EUROPA FANCULO! - STROZZATI DALLA CRISI, I GRECI S’INVENTANO NUOVE FORME DI SOPRAVVIVENZA

Simone Paliaga per "Libero"

«Sai perché lo Stato non mi ha dato i 313 euro di pensione per il mio bambino epilettico?» spiega, più rassegnata che arrabbiata. «Perché sono serviti per rifare le elezioni». «Il costo della politica qui non ha nulla a che fare con una generica indignazione per il denaro speso male. Qui, se ripeti una tornata elettorale, la gente non paga le bollette. E all'insicurezza occorre sottrarsi, trovare delle vie di fuga...»

Questo dialogo fotografa vicende che paiono di un paese del Terzo Mondo, lontano anni luce dalle coste italiane. E invece siamo appena a un braccio di mare di distanza. Poco di là dall'Adriatico, in una regione simbolo dell'Europa. Anzi nel luogo che i libri di storia riconoscono come sua culla: la Grecia. Alla crisi finanziaria che giunge da Oltreoceano a martoriare Atene si aggiungono i diktat dell'Europa imposti per risanare l'erario pubblico ed evitare il tonfo dell'euro.

I conti devono tornare, secondo i cantori dell'austerità capeggiati dalla Germania di Angela Merkel. Ma il rendiconto finale non pesa che sulle spalle di chi in Grecia ci vive, dei cittadini. Quando le occhiute forbici di Francoforte e Bruxelles si stringono sull'Egeo per far quadrare il bilancio ellenico rischiano di soffocare un paese. Ma c'è chi a questo destino deciso sopra le proprie teste non si rassegna e resiste diventando protagonista del reportage del giornalista Giuseppe Ciulla "Un'estate in Grecia" in uscita per Chiarelettere (pp. 160, euro 12,90).

Queste storie di resistenza formano un mosaico dove alle litanie e ai lamenti si sostituiscono l'orgoglio, il senso di appartenenza, la consapevolezza di appartenere a un popolo. Sulle geremiadi prende il sopravvento la voglia di futuro, ispirata dalla philotimo: la linfa che permette alla Grecia, ma forse sarebbe meglio dire ai greci, di tenere la schiena dritta. «Significa fare le cose per gli altri sapendo che farlo è importante anche per se stessi».

Tra medici che prestano la loro opera e patate che passano dal produttore direttamente alle tavole, saltando ogni intermediario, si adombra la rivalsa alle scelte fatte piovere dall'alto. «Vedi le gomme della mia auto?» racconta a Ciulla un italiano trasferitosi in Grecia «le ho prese l'altro ieri da uno dei nostri affiliati. Non ho sborsato un euro, il meccanico aveva bisogno di una visita medica e ci siamo messi d'accordo».

Ma quando il baratto immediato non è possibile arriva il Tem, topiki enallaktiki monada, la moneta alternativa all'euro, impiegato presso piccole comunità della Tessaglia. Un Tem equivale a un euro e coloro che lo accettano come valuta ne ricevono subito in credito trecento. Con essi possono fare quanto desiderano. O usarli per acquistare beni o scambiarli con una prestazione. Oppure ottenerne degli altri in permuta con quello che sanno fare. La moneta locale non è un'invenzione della Grecia della crisi.

In Europa fervono decine di esperimenti simili in cui si scambiano beni e servizi usando titoli di credito diversi dalla moneta corrente. Anche in Italia ci sono. «Jorgos vende tostapane e ventilatori che gli sono rimasti dopo il fallimento del suo negozio di elettrodomestici. In cambio di una bilancia che vale 15 Tem fa la spesa per la famiglia e porta a casa dodici uova, due chili di zucchine e tre pacchi di biscotti fatti in casa. Un servizio completo di porcellana finissima lo trovi anche a 50 Tem, un tatuaggio lo fai a 25 Tem, per manicure e massaggi ne bastano 20».

Le scelte fiorite a Volos, in Tessaglia, non sono isolate. Sono l'avanguardia di un movimento che fa sul serio. Da qui la febbre antieuropeista ha già contagiato una quarantina di città greche, e per studiare il fenomeno sono venuti dall'Australia e dal Giappone. Si apre col Tem un mondo che può prescindere dalla cancelliera Angela Merkel e dalle imposizioni che discendono da lontano e di cui i politici greci si fanno solo esecutori. In questo non c'entra la crisi né la politica arruffona della Grecia, e neppure i sacrifici imposti dall'Europa.

Quello che si vede qui è la differenza tra accettare una condizione di vita imposta dall'alto e mandare al diavolo chi guida la diligenza, proponendo altre soluzioni, a metà tra anarchia e citta-Stato: una terza via.

«La Grecia segue a fatica il passo dell'Europa, il popolo greco invece segue strade diverse, reagisce d'istinto assecondando la sua naturale inclinazione all'autarchia. I movimenti nati a Volos e in centinaia di città del Peloponneso e della Macedonia non sono altro» ricorda Ciulla «che forme di autogoverno. E le migliaia di volontari che li animano se ne fregano dell'Unione».

 

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