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1. DOPO LA TECNO-FINANZA, ARRIVANO MANAGER E PREFETTI A COMMISSARIARE LA POLITICA 2. DA SALA A GABRIELLI, DA CANTONE FINO A TRONCA, PASSANDO PER IL MAI-ELETTO RENZI, ORA VANNO DI MODA UOMINI MAI VOTATI DAI CITTADINI, CHE NON HANNO UN’APPARTENENZA - E QUINDI MULTIUSO - PER AFFRONTARE EXPO, GIUBILEO, ELEZIONI AMMINISTRATIVE E ROGNE DI OGNI TIPO

giuseppe sala giuseppe sala

1 - IL PARTITO DEI MANAGER CHE COMMISSARIA LA POLITICA

Antonio Polito per il “Corriere della Sera”

 

Dal carisma al curriculum, dal popolo al fatturato. Il commissariamento della politica sembra essere il futuro delle grandi città italiane. Privi di una classe dirigente locale all' altezza, i partiti cercano manager per Milano e Roma. Giuseppe Sala, Alfio Marchini, Paolo Scaroni, Corrado Passera: non troverete un politico di primo piano tra i nomi più gettonati del momento. E le primarie fanno paura proprio perché rischiano di catapultare sulla sedia di sindaco un politico di secondo piano, con gli effetti stupefacenti già osservati nel caso Marino.

 

Non è solo una tendenza dei partiti tradizionali. Perfino i Cinque Stelle sembrano alla ricerca di un Papa straniero: dicono che Casaleggio se ne sia convinto quando ha assistito in tv alla povera performance dei quattro tenori grillini di Roma. È una dichiarazione di impotenza della politica democratica.

 

MARCHINI MARCHINI

La quale, in teoria, dovrebbe essere non solo gestione ma anche organizzazione del consenso, idealità, sistema di valori, selezione di classe dirigente. Tutta merce che i partiti non sembrano più in grado di offrire. In fondo è una rivincita del primo berlusconismo, quello del kit del candidato e della mentina: via i «professionisti della politica» dalla gestione della cosa pubblica.

 

Ma la nouvelle vague sta conquistando a sorpresa anche il PdR (il partito di Renzi), che pure si era presentato sulla scena annunciando il ritorno della politica nella cabina di regia. Un tempo spettava al dirigente di maggior peso candidarsi a sindaco nella sua città: fu il caso di Bassolino a Napoli, di Rutelli (e di Fini) a Roma, di Cacciari a Venezia, di Chiamparino a Torino; oggi nessuno penserebbe di candidare Orfini al Campidoglio, e d'altra parte di candidarsi a Milano Salvini non ci pensa proprio. Gli unici politici rimasti nelle città sono quelli di ritorno, a fine carriera, da Fassino a Torino, a Bianco e Orlando in Sicilia, fino al possibile bis di Bassolino a Napoli.

SCARONI BERLUSCONISCARONI BERLUSCONI

 

È un vero e proprio divorzio tra le città e la politica dei partiti. Cinque anni fa un' analoga crisi produsse primarie a sorpresa, che imposero gente nuova, uomini più radicali e meno compromessi con il passato, talvolta veri e propri populisti. Alcuni hanno fallito come a Roma e a Genova, altri esperimenti sono riusciti ma si sono dimostrati non ripetibili come Pisapia a Milano, altri ancora si sono sciolti nel movimento, come de Magistris a Napoli.

 

Non a caso il pur ex sindaco di Firenze, Matteo Renzi, ha affrontato da Palazzo Chigi questo declino della democrazia dei sindaci con il «modello Expo». Il commissariamento di Roma con il prefetto di Milano, che passa direttamente dalla gestione della fiera alla gestione della capitale, dove troverà già commissariato il Giubileo, ne è l' emblema più perfetto. La nomina di Sala, commissario dell' Expo, a candidato sindaco del Pd per le prossime elezioni di Milano, ne può tra breve essere il completamento. E a Napoli quasi un terzo della città, l' enorme area di Bagnoli, è stata affidata a un commissario governativo, tra gli strepiti del sindaco che grida all' usurpazione.

CORRADO PASSERA IMBAVAGLIATOCORRADO PASSERA IMBAVAGLIATO

 

Questa nuova formula di governo locale si appella a criteri di efficienza e rapidità, punta a semplificare le procedure della politica, dimette un sindaco eletto nell' ufficio di un notaio piuttosto che in Consiglio comunale, prescinde dall' appartenenza politica dei prescelti (Sala e Marchini sono votabili sia a destra che a sinistra). Ma è una formula che ha sempre bisogno di un Grande Progetto, un Grande Evento, un Giubileo o una Expo, un' azione parallela che consenta di riversare soldi pubblici su amministrazioni pubbliche altrimenti esangui.

 

Perché il primo grande cambiamento che è avvenuto nella politica locale è proprio questo: quando vent' anni fa cominciò la stagione dei primi cittadini eletti direttamente dal popolo i Comuni erano pieni di soldi, e di conseguenza i sindaci erano pieni di voti anche dopo il primo mandato. Ora nei Comuni non c'è più una lira, e i sindaci diventano rapidamente impopolari. Così è esplosa l' antipolitica.

 

BILD GRILLO E BERLUSCONI ACCUSATI DI ESSERE POLITICI CLOWN IN GRADO DI DISTRUGGERE LEURO BILD GRILLO E BERLUSCONI ACCUSATI DI ESSERE POLITICI CLOWN IN GRADO DI DISTRUGGERE LEURO

E ora la politica non sembra avere più le forze a livello locale per fronteggiarla in prima persona. Si è fatta troppo leaderistica, troppo affaristica, con partiti troppo leggeri, quasi inesistenti sul territorio, per produrre sindaci di valore in proprio. La terza via che si sta profilando è quella che Alfio Marchini chiama la «soluzione del civismo: uomini di buona volontà sorretti dalla politica per battere l' antipolitica». Stelle locali contro Cinque Stelle. Funzionerà?

 

2 - TECNICI, PREFETTI, SUPERCOMMISSARI: DOMINA LA RENZICRAZIA DEI NON ELETTI

Roberto Scafuri per “il Giornale”

 

La democrazia? In Europa è quell'apostrofo rosa tra le parole Franco-forte. Bce e Germania, non si scappa. Ma non bisogna essere modesti, essendo il fenomeno della sparizione (Berlusconi, Grillo e altri parlano di «sospensione») della democrazia di portata mondiale.

 

RENZI MARINORENZI MARINO

Eppure l'Italia ne rappresenta un laboratorio speciale, una cucina a vista nella quale il sofisticato soufflé, appannaggio di palati satolli e capricciosi, è da tempo fuori menu. Ormai desueto il concetto che il popolo possa riunirsi di tanto in tanto per inserire strane schede compilate in scatoloni di cartone.

 

Un tempo si chiamavano, se vuoi, elezioni. Oggi sono quel pericoloso spauracchio utilizzato da Matteo Renzi, premier per scelta di Dio (Napolitano? Merkel?) e volontà (implicita) della Nazione, per mettere in riga i ribelli del Pd. «Se non mangiate la sbobba riformista vi porto alle urne!», l'ignobile minaccia. Tutto, purché non si finisca in quel postaccio dal nome funerario. Urna, basta la parola.

 

La Renzicrazia oggi sta dilagando in pianta stabile. Non bastasse lui, il Mai-Eletto, e i suoi ministri presuntivamente «superesperti», tipo il Padoan all'Economia (nonostante la realtà ne abbia dimostrato capacità men che modeste), ci ritroviamo di fronte alla riapparizione sui Colli fatali, duemila anni dopo, non dell'Impero bensì dell'istituto della Dittatura nell'accezione romana. Purtroppo non durerà i classici sei mesi.

pisapiapisapia

 

Complice del piano renziano, l'assoluta inadeguatezza dei quadri del Partito Definitivo: al punto - si dice - che ora il segretario, dopo i vecchi arnesi, abbia cominciato a rottamare anche i giovani (più o meno turchi) del Pd. Come? In maniera facilitata: basta concedere loro qualche poltrona e aspettare di vedere l'effetto che fa.

 

Campione del genere il presidente pidino Orfini, ugualmente pasticcione in ogni sua attività, e ormai cencio travolto dall'affare Marino. Così il reuccio di Palazzo Chigi è già alla fase due: fatti fuori, uno dopo l'altro, gli aspiranti suicidi (nel Pd nessuno si candida più a nulla, temono tutti il tonfo), vige una tecnocrazia che si avvale della presunta neutralità per guadagnarsi un minimo di credibilità.

 

Si cominciò con Milano, travolta dal malaffare Expo. L'allora premier Letta pescò dal mucchio il manager Giuseppe Sala, bocconiano nato in Pirelli e cresciuto in Telecom. Ne fece uno dei baluardi organizzativi, cui venne poi affiancato, dal punto di vista legalitario, il prefetto Francesco Paolo Tronca. Renzi ne ha fatto ora due alfieri della Renzicrazia (senza peraltro che i due si siano espressi in merito, basta loro occhieggiare a Palazzo Chigi, come d'altronde sono tenuti a fare). Il primo è votato a diventare candidato sindaco di Milano, il secondo Console romano con pieni poteri.

GABRIELLI MARINO 1GABRIELLI MARINO 1

 

Accanto a Tronca, un altro prefetto e superpoliziotto, Franco Gabrielli, che si occupa del Giubileo. Anche per la candidatura al Campidoglio, non dovesse funzionare mediaticamente Tronca, ci sarà pur sempre un Sabella qualsiasi da designare col tocco della spada sulla spalla. Questo per non parlare del dictator della legalità, Raffaele Cantone, immaginetta multiuso. Competenza o mancanza di fiducia nei politici di casa propria? Basti sapere che Renzi conosce bene i suoi polli. Manzoni avrebbe scritto: capponi.

 

TRONCA RENZITRONCA RENZI

 

 

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