IN-CULATELLO SU TUTTI I FRONTI - DOPO LA SCONFITTA DI PALERMO E LA BOCCIATURA ARRIVATA DA DE BENEDETTI, BERSANI DEVE VEDERSELA CON I CATTO-MARGHERITONI DI VELTRONI ANSIOSI DI VENDICARE IL GOLPE CON CUI FURONO DISARCIONATI NEL 2009 - LA RESA DEI CONTI È PER LA CANDIDATURA A PREMIER NEL 2013, QUANDO MORTO (POLITICAMENTE) UN LETTA SE NE FARÀ UN ALTRO: IL DEMOCRISTO ENRICO - CRITICO VERSO LE ALLEANZE ‘SINISTRE’, AMMICCA A CASINI, PIACE ANCHE A D'ALEMA E NEL PD È L'INTERLOCUTORE PRIVILEGIATO DI MONTI E DI BELLA NAPOLI…

Marco Damilano per "l'Espresso"

Walter, dacci la linea... Lo sfregio di Palermo era ancora fresco, i conteggi delle schede non ancora ultimati, quando alcuni seguaci dell'ex segretario Pd si sono riuniti con il loro leader, la sera del 5 marzo, per decidere se sferrare l'attacco decisivo a Pier Luigi Bersani, con una richiesta di dimissioni. La rivincita di quello che era successo esattamente tre anni fa, nel 2009, quando Veltroni lasciò la guida del partito dopo la pesante sconfitta di Renato Soru alle elezioni regionali in Sardegna, ma soprattutto dopo le parole di Bersani che a poche ore dal voto aveva annunciato di volersi candidare alla segreteria contro di lui.

Ma l'ex sindaco di Roma, in questo caso, ha preferito rinviare la vendetta e calmare gli animi dei più facinorosi. E ha spostato la partita sul terreno che davvero conta: chi sarà il candidato premier nel 2013. E con quale schema di gioco.

Alla vigilia delle primarie di Palermo i consiglieri di Bersani avevano confessato le intime aspirazioni del segretario Pd: vincere con Rita Borsellino per anticipare il modello nazionale. Un'alleanza sbilanciata a sinistra, verso Nichi Vendola e Antonio Di Pietro, ma guidata dal Pd. Per trattare con Pier Ferdinando Casini da posizioni di forza. Con Bersani a fare da punto di incontro, l'uomo di cerniera tra i progressisti, la sinistra radicale e i moderati: lo stesso ruolo che negli anni Novanta e Duemila aveva esercitato un altro emiliano, Romano Prodi.

Per sconvolgere questi piani è bastata la comparsa in scena di un autentico carneade della politica nazionale, il trentunenne Fabrizio Ferrandelli che ha vinto le primarie di Palermo, con l'appoggio dell'ala del Pd che si riconosce nel senatore Giuseppe Lumia e che sponsorizza la giunta regionale siciliana da larghe intese di Raffaele Lombardo. "Ora Bersani dovrebbe dimettersi", ha dichiarato l'ex presidente della commissione parlamentare Antimafia provocando un sussulto di soddisfazione tra i veltroniani.

Nelle ultime settimane, infatti, il leader della minoranza interna è tornato a farsi sentire. Veltroni si considera il vero depositario dello spirito del Pd, teorizza la necessità di continuare con la formula che sostiene il governo Monti anche nella prossima legislatura. E guarda con scetticismo agli sbandamenti gauchisti della segreteria bersaniana, a cominciare da quelli filo-Cgil e filo-Fiom sulla riforma del mercato del lavoro.

"Un nostro schiacciamento a sinistra aprirebbe la strada a un rassemblement dei moderati guidato da Casini, Alfano e magari da qualche ministro del governo Monti che ci vedrebbe isolati all'opposizione per decenni", ragiona l'ex segretario. I suoi uomini sono ancora più espliciti. Fino all'intervento al Senato di Stefano Ceccanti sulle liberalizzazioni: "Non possiamo vivere il governo Monti come una mera parentesi, superata la quale ripristinare il bipolarismo di prima".

La resa dei conti tra le due anime del partito, atteso sulla riforma del mercato del lavoro, non ci sarà. E dai veltroniani non arriverà la richiesta di un congresso entro la fine del 2012 per eleggere un nuovo segretario. Bersani può restare al suo posto. A condizione, però, che il candidato premier sia qualcun altro.

Chi? Un acceso tifoso dell'esperimento Monti, come Veltroni, un feroce critico della foto di Vasto Bersani-Vendola-Di Pietro, un sostenitore da sempre dell'alleanza tra i riformisti e i moderati alla Casini. Insomma, per il 2013 in casa Pd si prepara la candidatura a premier di Enrico Letta. Piace a Veltroni e a D'Alema, è amico di Bersani, è stimato da Casini, è l'interlocutore privilegiato di Mario Monti e di Giorgio Napolitano.

E nelle ultime settimane è attivissimo: nell'elegante sede della sua associazione 360 in via del Tritone si sono fatti vedere Fedele Confalonieri e Valentino Parlato, in una serata di solidarietà con il "manifesto", gli storici di opposte provenienze culturali Miguel Gotor e Alessandro Campi, il vecchio Alfredo Reichlin.

E dopo le primarie di Palermo Letta è stato il primo a dichiarare sepolta l'alleanza a sinistra, scatenando le ire del bersaniano Fassina: "Un'uscita strumentale. Se si votasse oggi per la leadership nel Pd Bersani avrebbe più voti del 2009, anche senza l'appoggio di alcuni sostenitori di tre anni fa". Anche senza Enrico, dunque. Ma si sa, quando poi si va alla conta i numeri veri sono un'altra cosa. A Palermo e a Roma.

 

 

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