CGIL COME IL PD - È GUERRA CIVILE TRA LA TOSTA CAMUSSO E IL LEADER FIOM LANDINI CHE NON SI ALLINEA ALLE DECISIONI DEI VERTICI - LANDINI: ‘INIZIATIVA SENZA PRECEDENTI È UNA GRAVE REGRESSIONE DEMOCRATICA’

1. SCONTRO CAMUSSO-LANDINI - LA CGIL RISCHIA LA "GUERRA CIVILE" - LA LEADER DEL SINDACATO: LA FIOM SI DEVE ALLINEARE AI VERTICI
Roberto Giovannini per ‘La Stampa'

La Cgil è una federazione di sindacati di categoria più o meno indipendenti, o una confederazione in cui ciò che si decide al «centro» impegna tutti quanti gli iscritti? Il confronto sul testo unico firmato da sindacati e Confindustria che definisce le regole per la rappresentanza tra Susanna Camusso, il segretario generale, e Maurizio Landini, il leader dei metalmeccanici, sta prendendo una brutta piega. E non è escluso che prima o poi dallo scontro politico si possa passare a una specie di «guerra civile» tra la casa madre e il sindacato di categoria.

Una guerra che è anche personale, e mette di fronte due sindacalisti molto poco disponibili a una mediazione su un tema che per loro è di principio. Come aveva anticipato nei giorni scorsi Pagina99, qualche tempo fa Camusso ha scritto al Collegio Statutario della Cgil (una specie di Corte Costituzionale interna) per chiedere una interpretazione autentica: il leader Fiom Maurizio Landini può legittimamente dire che il sì del Direttivo Cgil al testo sulla rappresentanza non impegna né lui né la Fiom?

Può affermare Landini che discuterà del da farsi solo con la Fiom? E se la risposta in tutti e due i casi è no, Landini può e deve ricevere una sanzione? La risposta del Collegio statutario a Camusso è stata chiarissima: Landini e la Fiom devono obbedire al voto del Direttivo. Se non lo fanno sono sanzionabili dal Collegio di Garanzia, con una punizione che va dal «biasimo scritto» «all'espulsione».

Un messaggio chiarissimo alla Fiom: state attenti. La notizia, ripresa ieri dal Fatto, ha scatenato la reazione di Landini: «Se la Cgil fosse davvero pronta a denunciare la Fiom agli organi di garanzia del sindacato sull'accordo sulla rappresentanza sarebbe un fatto gravissimo. Abbiamo chiesto di ottenere che i lavoratori possano votare e decidere sugli accordi, una richiesta di democrazia minima». Camusso ha replicato spiegando che finora non ci sono esposti contro Landini. Ma non è detto che non ci possano essere, se la Fiom dovesse davvero violare la decisione del Direttivo Cgil.

Dopo di che sempre stamani sono successe due cose importanti: prima, a Roma, Landini ha incontrato il segretario del Pd Matteo Renzi. Poi proprio Landini e Camusso si sono visti a Firenze, per partecipare all'assemblea congressuale degli iscritti Cgil del Nuovo Pignone. In assemblea i due hanno confrontato le loro posizioni, e ognuno è rimasto della sua idea. L'assemblea ha poi votato un documento che sostanzialmente condivide le critiche Fiom al Testo unico (che introduce le sanzioni per chi non rispetta gli accordi votati a maggioranza e un comitato arbitrale). Ma che pure chiede ai due contendenti di mettersi d'accordo.

Non c'è dubbio che il nuovo vertice Landini/Renzi sul Jobs Act e la legge sulla rappresentanza fa infuriare Camusso. Landini anche in questo caso ha agito come fosse il capo di un'organizzazione indipendente, con proprie priorità, diplomazie e obiettivi. Al sindaco di Firenze il dialogo con Landini fa gioco da più punti di vista: uno, perché apre un ponte con una personalità che potrebbe un giorno avere un ruolo politico importante a sinistra.

Due, perché depotenzia la Cgil, che potrebbe osteggiare il programma economico renziano. Non è un caso che Renzi non abbia mai incontrato Camusso; lei dice ai suoi che «pur di avere una legge sulla rappresentanza lascerebbe le prime pagine ad altri».

Quel che è certo, però, è che il braccio di ferro tra Camusso e Landini rischia di finire molto male. Il leader Fiom dice che «non applicherà un accordo che equivale alla nostra morte». Ma la leader Cgil non può accettare impunemente che un pezzo del suo sindacato sbeffeggi le sue decisioni.

2. LANDINI: ‘INIZIATIVA SENZA PRECEDENTI È UNA GRAVE REGRESSIONE DEMOCRATICA'
Roberto Mania per ‘La Repubblica'

Landini, si aspettava l'iniziativa della Camusso?
«No perché il compito di un segretario generale è quello di far applicare i principi dello statuto. In più di cento anni di vita, nella Cgil hanno sempre vissuto in maniera dialettica posizioni diverse. Il dissenso non si è mai risolto a colpi di ricorsi.

Questa, invece, è una grave regressione democratica. Del resto, io nella riunione del Direttivo della Cgil l'avevo detto: l'accordo sulla rappresentanza deve essere sottoposto al voto dei lavoratori. E visto che Cisl e Uil non erano disponibili alla consultazione, ho chiesto di far votare gli iscritti alla Cgil, come stabilisce lo statuto della Cgil. Senza questo voto - l'ho detto e lo ripeto - non mi sento vincolato a rispettare quell'accordo».

Ma è la Fiom che si mette fuori dal momento che il Direttivo della Cgil ha approvato l'intesa sulla rappresentanza a larghissima maggioranza.
«Non è così. Il nostro statuto stabilisce che si consultino i lavoratori interessati. Lo statuto è chiaro e non ha bisogno di interpretazioni. È la nostra politica».

Eppure, sostiene la Camusso, gli iscritti alla Cgil che partecipano alle assemblee congressuali si esprimono anche sull'accordo. Non è una consultazione?
«Il congresso ha le sue regole. Il discussione congressuale riguarda la strategia della Cgil per i prossimi quattro anni. La consultazione su un accordo è un'altra cosa, tanto che la Fiom aveva proposto di sospendere il congresso per far votare i lavoratori sull'intesa. In più alle assemblee congressuali partecipano i lavoratori di tutti i settori, dalla scuola al commercio, mentre l'accordo sulla rappresentanza interessa i lavoratori delle imprese industriali aderenti a Confindustria».

Lei pensa che questo sia un accordo per imbrigliare la Fiom?
«Io penso che sia un accordo contro la contrattazione. Questo è un accordo che introduce per la prima volta le sanzioni a carico dei delegati e delle organizzazioni sindacali; che limita i diritti e introduce forme di arbitrato interconfederale che si sostituisce al ruolo delle categorie».

Però il Direttivo, che è l'organo più rappresentativo della Cgil, ha detto sì all'intesa. Perché la Fiom non rispetta la posizione della maggioranza?
«Prendo atto del voto del Direttivo. Ma insisto: lo statuto prevede la consultazione. Solo il voto dei lavoratori è vincolante altrimenti cambia la natura della Cgil».

Oggi (ieri per chi legge, ndr) ha incontrato la Camusso all'assemblea del Nuovo Pignone. Cosa vi siete detti?
«Ciascuno è rimasto delle proprie opinioni».

Anche la Fiom si rivolgerà al Collegio statutario per chiedere se il Direttivo ha violato lo statuto?
«No. Conosciamo lo statuto e non abbiamo bisogno di interpretazioni. Ma possibile che con quello che sta accadendo nel nostro sistema industriale il segretario della Cgil non trovi di meglio che chiedere sanzioni per il segretario della Fiom?».

La Camusso ha precisato che non intende chiedere sanzioni nei suoi confronti.
«Lo ha chiesto esplicitamente, domandando se in caso di violazione dello statuto sono previste le sanzioni. E poi non è un iscritto qualsiasi: è il segretario generale della Cgil!».

Si aspetta di essere punito?
«Non mi aspetto niente. Ma penso che in un'organizzazione democratica le teste, per evitare che si rompano, vadano contate ».

Sta pensando a una scissione?
«No, nel modo più assoluto. La Cgil siamo noi».

Oggi (sempre ieri per chi legge, ndr) ha anche incontrato Renzi. Si sta alleando con il segretario Pd per indebolire la Camusso?
«Ma no! La Fiom ha chiesto a tutti i partiti di potersi confrontare sulle politiche industriali e per il lavoro. Tutto qua».

 

SUSANNA CAMUSSO LUCIA ANNUNZIATA MAURIZIO LANDINI MAURIZIO LANDINI SUSANNA CAMUSSO MATTEO RENZI E LA BOMBA A ENRICO LETTA RENZI E LETTAPalco CGIL giorgio airaudo fiom LETTA enricol Enrico Letta

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni matteo salvini adolfo urso abodi giorgetti tajani giorgio armani

UN PO’ PIU’ DI RISPETTO SE LO MERITAVA GIORGIO ARMANI DA PARTE DEL GOVERNO – SOLO IL MINISTRO DELL’UNIVERSITA’, ANNA MARIA BERNINI, HA RESO OMAGGIO ALL’ITALIANO PIU’ CONOSCIUTO AL MONDO RECANDOSI ALLA CAMERA ARDENTE DOVE, TRA SABATO E DOMENICA, SONO SFILATE BEN 16 MILA PERSONE - EPPURE MILANO E’ A DUE PASSI DA MONZA, DOVE IERI ERA PRESENTE AL GP, OLTRE AL VICEPREMIER MATTEO SALVINI, IL MINISTRO DELLO SPORT ANDREA ABODI, SMEMORATO DEL PROFONDO LEGAME DELLO STILISTA CON BASKET, CALCIO, TENNIS E SCI - A 54 KM DA MILANO, CERNOBBIO HA OSPITATO NEL WEEKEND TAJANI, PICHETTO FRATIN, PIANTEDOSI, CALDERONE E SOPRATTUTTO ADOLFO URSO, MINISTRO DEL MADE IN ITALY, DI CUI ARMANI E’ L’ICONA PIU’ SPLENDENTE – E IGNAZIO LA RUSSA, SECONDA CARICA DELLO STATO, DOMENICA ERA A LA SPEZIA A PARLARE DI ''PATRIOTI'' AL DI LA’ DI RITUALI POST E DI ARTICOLETTI (MELONI SUL “CORRIERE”), UN OMAGGIO DI PERSONA LO MERITAVA TUTTO DAL GOVERNO DI CENTRODESTRA PERCHE’ ARMANI E’ STATO UN VERO “PATRIOTA”, AVENDO SEMPRE PRESERVATO L’ITALIANITA’ DEL SUO IMPERO RIFIUTANDO LE AVANCES DI CAPITALI STRANIERI…

giorgia meloni mantovano alfredo giovanbattista fazzolari gian marco chiocci rossi

DAGOREPORT - CHI AVEVA UN OBIETTIVO INTERESSE DI BRUCIARE IL DESIDERIO DI GIORGIA MELONI, PIÙ VOLTE CONFIDATO AI SUOI PIÙ STRETTI COLLABORATORI, DI ARRUOLARE L’INGOMBRANTE GIAN MARCO CHIOCCI COME PORTAVOCE? - IN BARBA ALLA DIFFIDENZA DEI VARI SCURTI, FAZZOLARI E MANTOVANO, FU L’UNDERDOG DE’ NOANTRI A IMPORRE FORTISSIMAMENTE (“DI LUI MI FIDO”) COME DIRETTORE DEL TG1 L’INTRAPRENDENTE CHIOCCI, DOTATO DI UNA RETE RELAZIONALE RADICATA IN TUTTE LE DIREZIONI, DAL MONDO DELLA SINISTRA ALL’INTELLIGENCE DI DESTRA - BEN CONOSCENDO IL CARATTERINO DELL’EX DIRETTORE DE “IL TEMPO” E ADNKRONOS, BEN LONTANO DALLA DISPONIBILITÀ AD ACCETTARE ORDINI E DINIEGHI, OCCORREVA CORRERE AI RIPARI PRIMA CHE LA SGARBATELLA PROCEDESSE ALL’INFELICE NOMINA, FACENDO CIRCOLARE LA VOCE DEL SUO TRASLOCO DALLA DIREZIONE DEL TG1 A BRACCIO MEDIATICO DELLA PREMIER - NEL CASO, SEMPRE PIÙ LONTANO, DI VEDERE CHIOCCI A PALAZZO CHIGI, ALLORA VORRÀ DIRE CHE L’EQUILIBRIO DI POTERI ALL’INTERNO DELLA FIAMMA MAGICA È FINITO DAVVERO IN FRANTUMI...

marcello viola alberto nagel giorgia meloni francesco gaetano caltagirone luigi lovaglio mps mediobanca piazza affari

DAGOREPORT - MEDIOSBANCA! I GIOCHI ANCORA NON SONO FATTI. E LE PREMESSE PER UN FUTURO DISASTRO SONO GIÀ TUTTE SUL TAVOLO - AL DI LÀ DELLE DECISIONI CHE PRENDERÀ LA PROCURA DI MILANO SUL PRESUNTO “CONCERTO” DEL QUARTETTO CALTA-GIORGETTI-LOVAGLIO-MILLERI NELLA PRIVATIZZAZIONE DEL 15% DI MPS, IL PROGETTO TANTO AUSPICATO DA GIORGIA MELONI DI DARE VITA A UN TERZO POLO BANCARIO, INTEGRANDO MPS, BPM E MEDIOBANCA, SI È INCAGLIATO DI BRUTTO: LO VUOLE SOLO FRATELLI D’ITALIA MENTRE FORZA ITALIA SE NE FREGA E LA LEGA E' CONTRO, SAPENDO BENISSIMO CHE L’OBIETTIVO VERO DEL RISIKONE BANCARIO È QUEL 13% DI GENERALI, IN PANCIA A MEDIOBANCA, NECESSARIO PER LA CONQUISTA CALTAGIRONESCA DEL LEONE DI TRIESTE - AL GELO SCESO DA TEMPO TRA CALTA E CASTAGNA (BPM) SI AGGIUNGE IL CONFLITTO DI CALTA CON LOVAGLIO (MPS) CHE RISCHIA DI ESSERE FATTO FUORI PER ‘’INSUBORDINAZIONE’’ - ANCHE LA ROSA DEI PAPABILI PER I NUOVI VERTICI DI MEDIOBANCA PERDE PETALI: MICILLO HA RIFIUTATO E VITTORIO GRILLI NON È INTERESSATO - LA BOCCIATURA DELL’OPERAZIONE DI FITCH, CHE VALUTA MPS CON UN RATING PIÙ BASSO RISPETTO A MEDIOBANCA - LAST BUT NOT LEAST: È SENZA FINE LO SCONTRO TRA GLI 8 EREDI DEL VECCHIO E IL CEO MILLERI, PARTNER DEVOTO DI CALTARICCONE…