPORT - NESSUNO VUOLE LE DIMISSIONI DI BEPPE SALA: DA SINISTRA A DESTRA, NESSUN PARTITO HA PRONTO UN CANDIDATO E TRA POCHI MESI A MILANO COMINCIANO LE OLIMPIADI MILANO-CORTINA – MA SALA VUOLE MANIFESTARE ALL'OPINIONE PUBBLICA UNO SCATTO DI DIGNITÀ, UN GRIDO DI ONESTÀ, UNA REAZIONE D'ORGOGLIO CHE NON LO FACCIA SEMBRARE  ''LU CIUCCIO 'MIEZZO A LI SUONI'' - L’UNICO A CHIEDERE IL PASSO INDIETRO DEL SINDACO È IGNAZIO LA RUSSA, CHE INVECE UN CANDIDATO CE L’HA ECCOME: MAURIZIO LUPI. METTENDO SOTTO LA SUA ALA IL PARTITO DI LUPI, "NOI MODERATI", ‘GNAZIO SOGNA IL FILOTTO: CONQUISTARE SUBITO IL COMUNE DI MILANO E NEL 2028 LA REGIONE LOMBARDIA – MOLTO DELL’INCHIESTA SULL’URBANISTICA DIPENDERÀ DALLA DECISIONE DEL GIP, PREVISTA PER MERCOLEDI': SE IL GIUDICE NON ACCOGLIERÀ LE RICHIESTE DEI PM (CARCERE O DOMICILIARI PER GLI INDAGATI), LA BUFERA PERDERÀ FORZA. VICEVERSA…