
IL FALLIMENTO DELLE POLITICHE DELL’IDIOTA DELLA CASA BIANCA PERMETTE A XI JINPING DI APPARRECCHIARE AL SUMMIT DI TIANJIN LEADER DI UN NUOVO ORDINE MONDIALE E DI SFERRARE UN ATTACCO CONTRO L’OCCIDENTE DENUNCIANDO UNA “MENTALITÀ DA GUERRA FREDDA” E “ATTI DI INTIMIDAZIONE” (DETTO DA UNO CHE SI PREPARA A INVADERE TAIWAN, RICATTA I PAESI AFRICANI CON LA VIA DELLA SETA, E STERMINA I MUSULMANI DELLO XINJIANG, FA RIDERE) – L’INDIA, PIUTTOSTO DI INCHINARSI AGLI ORDINI DI WASHINGTON SI ACCOMODA NELLO SHOW DI XI, MENTRE TRUMP ACCUSA: “FACCIAMO POCHISSIMI AFFARI CON DELHI, MA LORO NE FANNO ENORMI CON NOI. ORA SI SONO OFFERTI DI TAGLIARE A ZERO I LORO DAZI, MA È TARDI” – NON SOLO, IL PREMIER INDIANO MODI E’ ARRIVATO CAMMINANDO MANO NELLA MANO CON PUTIN, ORMAI VASSALLO DI PECHINO - TUTTI I FLOP DI TRUMP CON CINA, RUSSIA E INDIA - VIDEO
Rosalba Castelletti per la Repubblica - Estratti
vladimir putin narendra modi xi jinping vertice sco, shanghai cooperation organization
Parte da Tianjin l’ultimo attacco contro l’Occidente. Il presidente cinese Xi Jinping ha denunciato la «mentalità da Guerra Fredda» e gli «atti di intimidazione» e proposto di promuovere una «governance globale più giusta e ragionevole... in un nuovo periodo di tumultuosi cambiamenti».
Una visione condivisa dall’alleato russo Vladimir Putin che ha accusato l’Occidente di aver provocato il conflitto in Ucraina.
Si è chiuso così il vertice dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, Sco, il più grande dalla sua fondazione nel 2002, che ha riunito nella città portuale settentrionale i capi di Stato e di governo di 10 Stati membri e 16 Paesi osservatori e “partner di dialogo” a cui da ieri si è aggiunto anche il Laos.
Tra loro anche l’iraniano Masoud Pezeshkian, il turco Recep Tayyip Erdogan, il bielorusso Aleksandr Lukashenko, nonché il premier indiano Narendra Modi alla sua prima visita in Cina in sette anni.
vladimir putin narendra modi xi jinping
Un contrappeso alla Nato, così viene spesso descritta l’Organizzazione che rappresenta quasi la metà della popolazione mondiale e il 23,5% del Pil mondiale.
Un nuovo modello di «vero multilateralismo» che dia priorità al sud del mondo contro «l’egemonismo e la politica della potenza», l’ha invece definita Xi che col vertice di Tianjin ha lanciato la sua sfida all’egemonia degli Stati Uniti sullo sfondo degli sconvolgimenti causati dai dazi introdotti da Donald Trump e dai conflitti in Ucraina e Gaza.
«I compiti di sicurezza e sviluppo che gli Stati membri devono affrontare sono diventati ancora più impegnativi», ha osservato Xi esortando i partner a «opporsi alla mentalità da guerra fredda, al confronto tra blocchi e al bullismo» e a «sostenere il sistema internazionale che ha al centro le Nazioni Unite e il sistema commerciale multilaterale che ha al centro l’Organizzazione mondiale del commercio».
narendra modi xi jinping vertice sco, shanghai cooperation organization
Nel tentativo di ampliare il raggio d’azione della Sco, il presidente cinese ha anche proposto di istituire una piattaforma internazionale per la cooperazione energetica e di accelerare la creazione di una Banca di sviluppo promettendo 2 miliardi di yuan (240 milioni di euro) in aiuti gratuiti quest’anno e 10 miliardi di yuan (1,2 milioni di euro) in prestiti nel prossimo triennio.
Ha anche annunciato di voler consentire ai Paesi Sco di utilizzare il sistema satellitare cinese BeiDou alternativo al sistema Gps controllato dagli Stati Uniti invitandoli a partecipare alla stazione di ricerca lunare cinese.
Xi ha infine auspicato rapporti «stabili e di vasta portata» con l’India, proprio mentre Trump sulla sua piattaforma Truth definiva «a senso unico» le relazioni commerciali con New Delhi. «Facciamo pochissimi affari con l’India, ma loro ne fanno enormi con noi. Ora si sono offerti di tagliare a zero i loro dazi, ma è tardi. Avrebbero dovuto farlo anni fa», ha scritto il leader della Casa Bianca a pochi giorni dall’introduzione di dazi statunitensi al 50% sui prodotti indiani.
vladimir putin narendra modi xi jinping
Nella dichiarazione conclusiva congiunta, i leader della Sco hanno invece «condannato fermamente gli atti che hanno causato vittime civili» nella Striscia di Gaza e gli attacchi condotti da Israele e Stati Uniti in Iran lo scorso giugno, lanciando un appello per un «cessate il fuoco completo e duraturo e un accesso senza ostacoli agli aiuti umanitari» a Gaza.
Nessuna parola invece sull’Ucraina. La Sco ha anche chiesto alla comunità internazionale di sostenere la prospettiva «corretta» sulla Seconda guerra mondiale con la Cina che da mesi rivendica il suo ruolo, accanto a quello dell’Urss, nella sconfitta del Giappone e della Germania.
(…)
L’AVVISO DI MODI A TRUMP
Danilo Taino per corriere.it - Estratti
vladimir putin narendra modi xi jinping
Qualcosa Donald Trump deve avere sbagliato. Vuole limitare l’influenza della Cina nel mondo, vuole separare Mosca da Pechino, vuole che l’India non compri più petrolio russo a prezzi scontati.
Dal summit che si è svolto domenica e lunedì a Tianjin, Repubblica Popolare, gli è stato spedito un messaggio: nessuno dei suoi desideri si sta realizzando.
Non solo: gli è stato anche mostrato che il Paese da vent’anni baluardo delle strategie americane per contenere l’espandersi dell’egemonia cinese in Asia, cioè l’India, piuttosto di inchinarsi agli ordini di Washington si accomoda, tra sorrisi e strette di mano, nello show organizzato da Xi Jinping.
Non è che dall’incontro della Shanghai Cooperation Organization siano uscite grandi decisioni. Si è trattato in buona parte di incontri bilaterali tra leader che vedono gli Stati Uniti come il fumo negli occhi e, soprattutto, di una passerella di abbracci per dire esplicitamente a Trump e alla sua amministrazione che un bel pezzo di mondo si sta organizzando per mettere fine all’ordine internazionale imperniato sulla Pax Americana.
vladimir putin, narendra modi e xi jinping al vertice sco di tinjian
Parole di Xi in persona. Il punto forte della rappresentazione cinese è stata proprio la presenza nella recita, con ruolo d’onore, del primo ministro indiano Narendra Modi.
Non che Delhi non abbia qualcosa di cui rispondere a livello internazionale. Il fatto che, da quando Vladimir Putin ha aggredito l’Ucraina, acquisti greggio a mani basse e così aiuti di fatto a finanziare l’invasione è qualcosa che non può essere semplicemente spiegato come interesse nazionale, senza considerare le conseguenze diplomatiche che ciò avrebbe comportato.
Ciò nonostante, nei confronti dell’India il presidente americano ha dimostrato di non essere nemmeno lontanamente quel mago del deal, degli accordi, che si vanta di essere. Chi sceglie di entrare in una disputa con qualcuno, deve sapere fin dall’inizio fin dove quel qualcuno può arrivare.
Trump ha invece prima imposto agli indiani dazi del 25% per ritorsione alle barriere che Delhi impone a sua volta sul commercio, citando esplicitamente i prodotti agricoli.
Il fatto è che se Modi smettesse di proteggere il settore agricolo, dal quale dipende la sussistenza del 60% degli indiani, sarebbe un politico senza più futuro. Alla stessa maniera, se obbedisse all’ordine di Washington di non comprare più petrolio russo, pena un altro 25% di dazi, Modi darebbe un segno di debolezza che per lui sarebbe devastante, in un Paese dove il nazionalismo è il tratto politico più popolare.
In altri termini, il primo ministro indiano non poteva accettare il diktat americano senza suicidarsi.
Stretto tra subire le conseguenze dei dazi al 50% e ribellarsi, ha scelto di andare a stringere la mano a quello che è considerato il primo avversario dall’establishment americano, Xi. Non andava in Cina da sette anni, lo ha fatto ora: qualcosa di più di un calcio negli stinchi a Trump.
Quello tra Delhi e Pechino è un riavvicinamento? Adesso India e Cina sono, come ha detto Xi, «partner e non avversarie»?
Di certo, l’incontro di Tianjin non è stato l’apertura di un percorso che potrebbe sfociare in un’alleanza. Innanzitutto, perché un cardine non discutibile della politica estera di Delhi è che si fanno amicizie, si stringono partnership su questioni specifiche ma di alleanze non se ne parla. Con nessuno.
L’India vuole essere una grande potenza, ritiene di essere sulla strada giusta perché il mondo lo riconosca:
e una grande potenza non ha bisogno di alleanze finché non è lei a stabilirle. In secondo luogo, perché — oltre alle dispute sulla frontiera himalayana che di tanto in tanto diventano scontri violenti tra i militari dei due Paesi — Delhi e Pechino hanno interessi strutturalmente diversi in Asia e nel bacino Indo-Pacifico, dove nei prossimi anni si deciderà probabilmente chi avrà conquistato l’egemonia.
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C’è anche un’altra motivazione alla base del viaggio di Modi in Cina, non secondaria. Delhi e Pechino sono in aperta competizione per la leadership del cosiddetto Sud globale, cioè dei Paesi emergenti che non si allineano agli Stati Uniti ma nemmeno del tutto a Pechino.
Il confronto avviene per lo più nell’ambito dei Brics.
Ma Modi è andato a Tianjin anche per evitare che, davanti alla ventina di leader delle nazioni del Sud presenti, lo show fosse solo di Xi Jinping. Trump vede tutto in tv.
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