ENIT, LA MANGIATOIA DI STATO - L’INUTILE ENTE BRUCIA MILIONI TRA STIPENDI E SEDI, SPENDE 138 MILA EURO PER GIORNALI E RIVISTE E NON HA SOLDI PER RILANCIARE IL TURISMO

Emiliano Fittipaldi per "l'Espresso"

C'è un ente inutile che nel solo 2013 ha speso 138 mila euro per comprare giornali e riviste. Guidato da un gruppo di dirigenti che prende un'indennità mensile netta che può arrivare fino a 17 mila euro al mese (escluso lo stipendio base). Un'agenzia dove i funzionari vanno spesso e volentieri in alberghi a cinque stelle, e che brucia oltre 5 milioni di euro l'anno soltanto per pagare un centinaio di dipendenti all'estero.

Si chiama Enit, e tra i tanti enti inutili che nessun governo è riuscito a cancellare, è di certo il più costoso. Meno celebre delle odiate province, secondo qualcuno più superfluo dell'Ente nazionale risi (che difende, letteralmente, il nostro «settore risicolo»), l'Enit è la nostra "Agenzia nazionale per il Turismo" e sulla carta ha un compito fondamentale: promuovere il brand Italia all'estero e far venire gli stranieri nei nostri hotel e sulle nostre spiagge. In modo da dare un po' di ossigeno al settore trainante della nostra economia, il turismo, che pesa tra il 10 e il 13 per cento del Pil nazionale.

Peccato, invece, che l'Enit non serva a un bel niente. Non solo perché gli ultimi dati Eurostat segnalano che l'Italia è uno dei pochi Paesi tra i 28 membri dell'Unione europea in cui sono crollati i soggiorni dei turisti (sia quelli degli italiani sia quelli degli stranieri che - nonostante la crisi - crescono in numero persino in Lettonia, Bulgaria e Slovacchia).

Ma anche perché tutto quello che lo Stato gira all'Enit (circa 18 milioni l'anno, una cifra che negli anni si è andata sensibilmente riducendo) viene usato solo per coprire i costi di gestione, pagare ricche buste paga a direttori, dirigenti, presidenti e amministrativi (180 persone in tutto) e le spese di affitto delle 23 sedi sparse per il mondo. Per la promozione e le campagne pubblicitarie, alla fine della fiera, restano poche decine di migliaia di euro. Nulla, rispetto a quanto investito dai nostri rivali, Spagna su tutti.

Le spese più alte riguardano gli stipendi: il direttore generale, Andrea Babbi, uomo considerato vicino a Comunione e Liberazione, amico sia di Vasco Errani che del ministro Maurizio Lupi, prende 180 mila euro l'anno. I sette capi delle direzioni d'area a Francoforte, Mosca, New York, Parigi, Pechino, San Paolo e Tokyo guadagnano, oltre allo stipendio base, indennità da favola: da un minimo di 9 mila a un massimo di 17 mila euro nette al mese.

A sfogliare i documenti interni che "L'Espresso" è riuscito a leggere si scopre che, su 180 dipendenti totali, un centinaio lavorano all'estero. Tra retribuzione annua e oneri a carico dell'ente costano agli italiani 5,1 milioni di euro l'anno. Tra i beneficiari Fujio Kitazume di Tokyo: andato in pensione da poco, costava 111 mila euro l'anno; mentre i suo colleghi Makiko Miura, Kiyomi Suzuki e Maki Manai pesano sulle casse pubbliche per circa 80 mila euro a testa. Poco meno di quanto costano i contratti di Wilfried Wannemacher a Francoforte, di Brigit Van Sereveren a Bruxelles e di mister Rasmi Sakulsuvarn a Sydney. «Il problema non sono i loro stipendi», sottolinea una fonte interna, «il problema è che non ci sono i soldi per fargli fare cose utili».

Fondata quasi cent'anni fa, l'Enit è emblema perfetto di uno Stato incapace di tagliare gli sprechi della pubblica amministrazione. Sono decenni che i governi d'ogni colore tentano di sbarazzarsene, ma alla fine resta sempre in piedi. L'ex ministro berlusconiano Franco Frattini voleva accorparlo con l'Ice (l'Istituto commercio estero) e dare ai vari ambasciatori il coordinamento sul campo di tutte le iniziative degli enti nazionali all'estero, ma non ci fu niente da fare. Troppe le lobby e gli interessi contrari. Mario Monti ci riprovò e riuscì addirittura a decretarne l'abolizione, ma l'articolo scomparve prima dell'approvazione della Finanziaria.

Anche il Pd lo ha spesso attaccato: poltronificio per boiardi e politici trombati, baraccone di Stato, carrozzone pubblico, gli insulti non si contano. Eppure il nuovo ministro competente, il dalemiano Massimo Bray in sella al dicastero dei Beni culturali da maggio, a parte qualche dichiarazione di prammatica non ha ipotizzato nessuna riforma strutturale.

Due mesi fa persino il Vaticano, tramite un accorato e stanco appello di monsignor Liberio Andreatta, direttore dell'Ufficio dei Beni culturali del Vicariato di Roma, parlando dell'Enit e delle politiche turistiche ha accusato l'Italia di continuare, imperterrita, a gettare denaro dalla finestra. «Si spendono tanti soldi e male», ha ragionato. «Non si va da nessuna parte. Ormai sono disincantato, diciamo sempre le stesse cose. La mia famiglia è longeva, quindi c'è il rischio che tra altri 40 anni continuerò a dirle».

Dopo le scelte di Michela Brambilla, che da ministro del Turismo piazzò a capo dell'Enit Matteo Marzotto come presidente e Paolo Rubini come direttore generale (che nel curriculum aveva solo la vicepresidenza della StemWay Biotech, un'azienda specializzata nel congelamento di cordoni ombelicali), il montiano Piero Gnudi ha dato fiducia nell'ottobre del 2012 a Pier Luigi Celli, presidente, e al manager Andrea Babbi. Due nomine che allora suscitarono polemiche.

A Celli, che siede contemporaneamente su più poltrone (attualmente è consigliere di Aeroporti di Roma, membro del comitato esecutivo di Illy Caffè e senior advisor di Unipol), fu rimproverato di non essere esattamente l'uomo giusto per promuovere l'immagine dell'Italia all'estero: nel 2009, in effetti, con una lettera aperta a "Repubblica" invitò il figlio ad andare via da «un Paese che non ti merita», un posto in cui non è «possibile stare con orgoglio». Non una grande pubblicità per il Belpaese.

Anche Babbi oltre a quello in Enit vanta una decina di altri incarichi, tra cda di consorzi, banche (Cariromagna) e società di ogni tipo. Tra queste spicca l'Iscom, di cui il direttore dell'Enit è amministratore delegato: una srl che fa consulenza ad enti pubblici e privati nel settore del turismo e in quello dei servizi, in pratica le stesse cose dell'Enit. Alla faccia del conflitto di interessi. Ma c'è dell'altro.

Qualche giorno fa nella sede romana dell'agenzia sono arrivati gli uomini del nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza, su ordine dei magistrati della Corte dei Conti che hanno aperto un'inchiesta su presunte irregolarità nel contratto di assunzione di Babbi. Il manager è stato in effetti ingaggiato il primo dicembre 2012, quando le norme sulla spending review avevano già vietato l'assunzione di personale «a qualsiasi titolo e con qualsiasi contratto», ricorda il sindacato Fialp in una nota mandata ai pm contabili.
Vedremo se i finanzieri indagheranno anche sulle accuse lanciate due anni fa dall'ispettorato generale del ministero dell'Economia: un elenco «di 19 irregolarità e disfunzioni» che spaziano dall'assunzione di collaboratori esterni all'utilizzo improprio delle auto blu, passando dall'uso smodato di alberghi a cinque stelle.

Proprio così. I dirigenti dell'Enit per regolamento possono alloggiare, quando sono in missione, in hotel a quattro stelle. Ma a qualcuno deve essere sembrato squalificante: così - dicono i controlli effettuati dall'ispettorato - ha preferito infilarsi negli alberghi ultra-lusso. La differenza? L'hanno pagata i contribuenti. Finora presidente e direttore generale, nonostante una lettera dal ministero abbia chiesto al nuovo management di intraprendere «iniziative» in merito, pare non abbiano fatto alcunché, né mandato lettere di contestazione ai responsabili.

Secondo i maligni Babbi rischia di doverla mandare anche a se stesso: qualche settimana fa ha chiesto un rimborso di 327 euro per essere andato due giorni a Milano «per incontri istituzionali». Sarà una coincidenza, ma a "l'Espresso" risulta che il direttore generale quel giorno (il 16 dicembre 2013) era stato invitato a vedere la partita clou Milan-Roma, in scena in serata a San Siro. Invitato da Trenitalia, azienda con cui Enit ha firmato l'anno scorso un accordo di collaborazione.

Il romagnolo (che secondo il suo curriculum parla un inglese «medio») è spesso in viaggio. Una settimana prima della partita era andato in missione a Vienna spendendo quasi mille euro in due giorni per «partecipare al saluto del dottor Leo-nardo Campanelli», spiegava nella richiesta di rimborso, «in occasione del suo pensionamento». Per la cronaca, la festa d'addio dell'anziano dirigente Enit è stata organizzata all'ambasciata italiana in Austria. Ma il direttore generale ha lavorato anche subito dopo Capodanno, periodo in cui gli uffici sono ovunque chiusi per ferie. Ed è andato a Parigi da giovedì 2 a domenica 5 gennaio per non meglio specificati «incontri istituzionali». Costo della missione: 1.310 euro.

Quando l'ex ministro Gnudi cercò di trasformare l'Enit, chiese agli esperti di Boston Consulting di redigere uno studio per rilanciare l'ente e realizzare un nuovo piano per il turismo. Ne uscirono dati sconfortanti: se fino al 2000 l'Italia è stata prima per introiti, negli ultimi due lustri siamo stati surclassati sia dalla Francia che dalla Spagna. A causa, in primis, di prezzi alti, servizi inadeguati, campagne regionali sbagliate, «della mancanza di un'offerta moderna e integrata e dell'incapacità di lavorare nei nuovi mercati, Cina in primis». «L'Enit dovrebbe essere una fabbrica di prodotti e avere una strategia fortissima sul digitale, ma ora non ha le competenze. Così com'è l'Enit può essere chiuso», concludevano gli esperti.

È passato un anno e mezzo e due governi da quello studio, e la situazione è identica. Il governo Letta non ha mosso un dito, il piano del commissario Carlo Cottarelli per abbattere la spesa pubblica è ancora segreto e nei corridoi dell'ente tutto va avanti come al solito. L'Enit di Celli e Babbi ha investito qualche migliaio di euro per cambiare i colori del logo («il restyling garantisce una chiara leggibilità in occasione di fiere e manifestazioni internazionali», la spiegazione); ha partecipato alle solite fiere e fatto un po' di conferenze per l'Expo di Milano; ha tagliato le auto blu (lo chiedeva la legge) e risparmiato qualche soldo in affitti e telefoni. La stampa ha anche magnificato la riproduzione su un francobollo di un vecchio manifesto Enit e il patrocinio concesso a un film brasiliano (titolo: «Diminuta») che sarà girato in Campania.

Nessun giornale, però, ha pubblicizzato altre cifre, come i costi delle varie sedi sparse tra Oceania e Sud America (vedere tabella a pagina 47), quelle per l'acquisto di giornali (a Vienna hanno speso nel 2013 ben 20 mila euro, a Toronto 11.600, a Pechino 15.000), né la nuova occasione per i dirigenti più fortunati, che in cambio di un taglio del 20 per cento dell'indennità possono chiedere all'Enit di pagargli la casa in affitto.

«O all'ente vengono dati soldi per fare campagne di comunicazioni vere, o è meglio risparmiare accorpandolo all'Ice, oppure facciamone una Spa. Così è la fiera dello spreco», chiosa un funzionario scontento. Difficile che sia accontentato. Metafora perfetta dei paradossi italici, all'Enit si sono anche autopromossi. L'ultima relazione sulle performance è datata 2012, e tutti gli obiettivi principali sono stati centrati. Con un grado di «raggiungimento», ovviamente, «del 100 per 100». Evviva.

 

 

ENIT - ENTE TURISMOMario Mauro e Maurizio Lupi VASCO ERRANI E MARCO MONARI VINCENZO VISCO E VASCO ERRANI passaggio di consegne enrico letta mario monti MICHELA VITTORIA BRAMBILLA AL NEGOZIO DI SCARPE MICHELA VITTORIA BRAMBILLA BEATRICE LORENZIN NUNZIA DE GIROLAMO FOTO LAPRESSE Matteo Marzotto Italia Independent Store Opening via Monte Napoleone Milano Massimo Terazzan MATTEO MARZOTTO VERONICA SGARAVATTIGUARDIA DI FINANZAPiero Gnudi

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