1. DALLA DIARIA ALLO IUS SOLI, E’ RIVOLTA NEL MOVIMENTO 5 PIPPE: “BALLE. BALLE. BALLE. GRILLO DEVE SMETTERLA DI TRATTARCI COME SERVI. SIAMO ALMENO IN CINQUANTA. QUESTA STORIA È APPENA ALL’INIZIO. POTREMMO ANCHE USCIRE DAL GRUPPO” 2. “MA DI CHE COSA PARLA BEPPE? MA QUALE CONTRATTO? SFIDO CHIUNQUE A PORTARMI UN FOGLIO DOVE C’È SCRITTO CHE L’ECCEDENZA DELLA DIARIA VA RICONSEGNATA” 3. ‘’ERAVAMO IL MOVIMENTO DELL’UNO VALE UNO. SIAMO DIVENTATI L’ARMATA BRANCALEONE DELL’UNO VALE ZERO. E QUELLO ZERO SIAMO NOI”. E ORA GRILLO CHE FA? 4. INTANTO, RODOTÀ E’ SEMPRE PIÙ VICINO A VENDOLA: “LO IUS SOLI È UN ATTO DI CIVILTÀ”

1. MOVIMENTO 5 SPINE SOLDI E RIBELLI PRONTE 20 ESPULSIONI - GRILLO TORNA A GENOVA DELUSO E ARRABBIATO PER LA FRONDA DI CHI VUOL TENERE LA DIARIA POLEMICA SULLO IUS SOLI E MINACCE ALLA STAMPA
di Emiliano Liuzzi e Paola Zanca per Il Fatto Quotidiano


A un certo punto, Adriano Zaccagnini prende la parola in assemblea: "Vorrei avere a disposizione lo stesso tempo che ha avuto Beppe". Nella sala cala il gelo. Grillo ha appena finito la sua invettiva sulla diaria da restituire e questo 31enne romano esperto di permacultura, oggi deputato Cinque Stelle, dice che anche lui vuole mezz'ora per spiegare perchè quei soldi, adesso, sono roba sua. Basterebbe questa scena per raccontare che cosa si è consumato, giovedì pomeriggio, nell'aula dei gruppi di Montecitorio. La prima rivolta contro il capo. Che non finirà così.

Sono una ventina quelli che affrontano il leader a muso duro. "Arroganti", li descrivono. "Pezzi di merda", aggiungono, parafrasando l'epiteto che Grillo ha riservato ad Antonio Venturino, il siciliano espulso per non aver rendicontato lo stipendio. Uno a uno spiegano perchè non se la sentono di restituire quello che avanza. Alessio Tacconi, residente in Svizzera, argomenta: "Lì le tasse sono più alte".

Un altro sostiene che avrebbe bisogno di un "margine" per vivere dignitosamente. Grillo ribatte: "Si chiama cresta!". Una senatrice parla della baby sitter che deve pagare ora che sta a Roma. Francesco Campanella difende il collega siciliano. Grillo lo interrompe: "Basta parlare di soldi: tu cosa stai facendo?".

Vorrebbe discutere di contenuti, chiede notizie da portare in piazza, ai comizi che ricominciano lunedì. Ma non si riesce a venirne a capo. Soldi, soldi, soldi. Riccardo Nuti, vicecapogruppo dei deputati, alla fine interviene e ai colleghi fa un discorso, applauditissimo: "Fate schifo". Per questo Grillo torna all'hotel Forum, vicino al Colosseo, piuttosto sconsolato. È arrabbiato, deluso dall'atteggiamento degli attivisti che sono finiti in Parlamento. "L'avete votato voi, nei meet up, il tetto dei 2500 euro - si sfoga - Io non ho deciso niente!".

Appena il problema dei soldi aveva cominciato a montare, nelle settimane scorse, lui aveva scelto la linea morbida: "Fate quello che volete". Poi, ha capito che i militanti non avrebbero capito: "Io ci metto la faccia - ha detto agli eletti - Fuori questa cosa è una bomba, i giornali non vedono l'ora! Voi adesso siete qui, ma dovete sempre rimanere con un piede fuori, dovete capire che le vostre azioni hanno delle conseguenze . Anche le mie, lo so. Per questo giuro che d'ora in poi mi darò una calmata. Mi metto a parlare come il Papa".

Non va così. Ci dorme su, Grillo. E quando si sveglia e ritrova i cronisti appostati fuori dall'albergo, torna subito quello di sempre. Dice che il governo Letta è frutto di "un golpe" (anche Stefano Rodotà, più tardi, dirà "mi sembra eccessivo"). Avverte la stampa: "State molto attenti a fare dossier su famiglie e mogli, perchè li faremo anche noi" (poi, cerca di stemperare il clima: "Non è un consiglio - dice ridendo - è proprio una minaccia...").

Scivola sulla questione della cittadinanza ai figli degli immigrati: "Serve un referendum: una decisione che può cambiare nel tempo la geografia del Paese non può essere lasciata a un gruppetto di parlamentari" (Vendola gli dice che "sembra La Russa"; il deputato Cinque Stelle Alessandro Di Battista precisa: "Ciò che scrive Grillo sul suo blog equivale a quello che può scrivere Scalfari su Repubblica", poi spiegherà di essere comunque d'accordo sulla consultazione).

Poi torna sull'annosa questione della diaria: "Chi vuole restituirla, la restituirà, chi no, si prenderà le sue responsabilità. Io sono abituato che se firmo un accordo e mi impegno, lo porto a termine, altrimenti vado da un'altra parte".

Sono passati i giorni in cui, mascherato sulla spiaggia di Marina di Bibbona, Beppe si divertiva a farsi rincorrere dalle telecamere. Il "gioco" dell'apriscatole è più impegnativo di quanto sembrasse. E a lui, raccontano, ogni tanto sembra di essere un po' più solo.

Per questo da lunedì bisogna rimettere le cose in fila. La ventina di dissidenti, se non cambia idea, finirà dritta nella lista nera. Non ci sarà nessuna votazione o almeno così sperano che succeda nello staff. Se, sulla questione dei soldi, si dovesse arrivare alla conta, significherebbe che il messaggio di Grillo non è stato recepito. Ieri, chi ha cariche istituzionali (il questore Laura Bottici, il vicepresidente Luigi Di Maio e così via) hanno ripubblicato su Facebook le lettere in cui rinunciano alle indennità aggiuntive. Nel fine settimana, i personaggi più influenti del gruppo (da Vito Crimi in giù), proveranno a discutere al telefono con i ribelli. Se insistono, adios.

2. TRENTA DISSIDENTI - PRONTI A UN NUOVO GRUPPO
Andrea Malaguti per La Stampa

«Balle, balle, balle. Grillo la deve smettere di trattarci come servi». Il deputato Cinque Stelle è evidentemente nervoso. «Io? Siamo almeno in cinquanta. Questa storia è appena all'inizio. Potremmo anche uscire dal gruppo». Fuma ossessivamente nel cortile di Montecitorio mentre compulsa l'Ipad che restituisce le ultime esternazioni di Grillo. L'ennesima bolla papale da blog: «Houston abbiamo un problema. Di cresta. Ebbene va ammesso».

Non erano i media a inventarsi i mal di pancia, dunque. Era lui a far finta di nulla. Adesso lo scontro è in campo aperto. «Chi non restituisce i soldi della diaria non rendicontati è fuori. Abbiamo firmato un contratto. Con tremila euro puoi viverci». Non vi piace l'aria che tira? Via. Raus. Bye Bye. Levatevi di mezzo. Non è un Movimento per mammolette, questo. La linea non si discute, si sposa. Questione di fede. «Ma di che cosa parla? Ma quale contratto? Sfido chiunque a portarmi un foglio dove c'è scritto che l'eccedenza va riconsegnata. A me di cinquecento euro in più non me ne può fregare di meno, ma passare per uno che bara proprio no».

suona il telefono. E' un collega del Sud Italia. Il dialogo dura venti minuti. «Dobbiamo reagire». Fissano un incontro assieme a un drappello di riottosi per la prossima settimana. E' arrivato il momento di contarsi. «Nel gruppo misto mai. Ma se fossimo venti qui e dieci al Senato potremmo dare vita a una costola indipendente, dobbiamo solo trovare il modo per spiegarlo alla base. Non siamo scilipotini». Qual è la distanza tra un piano rabbioso e la realtà? «Chi lo sa, di sicuro così non si può andare avanti. Eravamo il Movimento dell'uno vale uno. Siamo diventati l'armata Brancaleone dell'uno vale zero. E quello zero siamo noi».

Bisogna ricostruire la riunione di giovedì pomeriggio per capire meglio il clima avvelenato. Grillo arriva, parcheggia come lo zar di tutti i Palazzi nella pancia di Montecitorio e si precipita nella saletta dei gruppi dove l'aspettano inquieti i suoi parlamentari. Lui li gela. «Si discute di un principio. L'aderenza a patti liberamente sottoscritti. E l'adesione all'etica del Movimento. Nessuno ci farà sconti». Per chiarire che non sta giocando dà del «pezzo di merda» al deputato dell'assemblea siciliana Antonio Venturino che pretende di tenere l'intera indennità. Il vice-capogruppo alla Camera, Riccardo Nuti, condivide la raffinata analisi. «Sì, sì, lo è». A quel punto il senatore Francesco Campanella, ex sindacalista, uomo perbene e siciliano anche lui, si alza in piedi. «No Beppe. Venturino non è un pezzo di merda. Non è giusto trattare le persone così». Grillo lo guarda come se lo volesse radere al suolo. «Parli? Ma tu che cosa hai fatto negli ultimi due mesi?». Il tentativo di umiliarlo. Di dimostrare plasticamente che la loro esistenza politica è appeso al filo sottile che Lui stringe tra le dita. «Senza di me non siete nulla». E' questa l'idea - pericolosa, potenzialmente distruttiva - che rimanda. Campanella regge lo sguardo. In questo due mesi è rimasto a Palazzo Madama dodici ore al giorno. «Non mi pare una domanda pertinente. Ma te lo dico. Ho lavorato nella Commissione Speciale e ora nella commissione Affari Costituzionali». Grillo lo ignora.

Ormai incapaci di lottare con le contraddizioni che sono state loro imposte, sono molti i deputati che prendono la parola. Grillo resta sorpreso. Si aspettava l'insoddisfazione di una manciata di eretici. Invece sono decine. Li ascolta. Si stranisce di fronte a chi gli racconta i propri casi familiari. «Ho tre figli», «Ho il mutuo», «Mi sballano le tasse». Visioni curiose che si fondono con obiezioni più concrete: «Il contratto non c'è. E lo sai».

Così Grillo affonda nuovamente. «Nessuno farà la cresta», grida. «Vaffanculo al denaro». Il deputato Alessio Tacconi, eletto in Svizzera, si ribella. «In questo modo diventi offensivo. Qui la cresta non c'entra». Quattro ore da mal di testa. Che si chiudono apparentemente con un nulla di fatto. Invece, nel giro di 24 ore, Grillo spara nuovamente a zero. Uscendo dall'hotel dove ha passato la notte se la prende con Letta, chiude a una legge sul diritto di cittadinanza per chi nasce in Italia - incassando la curiosa contrarietà del fedelissimo Alessandro Di Battista, che prima si dice favorevole allo «ius soli», poi ritratta e si riallinea - e punta il dito contro chi ha fame di soldi. «Nessuna mediazione sul denaro».

A Palazzo Madama anche gli uomini della comunicazione rinforzano la tesi del Capo. «C'è gente che se ne vuole andare? Prego. Si accomodino. Resterà solo che crede davvero nel Movimento». Chi non fa domande? Chi non sgarra? Chi continua a marciare sulla via della gloria grillesco-casaleggese anche se è costretto a percorrere strade costruire su desideri altrui e, peggio, già esauditi? Chi?

3. RODOTÀ SEMPRE PIÙ DISTANTE "LO IUS SOLI È UN ATTO DI CIVILTÀ"
Flavia Amabile per La Stampa

È uno Stefano Rodotà come sempre lucido e coerente quello che si presenta davanti alle telecamere di Sky Tg24 che non lesina critiche a nessuno, né al Pd né al Movimento Cinque Stelle che pure lo ha sostenuto nella candidatura alla Presidenza della Repubblica.

Beppe Grillo ha accusato il governo di aver fatto un golpe? Rodotà non è d'accordo. «Tutte le decisioni in democrazia possono e debbono essere criticate in maniera franca ma quando vengono seguite le procedure costituzionalmente legittime, usare parole come golpe mi sembra che si passi un po' il segno. Che poi tutto questo provochi anche battibecchi è segno della tensione che esiste. Mi auguro che si esca dalle battute e dal linguaggio aggressivo e si lavori sulle questioni concrete da tutte le parti».

Rodotà la pensa in modo del tutto diverso anche sulla questione dello ius soli. Mentre Grillo è contrario il giurista sostiene che l'attribuzione dell diritto di cittadinanza si tratti di «un atto dovuto, un atto di civiltà e di inclusione che consente di avere anche un'identificazione di queste persone con l Paese in cui vivono», e quindi crede che sia «un passo da fare pur con i minimi aggiustamenti necessari». Perché inchiodarli in un'identità che non è la loro? Sono cittadini di questo Paese e va riconosciuto con una certa franchezza».

Governo debole quello di Letta? «Pur avendo in prima battuta anche dato riconoscimenti giusti a Letta, penso che il vincitore di questa partita sia Berlusconi. I dati dei sondaggi lo confermano, dieci punti di distacco sono tanti. Quello che decide giorno per giorno e decide se il governo potrà reggere è Berlusconi, depositario del potere di vita o di morte di questo governo». E a proposito delle sentenze di condanna a Silvio Berlusconi, poco commentate dai democratici, Rodotà ha detto: «Mi è sembrato strano non vedere tante reazioni da parte del Pd. Una cosa mi ha molto preoccupato fra i commenti, la magistratura intralcia pacificazione». Si chiede alla magistratura «un ruolo politico» che non deve avere.

Al Pd chiede di porre fine al «gioco affannoso dei candidati». Al Movimento Cinque Stelle dice che un movimento entrato in Parlamento non sarà senza effetti, il lavoro parlamentare richiede decisione e responsabilità continua. «Ritenere che ci sono esclusi e barbari che vanno isolati? Li ho incontrati e ho detto loro i miei punti di dissenso come sull'esercizio della loro funzione senza vincoli di mandato. Sono contrario perché è importante per la responsabilizzazione del parlamentare. Quando ho detto queste cose non c'è stato un rifiuto e quindi deve esserci sempre grande possibilità di discussione». Sulla sua candidatura al Quirinale gli ha dato fastidio solo una «di veder falsificata» la sua identità nonostante la sua storia fosse «molto chiara».

 

 

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