COPTI A PUNTINO NEL FORNO DEL CAIRO - ALLA FACCIA DELLA PRIMAVERA ARABA, IL DOPO MUBARAK È UN INCUBO PER I NON MUSULMANI - CENTOMILA COPTI FUGGITI PER PAURA DELL’ISLAMIZZAZIONE DEL PAESE: “VIA PRIMA CHE I SALAFITI PRENDANO IL POTERE” - I CRISTIANI (IL 10% DEL TOTALE) SONO L’OSSATURA IMPRENDITORIALE E PROFESSIONALE DEL PAESE, SENZA DI LORO VA TUTTO A ROTOLI - LE PREOCCUPAZIONI VATICANE…

Giacomo Galeazzi per "la Stampa"

L' Egitto non è un Paese per cristiani. O almeno rischia di non esserlo più visto il potere sempre più forte delle correnti salafite salite alla ribalta dopo l'uscita di scena di Mubarak, in febbraio. Secondo l'Unione egiziana delle organizzazioni per i diritti umani, l'aumento delle tensioni religiose ha portato oltre 100 mila cristiani a lasciare il Paese. Una fuga-esodo che potrebbe portare a modificare gli equilibri demografici interni e la stabilità economica.

«La comunità internazionale non può assistere in silenzio a un dramma di queste proporzioni», è l'appello della Segreteria di Stato vaticana. Di fronte a «intolleranze fondate su pregiudizi»e a «strumentalizzazioni della fede per giustificare la violenza» in Curia si ribadisce che «la libertà religiosa è un diritto fondamentale da rispettare».

Secondo gli analisti, la fuga dal Paese è «conseguenza delle rivolte della primavera araba iniziate nel dicembre 2010» che avrebbero aumentato il potere della componente islamica della società.

In un documento inviato al governo del Cairo e al Consiglio supremo delle Forze Armate, l'Unione egiziana afferma che «i copti rappresentano un forte pilastro dell'economia» e che se stanno lasciando la loro terra natale «non lo fanno per necessità di lavoro, dal momento che costituiscono la classe imprenditoriale e professionale del Paese, ma per paura della linea dura adottata dai salafiti».

Il documento ricorda l'escalation di violenze contro la comunità copta. Tra quelli più recenti, l'uccisione di nove cristiani all'inizio di settembre nel distretto di Mokatam Hills sopra al Cairo, la bomba alla chiesa copta di Alessandria a Capodanno e il taglio delle orecchie a un anziano copto a Qena. Una situazione più volte denunciata dai cristiani, che in maggio hanno manifestato a piazza Martin al Cairo per ribellarsi alle violenze.

Molti di loro non hanno dubbi nel far coincidere la deposizione di Mubarak con l'aumento dell'intolleranza religiosa nei confronti dei cristiani. Dall'Egitto, la maggior parte di copti cerca rifugio negli Stati Uniti. Emigrare è difficile, ma la comunità vive con «il terrore che la corrente islamista si rafforzi e prenda di mira i copti», commenta lo scrittore Adel Girgis: «Ora in Egitto vi sono molte mani che agiscono per sfruttare il caos a loro vantaggio».

Una situazione che Girgis riassume ricordando una precedente sommossa, quando «dopo il colpo di Stato del 1952 che vide l'ascesa al potere di Nasser seguirono tensioni con la comunità copta». Ad alimentare i dissidi sono spesso i matrimoni interreligiosi e soprattutto la nuova legge sui luoghi di culto approvata dal Consiglio supremo delle forze armate.

La riforma è stata osteggiata dalle Chiese copte, anglicane e cattoliche che contestano le regole sulla grandezza e la distanza tra i luoghi di culto: non devono superare i mille metri quadrati e devono sorgere a una distanza di un chilometro l'uno dall'altro.

Sul numero dei cristiani egiziani le cifre sono diverse. Secondo il governo sarebbero 6-7 milioni, quasi il doppio ne contano i leader copti. Fonti indipendenti ritengono che i cristiani siano circa 8-9 milioni, circa il 10% della popolazione totale. La maggior parte di loro aderisce alla Chiesa copto-ortodossa di Alessandria.

 

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