quagliariello

IL SALTO DEL QUAGLIA - L’USCITA DALLA MAGGIORANZA DEI “RIBELLI” NCD RENDE ANCORA PIÙ DETERMINANTE IL SOCCORSO DI VERDINI - GLI ALFANOIDI SVELENANO SULL’ADDIO DI QUAGLIARIELLO: “SE NE VA PERCHÉ RENZI NON LO HA VOLUTO AL GOVERNO”

Francesco Bei per “la Repubblica”

 

gianni letta gaetano quagliariellogianni letta gaetano quagliariello

Angelino Alfano scrolla le spalle di fronte all’uscita annunciata di “Gaetano”, il Richelieu del partito, l’ex ministro delle riforme che - unico nella delegazione ministeriale del Pdl - non venne riconfermato da Renzi al suo posto. “Lo sapevo da tempo - si sfoga nel pomeriggio con i collaboratori - , ha fatto la sua scelta. Ce ne faremo una ragione, amen”.

 

La reazione di Quagliariello è altrettanto netta: “Ho chiesto di aprire un dibattito, ma mi sembra che Alfano lo abbia già chiuso. A questo punto ci saranno conseguenze”. Un alto esponente di Ncd giura di aver raccolto dal ministro dell’Interno un’ altra confidenza, ancora più tranchant: “La verità? Va via perché Renzi non lo ha voluto nel suo governo. Anzi Renzi, quando si parlava di rimpasto, venne da me a dirmi: vi do altri due ministeri, basta che non ci sia lui”.

 

I QUATTRO MOSCHETTIERI QUAGLIARIELLO ALFANO NAPOLITANO CANCELLIERI I QUATTRO MOSCHETTIERI QUAGLIARIELLO ALFANO NAPOLITANO CANCELLIERI

Quagliariello, chiuso per tutto il giorno al Senato con gli altri “congiurati”, non ci sta a passare per poltronista: “Questa storia che volevo un ministero l’ha messa in giro Renzi per sputtanarmi. In realtù l’ho detto più volte che, un minuto dopo le riforme, si sarebbe posto per noi il tema della permanenza al governo. Se non cambia l’Italicum l’alleanza con il Pd diventa strategica ‘per legge’. E di questo si dovrebbe discutere, non delle poltrone”.

 

é un fatto comunque che Area popolare sia a un passo dall’esplosione. Almeno al Senato, punto nevralgico della dissidenza. Dove sette senatori hanno già deciso di lasciare la maggioranza e passare all’opposizione. I nomi: oltre a Quagliariello sarebbero in uscita Augello, Giovanardi, Sacconi, Azzollini, Formigoni e Compagna.

GIOVANARDIGIOVANARDI

 

I numeri sono piccoli, ma bastano a rendere i 13 verdiniani davvero determinanti per la sopravvivenza del governo. Senza i voti di Ala infatti la maggioranza sarebbe sul filo dei 161. Per ora Renzi mostra di non curarsene: “I numeri ci sono, non cambia nulla. Voglio vedere se voteranno contro una legge di Stabilità che toglie l’Imu”.

 

Il progetto tuttavia è di rompere dopo la legge di Stabilità, scegliendo come terreno di scontro le unioni civili. Una bandiera da alzare per dimostrare di poter essere interlocutori di quella parte di mondo cattolico più conservatrice. Non è un caso che proprio Quagliariello e Sacconi, fin dai tempi del Pdl, abbiano sempre coltivati i rapporti con tutti i prelati che ancora guardano con nostalgia all’era Ratzinger.

maurizio sacconimaurizio sacconi

 

E che li spingono alla resistenza sul ddl Cirinnà. «Dobbiamo passare all’opposizione - è il ragionamento di Quagliariello - per poter ricostruire un’area di centrodestra». Per fare un gruppo bastano dieci senatori, ma il problema sarebbe già risolto con l’arrivo delle tre tosiane di Fare! In questi giorni, prima dell’annuncio dell’uscita, si sarebbero rinsaldati anche i rapporti con Raffaele Fitto, che al Senato può già contare su un gruppo di dieci senatori. Il progetto era in gestazione da settimane.

Andrea Augello Andrea Augello

 

«Dopo la legge di stabilità - spiega Andrea Augello - si chiude la fase di emergenza. A questo punto è tempo di aprire il dibattito sulla nostra collocazione. È chiaro che il punto di partenza è uscire dal governo».

 

La sensazione è che il processo sia già molto oltre. E lo conferma lo stesso Augello: «L’ho detto ad Alfano: se c’è qualcuno che pensa di allearsi con il centrosinistra alle prossime elezioni può fare a meno di me. Io comunque non voto le unioni civili, lo ius soli, né la legge sull’identificazione dei poliziotti. Da giovane li identificavo benissimo anche senza il numeretto sul casco e sono sopravvissuto ugualmente».

 

Il paradosso è che l’uscita di Quagliariello avviene in una fase politica in cui uno dei punti di rottura con Renzi, la modifica dell’Italicum, è di nuovo tornata sul tavolo. Formalmente tutti lo negano. «Io penso che adesso - osserva ad esempio Anna Finocchiaro - non ci siano le condizioni né le ipotesi per modificare una legge approvata dal Parlamento pochi mesi fa. Credo sia doveroso concentrarsi sulla conclusione del percorso di riforma costituzionale».

 

Ma se «adesso» non ci sono le condizioni, non è detto che non ci siano in futuro. Matteo Renzi infatti non ha ancora deciso. Non scopre le carte per non fornire uno strumento utile a chi, nel Pd, ne approfitterebbe per dar vita a un nuovo soggetto politico di sinistra. Ma questo non vuol dire che, a ridosso del voto, la questione Italicum non venga riaperta.

RENZI ALFANORENZI ALFANO

 

«Tutto dipenderà da come andranno le amministrative- osservano al Nazareno - perché lì si capirà se l’ambizione di Renzi di andare da soli alle politiche può aver un fondamento oppure no».

 

Alle comunali, oltretutto, si vota con una legge elettorale simile a quella che uscirebbe da un Italicum con il ballottaggio e il premio dato alla coalizione anziché alla lista che arriva prima. Sarà su quella base dunque che il premier soppeserà l’utilità di una modifica alla legge elettorale, saggiando quanto ancora sia realistica la vocazione maggioritaria (e autosufficiente) del partito democratico.

 

 

Ultimi Dagoreport

spionaggio paragon spyware giorgia meloni fazzolari mantovano giorgetti orcel francesco gaetano caltagirone flavio cattaneo

DAGOREPORT - E TRE! DALLO SPIONAGGIO DI ATTIVISTI E DI GIORNALISTI, SIAMO PASSATI A TRE PROTAGONISTI DEL MONDO DEGLI AFFARI E DELLA FINANZA: CALTAGIRONE, ORCEL, CATTANEO - SE “STAMPA” E “REPUBBLICA” NON LI FANNO SMETTERE, VEDRETE CHE OGNI MATTINA SBUCHERÀ UN NUOVO E CLAMOROSO NOME AVVISATO DI AVERE UN BEL SPYWARE NEL TELEFONINO - COME NEL CASO DEGLI ACCESSI ABUSIVI ALLA PROCURA ANTIMAFIA (FINITI IN CHISSÀ QUALCHE SCANTINATO), I MANDANTI DELLO SPIONAGGIO NON POSSONO ESSERE TROPPO LONTANI DALL’AREA DEL SISTEMA DEL POTERE, IN QUANTO PARAGON FORNISCE I SUOI SERVIZI DI SPYWARE SOLO AD AUTORITÀ ISTITUZIONALI - A QUESTO PUNTO, IL CASO È CORNUTO: O SI SONO TUTTI SPIATI DA SOLI OPPURE IL GOVERNO MELONI DEVE CHIARIRE IN PARLAMENTO SE CI SONO APPARATI “FUORILEGGE”. PERCHÉ QUANDO IL POTERE ENTRA NEI CELLULARI DEI CITTADINI, NON C’È PIÙ DEMOCRAZIA…

matteo salvini roberto vannacci giorgia meloni massimiliano fedriga luca zaia

DAGOREPORT – GIORGIA MELONI HA GLI OCCHI PUNTATI SULLA TOSCANA! NELLA REGIONE ROSSA SARÀ CONFERMATO EUGENIO GIANI, MA ALLA DUCETTA INTERESSA SOLO REGISTRARE IL RISULTATO DELLA LEGA VANNACCIZZATA – SE IL GENERALE, CHE HA RIEMPITO LE LISTE DI SUOI FEDELISSIMI E SI È SPESO IN PRIMA PERSONA, OTTENESSE UN RISULTATO IMPORTANTE, LA SUA PRESA SULLA LEGA SAREBBE DEFINITIVA CON RIPERCUSSIONI SULLA COALIZIONE DI GOVERNO – INOLTRE ZAIA-FEDRIGA-FONTANA SONO PRONTI A UNA “SCISSIONE CONTROLLATA” DEL CARROCCIO, CREANDO DUE PARTITI FEDERATI SUL MODELLO DELLA CDU/CSU TEDESCA - PER LA MELONI SAREBBE UNA BELLA GATTA DA PELARE: SALVINI E VANNACCI POTREBBERO RUBARLE VOTI A DESTRA, E I GOVERNATORI IMPEDIRLE LA PRESA DI POTERE AL NORD...

matteo salvini luca zaia giorgia meloni orazio schillaci

FLASH! – L’”HUFFPOST” RIPORTA CHE SALVINI VUOL CONVINCERE LUCA ZAIA A PORTARE IL SUO 40% DI VOTI IN VENETO MA SENZA CHE IL SUO NOME BRILLI SUL SIMBOLO – PER ACCETTARE IL CANDIDATO LEGHISTA STEFANI, LA MELONA INSAZIABILE, PAUROSA CHE L’EX GOVERNATORE VENETO PORTI VIA TROPPI VOTI A FDI, L’HA POSTO COME CONDIZIONE A SALVINI – PER FAR INGOIARE IL ROSPONE, OCCORRE PERÒ CHE ZAIA OTTENGA UN INCARICO DI PESO NEL GOVERNO. IL MAGGIORE INDIZIATO A LASCIARGLI LA POLTRONA SAREBBE ORAZIO SCHILLACI, MINISTRO TECNICO IN QUOTA FDI, ENTRATO IN COLLISIONE CON I TANTI NO-VAX DELLA FIAMMA - AVVISATE QUEI GENI DI PALAZZO CHIGI CHE ZAIA SUI VACCINI LA PENSA ESATTAMENTE COME SCHILLACI…

monique veaute

NO-CAFONAL! – ARCO DI TRIONFO PER MONIQUE VEAUTE, QUELLA VISPA RAGAZZA FRANCESE CHE NEL 1984 GIUNSE A ROMA PER LAVORARE ALL’ACCADEMIA DI FRANCIA DI VILLA MEDICI - DA ABILISSIMA CATALIZZATRICE DI GENIALI E VISIONARIE REALTÀ ARTISTICHE INTERNAZIONALI, DETTE VITA A UN FESTIVAL CHE SCOSSE LO STATO DI INERZIA E DI AFASIA CULTURALE IN CUI ERA PIOMBATA ROMA DOPO L’ERA DI RENATO NICOLINI – L'ONORIFICENZA DI ''COMMANDEUR DE L'ORDRE DES ARTS ET DES LETTRES'' NON POTEVA NON ESSERE CONSEGNATA DALL’AMBASCIATORE FRANCESE SE NON A VILLA MEDICI, DOVE 40 ANNI FA TUTTO È NATO….

de luca manfredi schlein tafazzi conte landini silvia salis

DAGOREPORT - LA MINORANZA DEL PD SCALDA I MOTORI PER LA RESA DEI CONTI FINALE CON ELLY SCHLEIN. L’ASSALTO ALLA GRUPPETTARA (“NON HA CARISMA, CON LEI SI PERDE DI SICURO”), CHE HA TRASFORMATO IL PD DA PARTITO RIFORMISTA IN UN INCROCIO TRA UN CENTRO SOCIALE E UN MEETUP GRILLINO – NONOSTANTE LA SONORA SCONFITTA SUBITA NELLE MARCHE E IL FLOP CLAMOROSO IN CALABRIA, LA SEGRETARIA CON TRE PASSAPORTI E UNA FIDANZATA RESISTE: TRINCERATA AL NAZARENO CON I SUOI FEDELISSIMI QUATTRO GATTI, NEL CASO CHE VADA IN PORTO LA RIFORMA ELETTORALE DELLA DUCETTA, AVREBBE SIGLATO UN ACCORDO CON LA CGIL DI “MASANIELLO” LANDINI, PER MOBILITARE I PENSIONATI DEL SINDACATO PER LE PRIMARIE – IL SILENZIO DEI ELLY ALLE SPARATE DI FRANCESCA ALBANESE - I NOMI DEL DOPO-SCHLEIN SONO SEMPRE I SOLITI, GAETANO MANFREDI E SILVIA SALIS. ENTRAMBI INADEGUATI A NEUTRALIZZARE L’ABILITÀ COMUNICATIVA DI GIORGIA MELONI – ALLARME ROSSO IN CAMPANIA: SE DE LUCA NON OTTIENE I NOMI DEI SUOI FEDELISSIMI IN LISTA, FICO RISCHIA DI ANDARE A SBATTERE…