francesco saverio borrelli

CHI ERA BORRELLI? - TRAVAGLIO: “SE L'IDEA DI GIUSTIZIA AVESSE UN VOLTO, AVREBBE IL SUO. DIFENDEVA SEMPRE I SUOI UOMINI. NON GUARDAVA IN FACCIA NESSUNO. E SI LASCIAVA SCIVOLARE PRESSIONI, AGGRESSIONI E BLANDIZIE. IN UN PAESE SERIO L'AVREBBERO PROMOSSO SENATORE A VITA E PROPOSTO ALLA PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA” - SGARBI: “A UN CERTO PUNTO HA PENSATO DI ESSERE IL CAPO DI STATO DI UN PAESE NON DEMOCRATICO. NON HA RESISTITO AL DELIRIO DI ONNIPOTENZA…”

1 - IL PIÙ GRANDE

Marco Travaglio per il “Fatto quotidiano”

 

MARCO TRAVAGLIO

Se l'idea di Giustizia avesse un volto, avrebbe il suo. Se il precetto costituzionale "Tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge" avesse un nome, avrebbe il suo. Francesco Saverio Borrelli è stato il più grande magistrato che abbia avuto in dono l' Italia, almeno fra quelli che hanno goduto del privilegio di morire nel loro letto. Diceva Brecht: "Beati i popoli che non hanno bisogno di eroi".

 

Ma nessun popolo può fare a meno dei simboli e degli esempi, e lui era entrambe le cose. Nel 1992-'93, mentre l' Italia crollava bombardata dalle stragi e corrosa dal cancro della corruzione, la gente perbene si aggrappò alla sua toga e a quelle del suo pool Mani Pulite: D' Ambrosio, Di Pietro, Colombo, Davigo, Greco. Si ebbe, in quella breve parentesi, la sensazione che la legge fosse davvero uguale per tutti.

 

FRANCESCO SAVERIO BORRELLI

E l' illusione che gli italiani onesti fossero maggioranza. Durò poco, è vero, infatti subito dopo arrivò B., che inquinò tutto, anche la sinistra, anche la magistratura (con un Borrelli sulla breccia, uno scandalo come quello del Csm sarebbe stato impensabile: per ragioni estetiche ancor prima che etiche). Ma - ripeteva Borrelli - "il seme è stato gettato" e qualche frutto s'è visto.

 

Era un uomo timido, nel privato. Ma, quando indossava la toga, diventava coraggioso. Sapeva di essere protetto dalla Costituzione, dalla corazza dell'obbligatorietà dell' azione penale e dell' indipendenza da ogni altro potere. Difendeva sempre i suoi uomini. Non guardava in faccia nessuno. E si lasciava scivolare pressioni, aggressioni e blandizie come acqua piovana sulla toga impermeabile.

 

BERLUSCONI 1994

Gli attacchi di ogni colore, gli insulti, le calunnie, le ispezioni ministeriali, i procedimenti disciplinari al Csm, le indagini penali a Brescia che ha subìto non si contano. Spioni d' angiporto e pennivendoli di fogna hanno perso anni a cercargli uno scheletro nell' armadio per sputtanarlo, un tallone di Achille per ricattarlo: invano.

 

E allora han cominciato a inventare. I politici di destra e sinistra lo detestavano proprio perché era inattaccabile e i loro elettori credevano a lui, non a loro. Anche grazie al suo humour snob e tagliente. Proprio 25 anni fa, il 14 luglio 1994, il governo B. partorì il decreto Biondi, che vietava il carcere per i reati di Tangentopoli, ma non per quelli di strada.

 

Lui sibilò dalle labbra affilate come una lama: "È singolare che, nell' anniversario della presa della Bastiglia, si aprano questi squarci nei muri di San Vittore e del carcere di Opera. Il governo, invece di predisporre misure idonee a impedire la perpetuazione di un sistema di corruzione, dimostra la preoccupazione opposta".

 

FRANCESCO SAVERIO BORRELLI

E concluse: "Evidentemente considera la magistratura troppo efficiente". Mesi dopo, mentre il cerchio si stringeva sul Berlusconi giusto, il suo ministro della Giustizia ad personam Alfredo Biondi sbroccò con una battutaccia contro l' intera magistratura inquirente: "Un grande avvocato mi diceva sempre: 'Studia figliolo, o diventerai un pubblico ministero'". Borrelli lo fulminò con un' allusione al suo tasso alcolico: "Il ministro Biondi, a un' ora pericolosamente tarda del pomeriggio, s' è concesso una battuta impertinente e di cattivo gusto, che i magistrati non si attenderebbero certo dal loro ministro".

castelli

 

Quando poi, nel 2001, in via Arenula arrivò il leghista Roberto Castelli, ingegnere acustico specializzato in abbattimento di rumori autostradali e in leggi ad personam, prese a chiamarlo "l' ingegner ministro". Ogni tanto dissentiva dai suoi pm, ma lo diceva loro a quattr' occhi. Come quando non condivise il comunicato del Pool contro il decreto Biondi, letto in conferenza stampa da Di Pietro.

 

Quando, a fine anni 80, si schierò con Armando Spataro nello scontro furibondo con Ilda Boccassini sulla gestione delle indagini sulla mafia a Milano e inviò al Csm un parere poco lusinghiero su di lei, che emigrò in Sicilia, per poi tornare a Milano nel '95 e diventare la sua beniamina.

 

DI PIETRO - COLOMBO - FRANCESCO SAVERIO BORRELLI

Quando intimò all' ormai ex pm Di Pietro di smentire B. che in tv gli aveva attribuito una dissociazione dall' invito a comparire per le tangenti alla Finanza: "se no la prossima volta ti faccio volare giù dalle scale a calci". Quando fece una lavata di capo al giovane Paolo Ielo, che in aula aveva definito Craxi "criminale matricolato" per le intercettazioni che provavano i dossieraggi contro il pool da Hammamet: "Hai fatto malissimo a usare quelle parole. Potevi dire le stesse cose con più stile".

 

Ecco: lo stile. Borrelli, napoletano, classe 1930, figlio e nipote di magistrati, in toga dal 1955, di stile ne aveva da vendere. Lo dimostrò nel 2002, quando uscì di scena il giorno del pensionamento. Anzi, del prepensionamento, perché per levarsi dai piedi lui e il suo coetaneo D' Ambrosio, B. varò una legge apposita che portava l' età pensionabile dei magistrati da 75 a 72 anni.

 

DAMBROSIO E BORRELLI

Borrelli chiuse in bellezza il 12 gennaio, con la toga rossa e l' ermellino di Pg, inaugurando l' anno giudiziario col celebre appello a "resistere, resistere, resistere" allo "sgretolamento della volontà generale e al naufragio della coscienza civica nella perdita del senso del diritto". Parola d' ordine che fu subito raccolta dai Girotondi.

 

Lui però aveva già lasciato il proscenio, evitando quel reducismo patetico che guasta anche la memoria dei migliori. Faceva il nonno, suonava il piano, andava in bici, leggeva. Niente interviste, libri di memorie, consulenze, incarichi a gettone (a parte quello, a tempo, di capo dell' Ufficio indagini della Federcalcio commissariata per Calciopoli, e la presidenza del Conservatorio). In un Paese serio l' avrebbero promosso senatore a vita e proposto alla Presidenza della Repubblica (poltrone che probabilmente avrebbe rifiutato).

Quindi, non in Italia. Grazie di tutto, dottor Borrelli.

vittorio sgarbi

 

2 - UN FINTO SALVATORE DELLA PATRIA

Vittorio Sgarbi per “il Giornale”

 

Per nessun uomo politico, con tutti i suoi limiti e capacità, il giudizio (o il ricordo) può esser meno personale e più storico. A me sono consentiti entrambi, perché io l' ho conosciuto bene e ammirato. Non posso dire stimato. Giacché Francesco Saverio Borrelli, un uomo

sensibile, raffinato, colto, capace di capire la storia e, conseguentemente, di assumere le sue posizioni e responsabilità, a un certo punto ha pensato di essere il capo di Stato di un paese non democratico.

 

Consiglio Superiore della Magistratura

Di assumere un ruolo arbitrale e di non vedere ma fare la storia. Come capita a chi governa - e in questo caso Borrelli ha governato la magistratura, organo sommamente politico, e lo dimostrano le vicende del Csm - come è capitato a Craxi, a Berlusconi e a Renzi, suoi simili, Borrelli non ha resistito, oltre i precisi limiti della sua funzione, al delirio di onnipotenza che prende chi è in grado di condizionare il proprio tempo. Accade nelle espressioni del gusto, nella moda, nella musica, nella letteratura e, purtroppo, nella politica.

 

In un certo senso, egli è stato un precursore degli influencer di successo. Ha determinato proselitismo e fanatismo, come oggi Chiara Ferragni. Ogni sua posizione, ogni sua frase accendeva reazioni di consenso, analoghe al tifo sportivo. Il pool Mani Pulite era una squadra che agiva entro la storia del suo tempo, con piena consapevolezza. Ma il più consapevole era lui, che avrebbe avuto il compito di disciplinare l' azione del suoi. Non per caso chiamati: «sostituti».

 

FRANCESCO SAVERIO BORRELLI

Potevano limitarsi a fare un quartetto, tipo Amici miei. E, dopo ogni loro bravata, anche crudele, anche riuscita, concludere: «abbiamo scherzato», come era avvenuto con precedenti azioni giudiziarie contro esponenti politici. Invece hanno assunto, fuori di ogni dimensione lecita, il ruolo di salvatori della Patria. La Patria non è stata salvata. E, purtroppo, nonostante le infinite qualità (forse appannate dalla vanità), il principale responsabile è stato Borrelli. Di cosa? Della fine della democrazia rappresentativa dei partiti.

 

Poteva, manzonianamente, invocare la prudenza: Pedro, adelante con juicio! Invece il suo Pedro ne accese il desiderio di onnipotenza, insito in ogni magistrato, di cambiare la Storia. Borrelli assecondò, e non patì, forse per il timore di restare indietro, l' impulso di un giovane sostituto, Antonio Di Pietro, che esibì un metodo, fuori di ogni regola, e capace d' impressionare, la stampa prima di tutto (con strabocchevole consenso) e la politica (con leggi suicide).

 

BERLUSCONI E CRAXI

Così, da magistrato di grande cultura e intelligenza, Borrelli si trasformò in un politico, presidente di un governo ombra, il cui consenso era misurabile anche senza elezioni; e lui ne era consapevole, fino a dichiararlo quando si propose, o mostrò di essere disponibile, per una chiamata del presidente Scalfaro (magistrato fatalisticamente prestato alla politica), in una situazione di emergenza. In quegli anni, o forse in quel momento, in cui si arrivò a inquisire e arrestare più di 4.500 politici (e affini) e 276 parlamentari, Borrelli fu abbagliato dalla certezza di esser dalla parte del giusto e di interpretare un destino.

 

Dopo il Duce, un altro uomo della provvidenza. Poteva, nel rispetto, della indipendenza dei poteri, far sopravvivere la cultura politica e la democrazia rappresentativa.

FRANCESCO SAVERIO BORRELLI E ANTONIO DI PIETRO

Le ha fatte morire. Con lui sono scomparsi partiti storici, con rappresentanti eletti in nome di idee e identità, umiliati sotto il maglio della corruzione: il mondo popolare e democristiano, il Psi, il Pri, il Pli, il Psdi. E alla fine anche il partito più resistente: il Pci. Un grande risultato. Una strage.

 

Ogni partito aveva ideali e rappresentanti che li incarnavano. Grandi personalità, dotate di pensiero politico: da Croce a De Gasperi, a Nenni, a La Malfa, e prima Sturzo, Gobetti, Gramsci. Spazzati via da finti partiti dai nomi allusivi o ridicoli: Forza Italia, Italia dei Valori, Partito Democratico (come se gli altri non lo fossero), 5 stelle, fino ad Alternativa Popolare e altre amenità. Come è potuto accadere? Perché Borrelli ha dimenticato che la cultura, che lui aveva, è la madre di ogni azione, soprattutto politica. Senza cultura si va alla dittatura del singolo, per esaltazione demagogica.

 

Procura di Milano

Tra i suoi sostituti, infatti, almeno due, come Paperino e Topolino, avevano l' istinto della demagogia, pronti a «rivoltare l' Italia come un calzino», come uno di loro disse, non temendo il cattivo odore. L' Italia! Un calzino! E così Borrelli, che aveva raffinate conoscenze letterarie, filosofiche, giuridiche, per tradizione di famiglia e per formazione, che amava la musica (e fu presidente del Conservatorio di Milano quando io ero assessore al Comune, intrattenendo con lui straordinari scambi su questioni artistiche e musicali: uomo squisito, sofisticato e sottile), si fece sedurre e travolgere dai suoi sostituti, in particolare uno, popolarissimo, che infatti poi fece un partito, capitalizzando il suo consenso: un partito personale al posto di un partito ideale.

 

Insomma, la Treccani, che Borrelli frequentava, fu sostituita (travolta) da Topolino.

Borrelli dimenticò Beccaria per Celentano. E, benché aristocratico, divenne popolare sull' onda del suo sostituto assecondato. Così la democrazia rappresentativa fu travolta non dalla corruzione, ma dalla ambizione di proporre un diverso mondo politico, costituito dagli onesti (il Partito degli onesti), dimenticando la lucida formula di Benedetto Croce: «Il vero politico onesto è il politico capace».

FRANCESCO SAVERIO BORRELLI

 

Non so se Borrelli, uscito dalla magistratura senza entrare in politica, si sia pentito della sua scelta, che può apparire una forma di debolezza, di abbaglio storico o di vanità. Ma è certo che lo stato in cui versa la nazione dipende in larga parte da lui, che ha la responsabilità storica di avere lasciato spazio alla demagogia contro la politica, rispetto alla doverosa restituzione della illegalità e della corruzione non ai partiti, ma ai singoli responsabili e a un costume di opaca moralità (ma non di cattiva politica) che travolse anche il suo primo cliente: Craxi.

 

matteo salvini silvio berlusconi

E poi il secondo: Forlani. Lasciati nelle fauci di Di Pietro. Borrelli scelse Celentano e Topolino, invece che De Gasperi e Berlinguer. Così, eliminato Craxi, aprì la strada prima a Bossi (con disgusto), poi a Berlusconi (con orrore), poi a Grillo (con rassegnazione).

 

Dal punto di vista politico, egli può essere considerato il padre di Berlusconi (figliol prodigo), il nonno di Grillo (che, sulla scia, si affermò dopo la, invero pudica, uscita di scena di Borrelli) e il bisnonno di Salvini (che lo ammirava da piccolo). Non so se sia quello che egli voleva; è certo quello che ha ottenuto. Ha generato mostri.

 

FRANCESCO SAVERIO BORRELLI

Rivelando, però, un fatto, alla luce dei vari Palamara: che l' azione della magistratura, nell' ultimo quarto di secolo, è stata consapevolmente un' azione politica, cui si è ispirata la inconsistente ideologia del non-partito di Grillo. Creando la mostruosa anomalia di organizzazioni e associazioni (non sono partiti) con centinaia di eletti, con i voti di uno solo che non è in Parlamento: prima Berlusconi, poi Grillo.

 

La presidente del Senato fu eletta dopo che Berlusconi fu cacciato dal Senato.

I grillini sopravvivono oggi senza che Grillo sia in Parlamento e neppure nel partito da lui fondato. Aberrazioni che sono molto più gravi (come si vede dallo stato dello Stato) della corruzione. Borrelli se n' è andato, tormentato dagli effetti del suo errore. I partiti sono morti, la corruzione è viva.

FRANCESCO SAVERIO BORRELLI

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