FIGURE DA EXPO – “PALAZZO ITALIA” È IL SIMBOLO DELLA MANIFESTAZIONE, L’UNICO CHE RESTERÀ ANCHE DOPO, MA È LONTANO DALL’ESSER COMPLETATO – DOVEVA COSTARE 40 MILIONI E INVECE SIAMO GIÀ A 93, CON RISCHIO DI ULTERIORI RINCARI – ECCO LA SUA STORIA, TRA GARE AGGIUSTATE E MANEGGI VARI

1.EXPO AL VIA MA L’ITALIA NON E’ PRONTA

Marco Lillo per il “Fatto Quotidiano”

 

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Sarebbe piaciuto a Pasolini il nome scelto dai manager di Expo 2015 per l’edificio destinato a rappresentare il nostro biglietto da visita all’esposizione universale che si apre il primo maggio. Se il Palazzo di Pasolini era una metafora della politica italiana, ‘Palazzo Italia’ è una metafora del nostro paese. Se potesse parlare questo edificio con la pelle bianca bella ed elegante racconterebbe che il suo disegno è stato realizzato dalla Proger Spa insieme all’architetto Michele Molè, riuniti nell’associazione Nemesi.

 

Nel novembre 2012 Nemesi vince un concorso internazionale con un disegno avveniristico che rappresenta il genio italico delle costruzioni. Il palazzo, secondo il progetto, doveva costare alla collettività 40 milioni di euro. Grazie alle tante varianti richieste dal committente Expo Italia Spa (partecipata da Ministero Economia, 40 per cento; Comune di Milano, 20 per cento, Regione Lombardia 20 per cento e Provincia, 10 per cento, amministrata da Giuseppe Sala) invece il costo è lievitato già del 36 per cento a 53,6 milioni e alla fine costerà non meno di 93 milioni di euro, come ammette lo stesso Giuseppe Sala, Amministratore di Expo 2015.

 

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La ragione dell’aumento e del ritardo? Subito dopo avere assegnato nell’ottobre 2013 (a seguito di una turbativa secondo i pm fiorentini) l’esecuzione dei lavori a un’Ati composta da Italiana Costruzioni e Coveco, la Expo 2015 Spa si accorge di avere sbagliato a chiedere poco spazio espositivo e troppi uffici. Senza tenere conto dei rischi e dei costi Expo chiede all’Ati di aumentare lo spazio espositivo con le varianti che fanno decollare i costi. Inoltre Expo non assegna la direzione dei lavori al progettista Nemesi, che avrebbe guidato la realizzazione di quello che aveva disegnato, ma al responsabile unico del procedimento per Expo, quell’Antonio Acerbo poi arrestato nell’ottobre 2014.

 

A QUEL PUNTO il committente si lega mani e piedi all’esecutore che può imputare i suoi eventuali ritardi ai cambiamenti in corso d’opera del progetto. Il risultato è l’aumento dei costi e una lite chiusa da una probabile transazione con una spesa di 93 milioni di euro, il doppio del costo di partenza. Se il Palazzo Italia potesse parlare spiegherebbe agli ignari visitatori cinesi che il suo responsabile unico del procedimento Antonio Acerbo è stato arrestato nel 2014, che uno dei progettisti che ha scritto il programma della sua realizzazione, Stefano Perotti, è finito in carcere nel 2015.

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Racconterebbe che l’associazione di imprese che lo ha costruito è una riedizione di Peppone e Don Camillo: c’è una cooperativa rossa veneta (Co.ve.co., già coinvolta nello scandalo del MOSE) e c’è un’impresa vicina al Vaticano, la IC, Italiana Costruzioni. Racconterebbe poi che i titolari di IC, Attilio e Luca Navarra, sono indagati con il già citato Stefano Perotti (amico di Maurizio Lupi e sodale di Ercole Incalza) arrestato anche perché avrebbe turbato con Antonio Acerbo la gara del Padiglione Italia a beneficio dei Navarra.

 

In questa storia del ‘Palazzo Italiano’ non poteva mancare il monsignore. Il presidente della Peregrinatio ad Petri Sedem, Francesco Gioia, è intercettato dal Ros mentre presenta telefonicamente Luca Navarra al solito Perotti. Insomma c’è tutto il ‘sistema Italia’ nel Palazzo Italia.

 

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Quando Navarra, dopo avere vinto la gara per il Padiglione anche grazie all’ausilio di Perotti, non rispetta i patti sulla direzione dei lavori, per trovare la quadra del sistema entra in campo Francesco Cavallo, uomo forte di Comunione e Liberazione: l’appuntamento Cavallo- Perotti-Navarra si svolge nello studio di un avvocato, già presidente della Compagnia delle Opere (il braccio imprenditoriale di Cl) nel Lazio.

 

 Storie di ‘Palazzo’ direbbe Pasolini al quale interesserebbe certamente di più la sfida dei 400 operai che stanno correndo su e giù da settimane per salvare la faccia all’Italia davanti al mondo. Da qualche settimana l’Ati di IC ha accelerato la sua difficile rimonta. Si lavora 24 ore su 24 come tante formiche con il casco arancione in un immenso playmobil.

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Le foto che pubblichiamo a fianco sono state scattate il 23 aprile, sei giorni fa. Il 28 aprile, due giorni fa, tre consiglieri regionali M5s, guidati da Stefano Buffagni, son tornati sul cantiere filmando un lieve miglioramento.

 

INTANTO LE GRU, per ragioni di sicurezza, sono state portate via rendendo più difficile il trasporto dei materiali. Gli allestimenti e gli arredamenti per la terrazza Martini sul tetto e il ristorante Peck al quarto piano non si vedono nelle foto. Eppure tutti a Expo 2015 Spa giurano che l’Italia non farà la figuraccia prevedibile guardando gli scatti. Gli spazi espositivi secondo Expo, saranno tutti pronti. Il pubblico non noterà i tagli al progetto iniziale, la minore quantità della ‘pelle’ bianca dell’esterno e dell’interno né i materiali meno resistenti al fuoco usati per la vela che copre l’opera.

 

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Varianti che hanno ridotto i costi di fattura aumentando i profitti dell’impresa. Il visitatore resterà ammirato dalla bellezza dell’edificio firmato dalla Proger Spa con l’architetto Molè. Certo, se davvero riuscissero a finire in tempo per l’inaugurazione di dopodomani, confrontando la scena del primo maggio con le foto che pubblichiamo, scattate il 23 aprile e 27 aprile, in molti si chiederanno perché non fare sempre così. Se davvero ci volessero due settimane per consegnare un lavoro a regola d’arte passando dallo stato grezzo a quello definitivo in così poco tempo perché impiegare mesi?

 

 La verità è che il risultato di questa corsa folle sarà un doppio ‘oh’ di stupore. Il primo ‘oh’ riempirà d’orgoglio gli italiani se riusciremo a dimostrare ancora una volta agli stranieri quanto siamo bravi nell’emergenza. Poi però, quando i riflettori si saranno spenti, arriverà il secondo ‘oh’ per l’aggravio di costo di questa insensata gara contro il tempo.

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EPPURE L’EXPO è stata assegnata all’Italia nel 2008 e questo edificio di 13 mila metri quadrati per quattro piani è l’unico tra tutti i padiglioni dei 135 paesi partecipanti all’esposizione universale che resterà in piedi. Gli altri saranno smontati al termine della grande fiera mondiale. Insomma, a prescindere dal raddoppio della spesa pubblica, l’Italia non farà una gran figura. Anche Sala ha ammesso che non tutti gli spazi aperti al pubblico saranno pronti.

 

Per esempio l’Auditorium del Palazzo non sarà finito. Basta guardare la fotografia scattata pochi giorni fa per capire perché. I responsabili della comunicazione di Expo 2015 e Martini giurano in coro che la terrazza Martini con la vista mozzafiato sull’Expo sarà ultimata in tempo. Tutti gli italiani si augurano di brindare davvero il primo maggio con Sala, il premier Matteo Renzi e lo sceriffo Raffale Cantone sulla terrazza alla faccia degli stranieri e dei gufi. Però qualche dubbio guardando lo stato della terrazza fotografato il 23 aprile resta.

 

Al posto dei bancali stesi sul cemento dovrebbe sbocciare la splendida terrazza con parquet disegnata da Pininfarina del rendering di Martini. Anche la tranquillità ostentata da Expo sull’apertura del ristorante Peck al quarto piano del palazzo sembra fatta apposta per far morire di invidia i comuni mortali. Un ristoratore comune difficilmente potrebbe superare i controlli di Asl e vigili con un locale che a pochi giorni dall’apertura è nello stato documentato dalle foto pubblicate a fianco. Comunque la battaglia di Italiana Costruzioni non finisce il primo maggio. I 400 operai continueranno a lavorare tutte le notti dalle 23 alle 5 di mattina. Poi entreranno le ditte delle pulizie per far sparire le tracce. I visitatori non si accorgeranno di niente. I contribuenti purtroppo sì.

EXPO LAVORIEXPO LAVORI

 

2. I PRINCIPALI SPONSOR? I GIORNALONI ITALIANI

Da “il Fatto Quotidiano

 

IL LOGO dell’Expo diventa il titolo di pagine e speciali dei giornali da Milano alla Capitale. A pochi giorni dall’apertura la stampa italica moltiplica gli sforzi celebrativi, ancorando gli articoli al significato profondo dell’esposizione meneghina che pare quasi essere in grado di eradicare la fame nel mondo, pur nella sua incompiutezza logistica.

Repubblica gli dedica un album di 40 pagine, ben infarcite di pubblicità. Il Corriere assicura che le falle nella sicurezza sono state tappate, e ci si può dunque concentrare sul piatto principale dell’esposizione universale: la ristorazione, vero cuore pulsante dei padiglioni che però vengono mostrati solo in rendering e particolari, perché a

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nessuno verrebbe voglia di mangiare in quei cantieri impolverati.

 

È un grande sforzo di ottimismo commercial-informativo al quale non si sottrae il Giornale, nell’ultima raffica a salve di articoli sparati per colmare i vuoti ancora evidenti nella realtà. Un circolo che si vorrebbe virtuoso nel quale la stampa elogia l’Expo come nutrimento per le loro pagine pubblicitarie. Un trionfo annunciato tra le gru e le impalcature che non sanno per nulla di futuro.

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