I SOLDI SPORCHI SI LAVANO IN FAMIGLIA - FAIDA NEL PD PER I FINANZIAMENTI SCOMPARSI: “IL CASO LUSI APRE UNA QUESTIONE POLITICA NELL’API” - IL ‘J’ACCUSE’ DI PARISI: I SOLDI SPESI A SOSTEGNO DELLA LINEA RUTELLIANA” (MA LA LANZILLOTTA LO ATTACCA: “I BILANCI LI HAI VOTATI”) - FRANCESCHINI LANCIA IL SASSO SULLE PRIMARIE 2009 VINTE DA BERSANI: “COME FAI A RIENTRARE NEI 250 MILA € DICHIARATI SE LA TUA FACCIA È IN TUTTE LE STAZIONI D’ITALIA?”…

Laura Cesaretti per "il Giornale"

Ora, nel Pd e dintorni, tutti si ricordano di qualcosa; ognuno scopre di avere qualche sospetto da avanzare. «Ma se non veniva fuori il caso Lusi, perché si è attivata la Banca d'Italia, chi si svegliava?», si chiede polemico un ex rutelliano come Roberto Giachetti, oggi segretario del gruppo Pd alla Camera. Per il quale, da vecchio radicale, «il problema sta nel manico», ossia nell'oscuro, faraonico sistema del finanziamento pubblico.

«Non a caso noi radicali, Rutelli incluso, passavamo intere giornate di congressi, a porte aperte, a esaminare e discutere ogni voce di bilancio: sapevamo che, dove ci sono i soldi, la trasparenza totale è l'unica contromisura possibile». Nessun altro partito lo ha fatto, e ora il pasticcio sta emergendo. Sotto i riflettori c'è la Margherita, «ma qualcuno- dice Giachetti- si è chiesto cosa fanno dei loro soldi Forza Italia o An, Di Pietro o Vendola o Bossi? O magari l'Asinello di Prodi e Parisi, che ha avuto anch'esso i suoi finanziamenti?»

Già, i Democratici: il loro exploit elettorale risale alle Europee del ' 99, con conseguenti rimborsi fino al 2004. Usati come? Andrea Armaro, da sempre braccio destro di Parisi, è pronto a rintuzzare ogni sospetto: «Gran parte di quei soldi, per volontà di Parisi, che si scontrò su questo con altri esponenti, vennero dati alla Margherita». La fetta rimanente è servita a pagare la sede di Piazza Santi Apostoli (che fu anche quartier generale di Prodi) fino alla fine del 2011, e a finanziare campagne elettorali e referendarie, fino a quello sul sistema elettorale appena bocciato dalla Consulta.

Nel 2001, anno in cui debuttò la Margherita con - grazie alla leadership di Rutelli, candidato premier - un esaltante 15%, sui soldi si accese una furibonda discussione. «Ci fu una riunione interminabile dei partiti fondatori a Rocca di Papa - ricorda Armaro ­in cui gli esponenti del Ppi (Castagnetti, Bindi, Marini) minacciavano di andarsene se la Margherita non gli avesse dato una quota di finanziamento. Alla fine Rutelli e Parisi cedettero, e così i Dl salvarono i Popolari, che erano nei debiti fino al collo».

Ora Parisi è uno dei grandi accusatori del «sistema Lusi», e ha il dente avvelenato con Rutelli: «Lusi era un avversario politico messo a guardia delle risorse, e a garanzia del fatto che fossero spese a sostegno della linea rutelliana», dice a Repubblica. Linda Lanzillotta, rutelliana, ammette che «il caso Lusi apre una questione politica nell'Api», ma se la prende anche con Parisi che i bilanci li ha votati. Intanto l'ex Dl Rino Piscitello accusa su Libero: «Avevamo il sospetto che quei soldi venissero divisi tra gruppi, correnti e leader che contavano nella Margherita.

Come? Lo decideva il tesoriere: tu mi stai simpatico e ti finanzio».Dentro «una rete di complicità». E invita: «Tutti quelli che hanno avuto soldi da Lusi per le loro attività politiche lo dicano». Sul Fatto, invece, Mario Adinolfi chiama in causa i Ds e le primarie di Bersani: «Come fai a stare dentro il tetto dei 250mila euro dichiarati se la tua faccia è in tutte le stazioni d'Italia?».

Sui soldi delle primarie 2009 lo scontro finì anche sui giornali. Fu Franceschini a denunciare l'operato dello staff di Bersani, capeggiato da Filippo Penati, con una lettera aperta ai competitor. Gli spazi a pagamento (muri, tv, giornali, fiancate dei bus) erano invasi dai manifesti con la faccia di Bersani. «Uno spreco enorme- protestò Franceschini - I militanti vivono tra mille difficoltà finanziarie e capiscono a fatica perché vengono impiegate risorse e costosissimi spazi pubblicitari per la competizione tra noi, anziché essere utilizzati per il partito».

«Solo manifesti e attacchinaggio saranno costati 200mila euro», stimò Roberto Cuillo, capo della comunicazione per Franceschini. Il tetto per i candidati era di 250mila euro. «Qualcuno in questo Pd si sente proprietario del partito, ora si capiscono le resistenze a mollare le sedi, a mischiare le casse e i patrimoni, il proliferare di fondazioni», aggiunse Francesco Saverio Garofani, braccio destro di Franceschini.

Ricorda Cuillo: «Altro che 4 milioni di euro, come dice Lusi. Con i 250mila stanziati, riuscimmo a fare dieci iniziative pubbliche in giro per l'Italia, un librettino di propaganda e un solo manifesto. Convinsi io Dario a farlo, negli ultimi giorni di campagna, perché eravamo sommersi da quelli di Bersani». E il tutti contro tutti minaccia di allargarsi.

 

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