EVASORI IN GALERA! - IN AMERICA IL SISTEMA FISCALE È SEMPLICE, SEVERO, EFFICIENTE. NON PAGHI? TI SBATTONO DENTRO - PERCHÉ NON COPIAMO? PERCHÉ VIVIAMO IN UN PAESE IN CUI PERSINO UN (EX?) PRESIDENTE DEL CONSIGLIO SI PERMETTE DI LEGITTIMARE L’EVASIONE - È UN PROBLEMA ANTROPOLOGICO: LA CULTURA DEI TARANTINI E DELLE TERRY DE NICOLÒ…

Dall'introduzione di "IN GALERA! Gli evasori rubano alla collettività. Come scovarli. Come punirli" di Franz Brambilla Perego, Mind Edizioni, da mercoledi 9 nelle librerie, nelle librerie on-line e in e-book su bookrepublic.it

L'evasione fiscale è un furto alla comunità di cui si fa parte, costringendo chi non ruba a farsi carico della spesa sociale complessiva. Un furto con destrezza. In Italia si evade da sempre e da sempre lo Stato sa inseguire solo quelli che i suoi radar riescono a identificare (i dipendenti, i pensionati e gli onesti delle altre categorie), mentre una grossa fetta di cittadini (privati, professionisti e imprese) se la spassa allegramente alle spalle di quelli che, evidentemente "poco furbi", non solo dichiarano le tasse, ma le dichiarano giuste e addirittura le pagano. Perché nella cultura di una parte numericamente importante del Paese, la persona non è un "cittadino" ma un "individuo", la soluzione dei problemi è individuale e non collettiva, la comunità non esiste o, se esiste, esiste solo per essere derubata senza ritegno.

Noi siamo convinti che ci si trovi di fronte a un vero e proprio problema antropologico: intere fasce di popolazione cresciute fin dalla culla con la "cultura" del successo facile e delle relative - necessarie - scorciatoie per raggiungerlo, la cultura della disinvoltura nei comportamenti professionali e interpersonali, la cultura dei Tarantini e delle Terry De Nicolò.

In Italia l'evasore fiscale per molte, troppe persone non è un ladro, un mascalzone, un delinquente, un parassita della società, ma è un "furbo" da ammirare dandosi di gomito e da imitare ("io penso per me, gli altri facciano come credono"), nella migliore delle ipotesi da ignorare facendo spallucce ("beh, ha evaso un po' di tasse, e allora? non ha mica ammazzato nessuno!").

Questa mentalità diffusa capillarmente e indistintamente dal Nord al Sud del Paese affonda le sue radici nel "particulare" guicciardiniano, innaffiato da generose dosi di perdonismo cattolico e di individualismo a-sociale e a-morale. Su queste fondamenta poi si è aggiunta la sovrastruttura del berlusconismo, inteso come visione della vita fondata sul mito del successo individuale che si può perseguire anche aggirando le regole, considerando la società come un enorme ed eterno far west dove vige la legge del più forte: il più forte è quello che ha i soldi, e ha i soldi chi è più furbo, cioè più abile a girare intorno alle boe dell'etica collettiva.

È per questo che non è credibile una lotta all'evasione fiscale condotta da un governo guidato da Silvio Berlusconi, colui che passerà alla storia - oltre che per tante altre amenità - per aver in più occasioni giustificato l'evasione come legittima difesa del cittadino contro lo Stato vorace.

Nella Manovra dell'agosto 2011 si fa la faccia feroce contro gli evasori irrigidendo alcune norme (e Equitalia morde le carni dei contribuenti più deboli), ma al contempo si riducono le risorse a disposizione di Agenzia delle entrate e Guardia di Finanza, i cui sistemi informatici - sulla carta modernissimi - in realtà non dialogano tra loro e con le altre amministrazioni, e non riescono a mettere a sistema la gran massa dispersa di informazioni disponibili.

Il volume si apre con una carrellata di opinioni sull'evasione fiscale dal Settecento ai nostri giorni. Prosegue poi con una descrizione delle dimensioni - impressionanti - del fenomeno nel nostro Paese; di come avviene e che forme assume l'evasione; cosa succede se uno viene "beccato"; di come si potrebbe fare a "stanare" gli evasori; di come si debbano evitare gli eccessi di Equitalia nella fase di riscossione.

Poi arriva il capitolo sull'aspetto penale, dal quale emerge lo scarso grado di deterrenza del sistema vigente, messo a confronto con quello degli Stati Uniti: semplice, severo, efficiente. Lì con le tasse non si scherza, da noi sì. Infine il capitolo conclusivo con le nostre "modeste proposte", dalle quali emerge che l'inasprimento delle pene, con l'effettivo rischio di andare in prigione, si inserisce in un contesto più ampio di riforma tributaria, prevenzione ed "educazione fiscale" dei cittadini.

Il libro sarà senz'altro accusato di populismo, demagogia e giustizialismo. Qualcuno dirà: "Ah, li vuoi sbattere in galera gli evasori. E la pena di morte no?". Va bene, ci diano pure dei forcaioli. Noi vogliamo solo accompagnare la rivolta morale dei cittadini onesti e poco "furbi" che sono stufi di pagare per gli altri.

Vogliamo contribuire a un'inversione culturale del Paese con la speranza che prima o poi l'evasore fiscale venga considerato un ladro e possa essere mandato dietro le sbarre, esattamente come si fa con i rapinatori, gli scippatori e i ladri che rubano materialmente soldi e cose. Bisogna entrare nell'ordine di idee che solo se tutti pagano le tasse tutti potranno pagarne di meno. È necessaria una rivoluzione culturale, bisogna diventare "antropologicamente diversi" (per usare una famosa espressione del nostro Caro Premier) da chi pensa che l'evasore non sia un ladro ma un furbo da ammirare e se possibile imitare.

 

 

in galera!GUARDIA DI FINANZATANTI SOLDIeuroSilvio Berlusconi

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