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ALTRI NO EXPO – MONTANARI: “UN IMMANE BARACCONE BAGNATO DA FIUMI DI RETORICA” – “OSCENO L’ACCROCCO DI OPERE D’ARTE PRELEVATE DA SGARBI IN MUSEI E CHIESE PUBBLICHE” – 'MOLTI STAND DI MULTINAZIONALI SI CONFONDONO CON QUELLI DEI SINGOLI PAESI'

1.LA RETORICA DELL’EXPO

di Tomaso Montanari per “Repubblica.it

 

La violenza criminale e demenziale di chi ieri ha sfasciato Milano rendono ancora più difficile esprimere il senso di rigetto che ingenera l'immane baraccone dell'Expo.

 

TOMASO MONTANARITOMASO MONTANARI

I fiumi di retorica alimentati da presidenti, ex presidenti, sindaci, ex sindaci, giornalisti sono imbarazzanti almeno quanto il pessimo gusto della cerimonia d'apertura, o la patetica trovata dell'inno nazionale modificato.

 

Per chi ha a cuore il patrimonio culturale italiano e il suo significato costituzionale niente appare osceno come il Tesoro d'Italia, l'accrocco di centinaia di opere d'arte prelevate a musei e chiese pubblici (oltre che in collezioni private) e sistemate da Vittorio Sgarbi nell'immenso spazio concesso (per diritto divino e amore del premier) a Eataly.

 

vittorio sgarbi maurizio costanzo showvittorio sgarbi maurizio costanzo show

E se non bastasse l'insormontabile problema dell'uso privato e della mercificazione di queste opere mantenute a spese di tutti, giunge una dichiarazione di Sgarbi a far comprendere l'entità del disastro culturale: «La mostra è stata concepita avendo come punto di riferimento il metodo indicato nel secolo scorso dallo storico dell'arte Roberto Longhi, nato, come Oscar Farinetti, ad Alba. Da quella città partono due rivoluzioni nella considerazione di un grande patrimonio di tradizioni e produzioni variamente rappresentate». Dove viene in mente il bel titolo di un libretto dell'eroico dissidente antibarberiniano del Seicento, Ferrante Pallavicino (arso vivo per ordine di Urbano VIII): La retorica delle puttane.

 

Un titolo che affiora alle labbra anche quando si legge che qualcuno vorrebbe trapiantare l'imbarazzante Albero della Vita a Piazzale Loreto, in via definitiva. E uno si chiede: ma a testa in giù, forse?

salasala

 

  Più in generale, e in modo più radicale, come è possibile ascoltare senza un moto di disgusto la retorica per cui l'Italia punta tutto sulla città effimera dell'Expo quando da sei anni non riesce (e forse mai riuscirà) a tirar su l'Aquila, una città vera e meravigliosa? Com'è possibile che questo metadone in forma di storytelling riesca a farci fuggire dalla realtà fino a darci l'ennesima grande occasione per fare tutto il contrario di ciò che dovremmo fare e sentirci pure bravi, buoni e giusti?

 

  Sappiamo bene come il Caudillo Maleducato, e la più gran parte di coloro che prendono la parola in pubblico, replicano ai rari tentativi di tenere il cervello acceso: con l'invocazione di un malinteso e peggio indirizzato appello all'amor patrio e all'orgoglio nazionale. E con l'eterna tirata contro gufi, disfattisti, rosiconi.

Siamo solo all'inizio: buon metadone a tutti!

 

2. A EXPO SI CONFONDONO PADIGLIONI NAZIONALI CON QUELLI DELLE MULTINAZIONALI

di Luca Mastrantonio da “Il Corriere della Sera

renzi family e napolitanorenzi family e napolitano

 

C’è un’allegra confusione a Expo, villaggio globale in eterna pausa pranzo, con lezioni di sostenibilità alimentare obbligatoria (o quasi). Non senza paradossi: McDonald’s, assai gettonato dalla working class della fiera, qui è vicino al presidio Slow Food. Come dire: il diavolo e l’acqua santa, il chinotto di Savona e la Coca cola, il cheeseburger e il conciato. Così, in questo carnevale di colori e sapori, tra biodiversità e libero supermercato, può capitare di confondere il padiglione di un Paese con quello di un’azienda, l’allestimento di una Nazione con quello di una multinazionale.

 

In alcuni casi è più difficile capire se una struttura è pensata per raccontare tradizioni e identità legate ai temi alimentari di un Paese oppure è essenzialmente un gigantesco specchietto per le allodole allestito da un’azienda. Lucente, come il padiglione vetrato di New Holland, che produce trattori, uno dei quali è sospeso su un tetto in erba: alcuni, sviati dal nome, l’hanno confuso per lo spazio olandese.

renzi e napolitanorenzi e napolitano

 

Altre volte è l’aspetto a ingannare: ci sono visitatori del padiglione di Vanke, colosso immobiliare cinese, convinti di essere stati in un Paese asiatico, se non addirittura in Cina: merito del bellissimo rivestimento progettato da Daniel Libeskind e ispirato a Huan Shan, la Montagna Sacra della Cina, con piastre autopulenti rosso fuoco, di drago.

 

Per alcuni visitatori stranieri, affamati, lo spazio Eataly, diviso istituzionalmente in stand regionali, con una mostra a cura di Vittorio Sgarbi, potrebbe venire scambiato per il Palazzo italiano, che è vicino all’Albero della vita ma più nascosto rispetto all’area assegnata a Oscar Farinetti, ben visibile dal Decumano, la via principale.

Anche la logistica inganna.

 

andrea guerraandrea guerra

?Nel cluster del cacao, tra Paesi sudamericani e africani, si trova la Lindt, che ha uno stand a forma di fabbrica, di cioccolato, stile Willy Wonka: prodotto che, al palato dei più ignari, viene associato alla Svizzera. Che è da tutt’altra parte. ?E non in Africa, né in Sudamerica.

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