1. CHE DUELLO TRA MASSIMO FINI E TRAVAGLIO! “CARO MARCO, HAI SBAGLIATO. IL GIUDICE ESPOSITO È INDIFENDIBILE. È UN CRETINO O, NELLA MIGLIORE DELLE IPOTESI, UN INGENUO” 2. “CON LA SUA INTERVISTA AL ‘MATTINO’, ESPOSITO HA OFFERTO UN’INSPERATA OFFA AI BERLUSCONIANI, E HA RISCHIATO DI COMPROMETTERE IL LAVORO DEI PM IN 1° E 2° GRADO 3. “UN GIUDICE DEVE ESSERE CAUTO ANCHE NEL PRIVATO, NON PUÒ DIRE: ‘SE MI CAPITA BERLUSCONI GLI FACCIO UN MAZZO COSÌ’. ALTRIMENTI ARRIVANO GLI INGROIA E DE MAGISTRIS 4. TRAVAGLIO: “NON È ANDATA COSÌ. QUELLE FRASI NON LE HA DETTE. NÉ HA ANTICIPATO LE MOTIVAZIONI DELLA SENTENZA: SPIEGAVA IN LINEE GENERALI COME FUNZIONA UNA SENTENZA”

1. "IL FATTO" HA SBAGLIATO ESPOSITO È INDIFENDIBILE
Massimo Fini per "il Fatto Quotidiano"

Il Consiglio superiore della magistratura ha aperto un'istruttoria per l'eventuale trasferimento d'ufficio di Antonio Esposito, il presidente della sezione della Cassazione che ha confermato le condanne per frode fiscale inflitte a Silvio Berlusconi dai Tribunali di merito di primo e secondo grado. Esposito aveva anticipato in un'intervista al Mattino le motivazioni della sentenza della Cassazione.

Per lo stesso motivo il Procuratore generale della Cassazione ha aperto un fascicolo sul conto di Esposito per un'eventuale azione disciplinare. Sono lontani i tempi felici in cui il magistrato si esprimeva solo "per atti e documenti" e, per evitare equivoci, frequentava pochissime persone.

La sua era una vita solitaria. Oggi i magistrati esternano a tutto campo e spesso fanno trasparire le loro opinioni politiche. E questa è già una distorsione. Dice: ma l'articolo 21 della Costituzione garantisce a tutti i cittadini il diritto alla libertà di espressione. Ma ci sono cariche e funzioni che impongono, implicitamente, dei limiti a questo diritto. Il capo dello Stato non può esprimersi a favore di questo o quel partito perché ha il dovere di essere un arbitro imparziale.

Così il magistrato, che è anch'esso un arbitro, non solo deve essere imparziale, ma deve anche apparirlo per conservare la propria credibilità non solo nei confronti di coloro che va a inquisire o a giudicare, ma di tutta la cittadinanza. In ogni caso un giudice che anticipa le motivazioni di una sentenza che ha contribuito a stendere non si era visto mai. Antonio Esposito è un cretino o, nella migliore delle ipotesi, un ingenuo ("Quel giornalista ci teneva tanto a quell'intervista". E lo credo bene).

Col suo comportamento il dottor Esposito non solo ha offerto un'insperata offa ai berlusconiani ("Visto? Il collegio era prevenuto") ma ha rischiato di compromettere il certosino, faticoso e straordinario lavoro prima del Pubblico ministero De Pasquale e poi dei sei giudici di merito che in primo e secondo grado hanno inchiodato Berlusconi alle sue responsabilità con documentazioni e argomenti inoppugnabili.

LA DIFESA

Il Fatto ha cercato di difendere Esposito. Marco Travaglio, riferendosi ad alcune sue affermazioni, fatte sia pur in occasioni conviviali e prima di sapere che avrebbe dovuto sentenziare sul Cavaliere ("Se mi capita sotto Berlusconi gli faccio un mazzo così"), ha scritto che è naturale che un magistrato non possa provare simpatia per un personaggio che, un giorno sì e l'altro pure, spara a palle quadre sulla Magistratura, "cancro della democrazia", sui magistrati, "antropologicamente pazzi" e immancabilmente, se prendono provvedimenti a lui sfavorevoli, "toghe rosse" che prostituiscono la legge a fini politici.

E anche queste inopportune affermazioni sono state cavalcate dal Giornale e dai berlusconiani per tentare di inficiare le sentenze dei Tribunali di Milano.
Un magistrato, se vuole esser tale, deve essere cauto anche nel privato. Antonio Esposito è indifendibile. In prospettiva, credo che nella ventilata riforma della Giustizia vada inserita una norma che vieta al magistrato di entrare in politica prima che siano trascorsi cinque anni da quando ha lasciato la toga.

Perché un magistrato che passa direttamente dalla sua funzione alla politica getta inevitabilmente un'ombra sulle sue attività pregresse. Basta pensare ai guasti provocati da De Magistris e Ingroia che han dato fiato, e non del tutto a torto almeno in questo caso, alle trombe berlusconiane che sostengono che i pm inquisiscono i Potenti per precostituirsi un piedistallo di popolarità da utilizzare ai fini di una futura carriera politica.


2. NO, CARO MASSIMO, LE COSE SONO ANDATE IN UN ALTRO MODO
Marco Travaglio per "il Fatto Quotidiano"

Caro Massimo, voglio tranquillizzarti: il giudice Esposito che ho difeso sul Fatto non è né un ingenuo né un cretino: basta leggere la motivazione della sentenza che ha firmato con i quattro colleghi per rendersi conto che è un magistrato di grande esperienza e sapienza giuridica. Le notizie riportate da molti giornali non rispecchiano, purtroppo, la verità dei fatti. Due giorni dopo aver letto il dispositivo della sentenza, che chiudeva definitivamente il processo Mediaset, ha ricevuto la telefonata di un vecchio amico giornalista del Mattino, che voleva intervistarlo.

Gli ha risposto che accettava solo di spiegargli in termini tecnici come si era arrivati all'assegnazione di quel processo alla sezione feriale della Cassazione; e solo a patto che il testo gli venisse sottoposto per poterne verificare l'esattezza e la correttezza. Il giornalista accettò le due condizioni e, finito il lavoro, gli inviò il testo. Esposito diede il via libera, salvo poi ritrovarsi in pagina una frase non compresa nel testo concordato, per giunta appiccicata a una domanda sul processo Mediaset che mai, nemmeno nella chiacchierata privata, il giornalista gli aveva posto.

La questione comunque è: quella risposta (a una domanda inesistente) anticipava le motivazioni della sentenza? Se anche fosse , Esposito non avrebbe violato i suoi doveri, visto che l'ordinamento giudiziario punisce soltanto le esternazioni dei giudici su processi non ancora definiti (e quello già lo era).

Ma poi la frase incriminata non anticipava nulla: Esposito spiegava per linee generali, senza mai nominare B. o Mediaset, che non esistono condanne basate sul teorema del "non poteva non sapere". Se si condanna qualcuno sostenendo che sapeva, bisogna dimostrare - per esempio, caso di scuola - che i sottoposti "Tizio, Caio o Sempronio" informavano il capo dei loro delitti e lui non li dissuadeva.

Ma non è il caso di B. Infatti la motivazione della sentenza poi depositata afferma che Berlusconi sapeva per ben altri motivi: e cioè perché non solo sapeva, ma faceva, in quanto "ideatore, organizzatore e beneficiario" del sistema criminale per gonfiare i costi dei film acquistati negli Usa e ricavarne plusvalenze in nero su conti esteri a lui stesso riferibili. La miglior prova che Esposito, parlando col cronista del Mattino, si riferiva al diritto in generale, non al caso specifico.

Quanto alla frase "Se mi capita sotto Berlusconi gli faccio un mazzo così", attribuitagli da una fonte del Giornale nel corso di una cena privata, non è mai stata confermata da alcun testimone. Esposito nega di averla mai pronunciata e ha sporto querela contro chi afferma il contrario. Quindi, salvo prova del contrario, quella frase non esiste.

 

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