IN GINOCCHIO DA TE - È BASTATO IL BAU-BAU DEL PRESIDENTE PAGATORE PER RIMETTERE IN RIGA I MALPANCISTI - CICCHITTO RIDICOLIZZATO E ZITTITO DAVANTI A TUTTI

Fabrizio Roncone per il "Corriere della Sera"

Silvio Berlusconi conclude il suo discorso con voce piena, scandita, e adesso se li gode tutti i suoi parlamentari già in piedi quasi di scatto, compatti, l'applauso lungo e forte rimbomba nella sala della Regina di Montecitorio tra gli arazzi e i lampadari luccicanti, tra le grida di evviva e una mano, una sola mano che si è alzata ed è rimasta lì, ferma, immobile, nella piccola bolgia. È la mano destra di Fabrizio Cicchitto.

Qualcuno se ne accorge, certi si voltano con aria interrogativa.
Lui ha un sorriso bloccato, un po' impertinente e un po' di sfida. La mano ostentatamente sempre alta come uno scolaretto: «No, scusate... Ma non c'è dibattito? Perché io veramente vorrei dire che...».

Brunetta fa segno di no, nervosamente, secco: no no, non esiste. 
Schifani mette su uno sguardo di circostanza. Dai, Fabrizio, non è il momento. Berlusconi allora intuisce, capisce, con quel suo istinto pazzesco, rapace, e interviene subito: «Fabrizio, con i capigruppo avevamo deciso che avrei parlato solo io... ma se vuoi dirmi qualcosa, forza, vieni a cena da me, stasera...».
(Dieci minuti dopo, nel corridoio, sotto il busto del generale La Marmora ).

Esce il deputato Luca D'Alessandro, ex giornalista e uno di noi per lungo tempo, prima di diventare il portavoce del potente Denis Verdini, il falco dei falchi. D'Alessandro va verso il gruppone dei cronisti. «Allora ragazzi... sia chiaro: io parlo come capo dell'ufficio stampa, vi aiuto a ricostruire l'assemblea però voi non attribuitemi niente, capito? Non fatemi casini, intesi?».

Gli diciamo: guarda che il professor Antonio Martino è apparso molto perplesso, assai poco convinto dal discorso di Berlusconi... 
«E vabbé, Martino è sempre stato uno un po' fuori dal coro, no?».

Sì, però c'è anche Cicchitto che è furioso: gli avete impedito di parlare e... 

«No, scusa: ma che Martino rappresenta il Pdl? Cicchitto ancora ancora... Ascoltate piuttosto quello che vi racconto io...».

Dentro, nel gran salone, Berlusconi sta intanto scherzando con la Brambilla, ma anche altri parlamentari gli sono intorno festanti: c'è Osvaldo Napoli che gli prende il braccio e lo tira, Bernabò Bocca che gli sussurra qualcosa all'orecchio, si avvicinano Riccardo Villari e Stefania Prestigiacomo (la quale, poco prima che l'assemblea iniziasse, fumando una sigaretta, ha detto con tono profetico: «Il Presidente non deve arretrare di un millimetro. Se no, è morto. Poi, certo, se lui non arretra, davvero non so che fine facciamo tutti quanti...»).

I ministri, che è opportuno non definire ancora «ex», sono andati via subito.
La Lorenzin con quella sua smorfia dolce, dietro cui però si cela un carattere determinato fino all'ostinazione. Lupi dissimula serenità, e se la rideva un po' con tutti, battute e pacche sulle spalle, come se niente fosse, come se poche ore fa non sia stato lui a dire che Forza Italia rischia d'essere un movimento estremista in mano agli estremisti.

Con la De Girolamo, accigliata, andremo a parlare dopo. Quagliariello era quello decisamente più mogio. 
Osservata tanta mestizia nei quattro ministri, è facile supporre che dietro l'angolo e giù, nella scalinata che porta al piano terra, adesso potremmo incontrare facce ben più raggianti. E invece no. Sembra che pure l'ala dura del partito, i frequentatori di Villa San Martino più assidui ed ascoltati, vengano via dall'assemblea con musi lunghi e poche chiacchiere, tutte piuttosto di circostanza.

La Santanché (lei di solito tagliente, polemica, spavalda).
«È stato un discorso stupendo, siamo tutti uniti». Pausa. E poi: «Quanto alle dimissioni dei ministri, valuteremo tutti insieme appassionatamente». Occhiataccia eloquente e, poco dopo, l'annuncio che non sarebbe stata ospite, come annunciato, della trasmissione Piazza pulita; su richiesta, sembra esplicita, del Cavaliere, che avrebbe promesso all'ala moderata del partito di tenere un po' a freno i berluscones d'assalto.

L'avvocato Niccolò Ghedini (più gelido, se possibile, del solito): «È andato tutto bene... davvero, proprio bene bene...». Non crede che però... «Le ho detto che è andata bene, no? Ora mi scusi, ho fretta».

E poi Denis Verdini (la camminata di quando è consigliabile non avvicinarsi troppo): «Bel discorso... bel discorso...». 
Capiremo meglio nelle prossime ore perché appaiono ugualmente spennati tanto i falchi quanto le colombe. Ma sul resto del truppone dei parlamentari, poco da dire: gli applausi sono scattati scroscianti e puntuali come seguendo il vecchio copione degli ultimi vent'anni.

Il termometro dell'affetto ha raggiunto il picco quando il Cavaliere ha detto con enfasi non casuale: «Grazie per le vostre dimissioni! Dobbiamo restare uniti! U-ni-ti!» (nella circostanza, anche Angelino Alfano ha creduto opportuno accennare il gesto dell'applauso). Ma molto apprezzati dalla platea pure i tre passaggi in cui i ministri li ha invece criticati.

Il ministro Nunzia De Girolamo ora - sono le 19,15 - è in Transatlantico e, insieme alla Calabria e alla Saltamartini, ha riacquistato un po' di buon umore. 
«Non volevo finire in un partito di destra, io solo questo problema ho posto». 
Ora è soddisfatta? 
«Sono stata rassicurata». 
Dolce finale berlusconiano. 
«Eh... beh... insomma...».

 

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